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lunedì 29/09/2025 • 06:00

Lavoro DAL CONSIGLIO DI STATO

Equivalenza CCNL: la verifica a carico della stazione appaltante è obbligatoria

Verificare l'equivalenza tra il CCNL indicato nel bando e quello offerto dalla società aggiudicataria non è un'attività discrezionale ma un passaggio obbligatorio, la cui omissione annulla l'aggiudicazione: lo ha stabilito il Consiglio di Stato con sentenza n. 7281 dell'11 settembre 2025.

di Alessandro Marchese - Avvocato, studio Ichino Brugnatelli e associati

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Con la sentenza n. 7281 dell'11 settembre 2025, il Consiglio di Stato, Sez. V, offre un'importante occasione di analisi su diversi aspetti del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), con un'attenzione particolare all'obbligo della stazione appaltante di verificare la congruità del CCNL applicato dall'operatore economico aggiudicatario

Il principio affermato dalla sentenza

Il cuore della pronuncia, per quanto attiene alla tematica in esame, risiede nel punto 16.1 della motivazione.

L'appellante, con l'impugnazione della sentenza del TAR Piemonte, lamentava che la stazione appaltante non avesse posto in essere un'adeguata valutazione sull'effettiva equivalenza del CCNL "Multiservizi", applicato dall'aggiudicataria, rispetto a quello "Edilizia" previsto dal bando per l'affidamento del “Servizio triennale omnicomprensivo di sgombero neve, trattamento antighiaccio e fornitura di salgemma sulle strade statali”. La tesi dell'appellante, condivisa dal Consiglio di Stato, è che tale verifica non sia un'attività discrezionale da attivare solo in presenza di "sintomi" di anomalia dell'offerta, ma un adempimento che la stazione appaltante è sempre tenuta a compiere qualora un concorrente dichiari di applicare un CCNL diverso da quello indicato nel bando.

Il Consiglio di Stato ritiene la doglianza "fondata" e argomenta in modo netto: “la determinazione di affidamento/aggiudicazione debba necessariamente essere preceduta dalla verifica della dichiarazione di equivalenza, la quale assume, pertanto, carattere obbligatorio.”

I giudici di Palazzo Spada, pur rilevando che le modifiche all'art. 11 D.Lgs. 36/2023 (che disciplina appunto il “Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore”) introdotte dal D.Lgs. 209/2024 non erano ancora operative alla data della gara, le utilizzano come chiave interpretativa per "confermare e precisare" un principio già insito nella versione originaria della norma: la verifica di equivalenza è un passaggio procedimentale ineludibile, la cui omissione vizia la legittimità del provvedimento di aggiudicazione. Nel caso di specie, il Collegio ha accertato che "non risulta che la stazione appaltante abbia proceduto all'effettivo espletamento della verifica relativa all'equivalenza", determinando l'annullamento dell'aggiudicazione.

La normativa di riferimento: l'art. 11 D.Lgs. 36/2023

La decisione si inserisce nel solco tracciato dall'art. 11 D.Lgs. n. 36/2023, che ha innovato la disciplina del CCNL negli appalti pubblici rispetto al precedente Codice (D.Lgs. 50/2016). La norma, anche come interpretata dalla giurisprudenza, sembra delineare un meccanismo preciso:

  • obbligo di indicazione da parte della Stazione Appaltante: il comma 2 dell'art. 11 impone alle stazioni appaltanti di indicare, già negli atti di gara, il CCNL applicabile al personale impiegato, individuato sulla base di due criteri cumulativi: la maggiore rappresentatività comparativa sul piano nazionale e la "stretta connessione con l'attività oggetto dell'appalto". Questa previsione mira a superare le incertezze del passato, dove l'imposizione di un CCNL era vista con più sospetto dalla giurisprudenza nonché a fornire un parametro chiaro per la formulazione delle offerte;
  • facoltà dell'operatore economico e onere di equivalenza: il comma 3 consente agli operatori economici di indicare nella propria offerta un diverso CCNL da essi applicato, ma a una condizione precisa: "purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante";
  • dichiarazione di equivalenza e verifica: il comma 4 (nella versione applicabile al caso di specie e poi rafforzata dal correttivo) stabilisce che, prima dell'aggiudicazione, la stazione appaltante acquisisce la "dichiarazione di equivalenza delle tutele". È proprio su questo punto che la sentenza 7281/2025 insiste maggiormente, chiarendo che l'acquisizione della dichiarazione non è un atto passivo, ma il presupposto per una verifica attiva e obbligatoria da parte dell'amministrazione.

La ratio di questo impianto normativo appare duplice: da un lato, garantire una concorrenza leale tra le imprese, evitando fenomeni di dumping contrattuale; dall'altro, e soprattutto, assicurare che ai lavoratori impiegati nell'appalto siano riconosciute tutele normative ed economiche adeguate e non inferiori a quelle del contratto "leader" di settore.

Contenuto e modalità della verifica di equivalenza secondo giurisprudenza e prassi

La sentenza in commento, pur affermando l'obbligatorietà della verifica, non si spinge a dettagliarne le modalità, che, tuttavia potrebbero però essere ricostruite con l'ausilio di altre fonti. La verifica non può risolversi in un mero controllo formale, ma deve consistere in un'analisi sostanziale e comparativa.

Come evidenziato dal TAR Campania con una sentenza del 21 febbraio 2025 in un caso analogo, la valutazione di equivalenza deve tenere conto di plurimi profili che incidono sulle tutele dei lavoratori, quali:

  • l'orario di lavoro settimanale;
  • le maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno e festivo;
  • la struttura dei livelli retributivi a parità di mansioni;
  • la cadenza degli scatti di anzianità;
  • eventuali indennità e altri istituti normativi Cit. 4.

L'operatore economico ha l'onere di fornire tutti gli elementi necessari a dimostrare tale equivalenza, ma la valutazione finale spetta alla stazione appaltante, che esercita un potere tecnico-discrezionale. Tale potere, sebbene insindacabile nel merito, deve essere esercitato in modo logico, ragionevole e adeguatamente motivato.

Le modifiche introdotte dal D.Lgs. 209/2024, menzionate nella sentenza, hanno ulteriormente strutturato questo processo, introducendo l'Allegato I.01 al Codice degli appalti pubblici. Tale allegato fornisce alle stazioni appaltanti una metodologia per l'individuazione del CCNL di riferimento e criteri per la valutazione dell'equivalenza, rafforzando l'obbligo di una verifica puntuale. La Delibera ANAC n. 75/2025, ad esempio, ha censurato una stazione appaltante proprio per non aver seguito la metodologia corretta nell'individuare il CCNL, sottolineando come il contratto debba essere "strettamente connesso alle prestazioni dedotte nell'appalto".

Considerazioni conclusive

La sentenza del Consiglio di Stato n. 7281/2025 consolida un orientamento di fondamentale importanza, elevando la corretta applicazione della disciplina del lavoro a elemento essenziale per la legittimità della procedura di gara. L'obbligo di verifica “sostanziale” dell'equivalenza del CCNL è dunque un dovere inderogabile per la stazione appaltante, che funge da presidio per la tutela dei diritti dei lavoratori e per il corretto funzionamento del mercato. L'omissione di tale controllo costituisce un vizio procedurale grave, idoneo a travolgere l'aggiudicazione, con conseguente declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, come avvenuto nel caso deciso dalla sentenza in esame. La pronuncia, pertanto, potrebbe rappresentare un vero e proprio monito per le amministrazioni a non sottovalutare la dimensione sociale e lavoristica degli appalti pubblici, integrandola a pieno titolo nel processo di selezione del miglior contraente.

Fonte: Consiglio di Stato n. 7281 dell'11 settembre 2025

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