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lunedì 08/09/2025 • 06:00

Lavoro Contratto leader

Equivalenza economico-contrattuale negli appalti pubblici: ha senso?

L’art 11 del “Codice degli Appalti” impone alle aziende che intendano partecipare ad appalti pubblici di applicare il c.d. contratto leader (indicato dalla stessa stazione appaltante) o di dichiarare, nel caso di diversa scelta, il rispetto delle medesime tutele economiche e normative di quello espresso nel capitolato. Il tutto non senza complicazioni.

di Dario Ceccato - Founder Ceccato Tormen & Partners

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  • Tempo di lettura 9 min.
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L'art. 11 del Codice dei contratti pubblici, il D.Lgs. 36/2023 e sue modificazioni varie, rubricato “Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti” ha previsto che “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente”.

È compito, quindi, delle stazioni appaltanti individuare ed indicare (c. 2) “il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente (…)”. In sintesi, le stazioni appaltanti sono tenute a identificare il contratto collettivo leader.

Nella libertà di applicazione del contratto collettivo a cura dei datori di lavoro, il non voler piegarsi all'accettazione del contratto collettivo leader ha, però, una sua valvola di sfogo nel c. 3 “gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall'ente concedente” e nel c. 4 “Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all'affidamento o all'aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l'operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell'esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele” consegnano la possibilità di elaborare e trasmettere una dichiarazione di equivalenza delle tutele.

Cosa voglia dire “equivalenza” in un mondo costellato da contrattazioni collettive (tralasciamo quelle pirata, fermiamoci a quelle ex art 51 D.Lgs. 81/2015) e incapacità delle stazioni appaltanti di capire bene quale sia il CCNL leader se, ad esempio, il servizio in appalto si compone di plurime attività, è cosa ardua.

Ci pensa l'ANAC

Con la Delibera n. 75 del 3 marzo 2025, l'ANAC è intervenuta su un'istanza di parere riguardante, per l'appunto, la corretta individuazione del contratto collettivo applicabile ad una gara relativa al servizio di trasporto sanitario secondario, affermando che “la ratio che sorregge gli obblighi normativamente imposti dall'art. 11 del Codice, tanto sulla Stazione appaltante (individuazione negli atti di gara del CCNL applicabile) quanto sull'operatore economico (dimostrazione, in caso di applicazione di un diverso CCNL, che siano garantite tutele normative ed economiche equivalenti) è da ricercarsi nella duplice volontà del legislatore di apprestare un'adeguata tutela ai lavoratori impiegati nell'appalto e di garantire la corretta esecuzione della commessa”. Ciò in quanto “la corretta applicazione dei contratti collettivi conformemente alle rispettive sfere di applicabilità costituisce condizione imprescindibile per il regolare funzionamento del mercato del lavoro e per il dispiegarsi di una leale concorrenza tra imprese (cfr. Consiglio di Stato, sex. V, 4 maggio 2020 n. 2829), in quanto finalizzata a garantire sia che il personale impiegato venga adeguatamente tutelato per la parte giuridica e per quella economica, sia che le prestazioni oggetto della commessa siano correttamente eseguite attraverso una vincolante connessione funzionale delle stesse con i profili professionali più appropriati (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 25 febbraio 2020, n. 1406)” (TAR Napoli sez. III 7 marzo 2023 n. 1488)”.

Tutto giusto, come l'opposto.

Facciamo un esempio banale: mansione di autista addetto al trasporto pasti in un appalto pubblico, la cui disciplina giuridica potrebbe rinvenirsi – a seconda della visuale che si assume – nel CCNL della ristorazione collettiva, nel CCNL multiservizi e nel CCNL merci e logistica. In questo caso, seguendo il ragionamento dell'ANAC, dovrebbe applicarsi il CCNL merci e logistica se si volesse tutelare la “parte economica” dei rapporti di lavoro, ovvero quello della ristorazione collettiva se si dovesse guardare alla prestazione caratterizzante dedotta nel contratto.

Volendo sintetizzare, la regola è la seguente:

  • La stazione appaltante identifica un contratto da applicare, secondo il suo giudizio, “strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente”. Non importa se quelle attività possono essere svolte da diversi operatori con diversi CCNL.
  • L'azienda che intende partecipare ha due strade:
  1. Applicare il contratto collettivo identificato come leader
  2. Effettuare una dichiarazione di equivalenza retributivo / normativa ai sensi della “combo” c. 3 e 4 dell'art 11 del Codice degli appalti;

Gli errori alla base

Se da un punto di vista economico la ratio normativa appare decisamente percettibile e condivisibile, dal punto di vista dell'equivalenza normativa del contratto collettivo, non si può dire lo stesso.

Per quanto alla retribuzione, ha senso che vi sia il rispetto pedissequo di componenti retributive “minime”. Se ci pensate, il “salario minimo” si potrebbe facilmente combattere tramite le stazioni appaltanti che, invece di predisporre gare con valori economici ridicoli (e pretendere il rispetto del ccnl), paghino correttamente i servizi loro resi, consentendo alle aziende il riconoscimento economico corretto ai lavoratori degli appaltatori (vedasi i servizi sociali, di infanzia, della ristorazione collettiva, ecc.).

Assumendo gli indicatori dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (Circ. 28 luglio 2020) o dell'ANAC (Delibera n. 14 del 14 gennaio 2025), l'equivalenza normativa è sottoposta ad un'attenta valutazione di una serie di istituti quali il numero massimo di ore di lavoro straordinario previste dai due CCNL posti in comparazione, la disciplina del lavoro supplementare, la durata del periodo di prova e del preavviso, la disciplina delle ex festività soppresse, la disciplina della malattia e dell'infortunio, sia come durata del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro, sia come integrazione economica, la disciplina della maternità, il monte ore di permessi retribuiti, le norme in materia di bilateralità, previdenza integrativa e sanità integrativa.

Basta qualche esempio per capire che questa verifica ha scarso valore.

Prescindendo dal fatto che non si capisce la ragione per cui l'ANAC e l'INL non abbiano dato valore alle temibili “clausole sociali”, poniamo questo caso: perché un periodo di preavviso maggiormente esteso deve ritenersi di migliore tutela rispetto ad uno più corto?

Dipende dalla modalità di recesso: se rassegno le dimissioni, vorrò un periodo inferiore, viceversa, in caso licenziamento, ha senso il maggiore. Allo stesso ragionamento segue il periodo di prova, ad esempio.

Perché un contratto collettivo che ha maggiori ore di rol o permesso deve ritenersi preferibile ad un altro se quest'ultimo, ad esempio il ccnl cooperative sociali, lavora su 38 ore settimanali?

Per non parlare dell'intricato mondo delle maggiorazioni che, molto spesso, sono identitarie di un settore o sistema. D'altronde, se volessimo davvero che si applicasse il contratto leader, che senso avrebbe una dichiarazione di equivalenza (dovremmo applicarlo e basta).

Non è che per caso la proliferazione normativa porti a dei “monster” ingestibili e irragionevoli?

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