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sabato 23/08/2025 • 06:00

Lavoro PROVVEDIMENTI ATTUATIVI

Dilazione pagamenti INPS e Bonus Mamme: quando l’attesa non è dolce

Sia la dilazione di pagamento INPS fino a 60 rate introdotta dal cd. Collegato Lavoro, sia il contributo per le mamme lavoratrici con due o più figli risultano ad oggi inoperabili per mancanza dei relativi provvedimenti attuativi: nonostante i termini fissati dal legislatore per la loro emanazione siano spirati da tempo.

di Dario Ceccato - Founder Ceccato Tormen & Partners

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  • Tempo di lettura 9 min.
  • Ascolta la news 5:03
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In amore l'attesa ha un significato; nel diritto non dovrebbe averlo.

Il diritto abbisogna di certezze per la sua corretta applicazione. D'altronde, soprattutto in disposizioni che consegnano facoltà subordinate a domande (come nel caso delle richieste di dilazione di pagamento in fase amministrativa, o dei vari "bonus" del caso) se il nostro legislatore ci “promette” un decreto attuativo entro un dato termine, ad esempio di 60 giorni, sarebbe il caso di rispettarlo.

Diversamente, se non vi è l'ardire di fissare un termine (che oramai sappiamo non verrà rispettato), sarebbe bene quantomeno che tali istruzioni non arrivassero a ridosso di scadenze (se non addirittura postume).

Oggi parliamo di due casi eclatanti, tra i vari esistenti, di come termini e precisazioni sembrano non valere per la pubblica amministrazione (ma, stai attento: se non versi l'F-24 nei termini...).

L'art. 23 del Collegato Lavoro e la dilazione di pagamento.

Partiamo dalla L. 203/2024 (cd. Collegato Lavoro), il cui art. 23 esordisce concedendo una nuova “Dilazione del pagamento dei debiti contributivi”.

La lettura della disposizione sembra allietare il lettore sia per chiarezza che per significato, quasi fosse una birra (piccola, mi raccomando) fresca a contrasto dell'arsura estiva.

Sancisce il legislatore “A decorrere dal 1° gennaio 2025, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) possono consentire il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi e accessori di legge a essi dovuti, non affidati per il recupero agli agenti della riscossione, fino al numero massimo di sessanta rate mensili, nei casi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, sentiti l'INPS e l'INAIL, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, e secondo i requisiti, i criteri e le modalità, anche di pagamento, disciplinati, con proprio atto, dal consiglio di amministrazione di ciascuno dei predetti enti, al fine di favorire il buon esito dei processi di regolarizzazione assicurando la contestualità della riscossione dei relativi importi»

Sessanta rate in fase amministrativa potrebbero rappresentare una boccata d'aria per ogni società in difficoltà (o meno, la dilazione non riguarda solo le crisi ma anche tatticamente ogni player dell'economia) per molteplici fattori:

  • dal contenimento dei costi (solo sanzioni amministrative ex L. 288/2000 e non aggi o interessi di mora dell'agenzia della riscossione)
  • meno tempo di vacatio del DURC, dato che talvolta si preferisce dilazione con l'agenzia della riscossione (in quanto più generosa in termini di rate) che con l'INPS;.

Norma di indiscutibile valore, dunque. Ma manca il decreto attuativo e, anche a contar male, quei “sessanta giorni” sembrano spirati da un po'.

Non ce ne siamo accorti solo noi ma anche l'INPS che in due occasioni ci ha ricordato dell'inoperabilità dell'art. 23 proprio a causa dell'inerzia dei decreti attuativi:

  • dapprima in data 6 febbraio 2025 con messaggio n. 471, a mezzo del quale l'ente ha riferito come la previsione dell'art. 23 L. 203/2024 sia inattuabile senza i decreti. Pertanto, nelle more del silenzio, l'Istituto di previdenza non può accordare rateazioni per un numero di rate superiore alle vigenti 24;
  • successivamente, in conferenza stampa ci si era lasciati ad un po' di ottimismo, minimizzando (o non citando) il ritardo dei 60 giorni.

Sulla Web Tv dei consulenti del lavoro del 26 giugno 2025 il direttore generale vicario Antonio Pone dell'Inps anticipava come il decreto in attesa “fosse in arrivo” e che sembrerebbe (ma ad oggi nessuno ha visto nulla) che sia possibile rivedere le dilazioni già richieste in data 12 gennaio 2025 (data di entrata in vigore del Collegato Lavoro) chiedendo una rimodulazione delle rate ai piani già accordati.

Più che contare i giorni che mancano alla pubblicazione del decreto (termine incerto) meglio contare i giorni di ritardo (termine certo). Ad oggi sono oltre 150.

Il nuovo Bonus Mamme

Concludiamo con un altro ritardo.

Il DL Economia (DL 95/2025 convertito in L. 118/2025) dispone un nuovo bonus per le mamme lavoratrici, in sostituzione di quello già previsto dalla legge di stabilità del 2025 ma, guarda caso, un po' in ritardo.

In effetti l'art. 1 c. 219-220 L. 207/2024 aveva previsto un “nuovo” bonus mamme, alternativo al precedente, con le seguenti caratteristiche:

  • riferito a lavoratrici dipendenti, con esclusione delle lavoratrici con contratti di lavoro domestico;
  • comprese anche le lavoratrici autonome che percepiscono redditi di lavoro autonomo o d'impresa (in contabilità ordinaria o semplificata, oppure da partecipazione) e che non abbiano optato per il regime forfettario;
  • in ogni caso le stesse dovevano essere madri di almeno due figli, con diritto alla percezione del bonus (o esonero) fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Veniva sin da subito disposto un “upgrade” decorrente dal 2027 riferito a quelle “super mamme” (sempre più difficili da trovare) con tre o più figli, laddove il beneficio in parola sarà concesso fino al compimento del diciottesimo anno del minore;
  • e con redditi o retribuzioni non superiori a 40.000 euro annui per il 2025.

Il vero perno era la richiesta. Eravamo tutti in attesa di un decreto interministeriale, da pubblicarsi entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di bilancio che avrebbe sciolto alcuni bandoli della matassa, uno dei quali, banalmente, come dividersi lo stanziamento di 300 milioni, a seconda delle domande.

Poi arriva il DL Economia, che parcheggia per il 2026 quanto sopra e prospetta un nuovo bonus mamme, più o meno con le stesse caratteristiche e con il cap economico di 40 euro al mese (da rapportarsi) con pagamento a dicembre 2025.

L'art. 6 del DL Economia conclude precisando, più o meno, chi erogherà tale contributo. L'ultimo periodo del secondo comma precisa “L'INPS provvede alle attività derivanti dal presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.

Che sia necessaria una circolare INPS che chiarisca, semmai ve be fosse bisogno, che non saranno i datori di lavoro a doverlo erogare a dicembre 2025?

Attendete con fiducia.

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