mercoledì 23/07/2025 • 12:00
Assonime ha pubblicato il caso n. 6/2025 con il quale si approfondisce la sentenza 4 aprile 2025 n. 8911 della Corte di Cassazione che ha enunciato un importante principio di diritto in materia di arbitrato societario in contesti che presentano profili di internazionalità.
redazione Memento
Assonime ha pubblicato il caso n. 6/2025 dal titolo “Arbitrato societario con sede estera” con cui si approfondisce la sentenza n. 8911 del 4 aprile 2025 della Corte di Cassazione in materia di arbitrato societario.
La citata Cass. 8911/2025 ha enunciato un importante principio di diritto in materia di arbitrato societario, affermando la validità di una clausola compromissoria statutaria di una società italiana che colloca all'estero la sede dell'arbitrato, purché siano rispettate determinate condizioni. In particolare, la Corte ha stabilito che può essere riconosciuto in Italia un lodo straniero pronunciato in forza di una clausola compromissoria, inserita nello statuto di una società italiana, che localizzi all'estero la sede dell'arbitrato qualora l'intero organo arbitrale sia nominato da un soggetto estraneo alla società, come previsto dall'art. 34 c. 2 D.Lgs. 5/2003 (norma applicabile al caso controverso e oggi trasposto nell'art. 838-bis c. 2 c.p.c.).
Il caso di specie ha suscitato ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Si confrontavano tre orientamenti: il primo negava l'applicabilità della disciplina italiana se la sede era all'estero; il secondo ammetteva la sede estera, ma poneva il limite della nomina eteronoma degli arbitri; il terzo riteneva che la sede potesse essere estera, ma occorreva verificare la compatibilità della legge straniera con i principi inderogabili italiani.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che una volta soddisfatto il requisito della nomina eteronoma dell'organo arbitrale, previsto a pena di nullità dall'art. 34 c. 2 D.Lgs. 5/2003, le disposizioni processuali previste dagli artt. 35 e 36 D.Lgs. 5/2003 (oggi trasposte negli artt. 838-ter e 838-quater c.p.c.) sono derogabili attraverso la scelta di una legge arbitrale straniera, purché rispettosa dei canoni fondamentali previsti dalla Convenzione di New York del 10 giugno 1958 che disciplinano, a livello sovranazionale, il riconoscimento dei lodi arbitrali.
La soluzione adottata nella sentenza riflette un orientamento di favore per l'arbitrato societario ed è volta a consentire il ricorso a tale strumento in quei contesti che presentano profili di internazionalità e che possono proprio per questo privilegiare la scelta di un meccanismo di risoluzione delle controversie endosocietarie alternativo al ricorso alla giustizia ordinaria.
La sentenza della Corte di Cassazione è, per Assonime, di particolare importanza poiché enuncia un principio di diritto su un tema controverso e la cui rilevanza pratica potrebbe aumentare in considerazione della possibile estensione alle società quotate dell'utilizzabilità di questo strumento.
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