lunedì 11/07/2022 • 06:00
Il D.Lgs. 83/2022 ha abrogato le procedure d'allerta, sostituite dal nuovo istituto della composizione negoziata della crisi varato con il c.d. Decreto Pagni (D.L. 118/2021 convertito nella L. 147/2021), ma non ha eliminato gli strumenti di allerta. In questo ambito novità anche per le banche.
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Le procedure d'allerta non esistono più
Il testo originario del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) prevedeva che, a séguito della segnalazione degli organi di controllo societari e/o dei creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate, Inps e Agente della Riscossione), l'imprenditore in crisi potesse - “spontaneamente” o dietro convocazione - accedere a una procedura volta alla “ricerca di una soluzione concordata della crisi dell'impresa”, da espletarsi presso e con l'ausilio del competente Organismo di composizione della crisi d'impresa (OCRI).
Per favorire la tempestività dell'iniziativa, erano assicurate al debitore alcune misure protettive e premiali.
Nel contempo, però, per l'ipotesi di inerzia o di mancata conclusione di un accordo con i creditori nel termine di tre mesi (o al massimo di sei mesi, in caso di positivi riscontri delle trattative) e persistendo lo stato di crisi, era previsto che il debitore presentasse senza indugio domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza, pena la segnalazione al P.M. da parte dell'OCRI per l'eventuale iniziativa d'ufficio per l'apertura della liquidazione giudiziale (la segnalazione al P.M. era contemplata anche per il caso in cui l'imprenditore non fosse comparso per l'audizione davanti all'OCRI o non avesse presentato domanda di avvio della procedura o non avesse adempiuto alle istruzioni impartitegli).
Proprio in ragione di questi automatismi, che avrebbero potuto portare l'imprenditore verso la liquidazione giudiziale con estrema facilità (magari anche in ipotesi di mancanza di istanze dei creditori), le procedure d'allerta hanno da sùbito suscitato perplessità e persino ostilità, tanto da indurre il Legislatore, dapprima, anche a causa dell'esplosione della pandemia, a rinviarne l'entrata in vigore e, quindi, da ultimo, a disporne l'abrogazione, preferendo la nuova misura della composizione negoziata della crisi.
Restano gli strumenti d'allerta.
L'abrogazione delle misure d'allerta, tuttavia, non ha portato con sé l'abrogazione degli strumenti d'allerta per come erano definiti dall'originario art. 12, c. 1, vale a dire: “obblighi di segnalazione posti a carico [degli organi di controllo societari e/o dei creditori pubblici qualificati] finalizzati, …, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell'impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione”.
Il CCII modificato e corretto, infatti, contempla pur sempre l'obbligo dell'organo di controllo societario e dei creditori pubblici qualificati (ora: Inps, Inail, Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione) di segnalare - il primo - la sussistenza dei presupposti per la presentazione della domanda di accesso alla composizione negoziata della crisi e - i secondi - taluni indizi tipici rilevatori della crisi (mancati o ritardati versamenti contributivi e/o assicurativi ovvero debiti tributari scaduti e/o affidati per la riscossione, il tutto sopra certe soglie).
Inoltre, è oggi previsto altresì l'obbligo delle banche e degli altri intermediari finanziari di comunicare anche agli organi di controllo societari, se esistenti, le variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti concessi all'imprenditore (artt. 25-octies e 25-novies 25-decies).
L'obbligo posto a carico dell'organo di controllo interno non rappresenta certo una novità: già sotto il previgente sistema societario-concorsuale l'organo di controllo aveva l'obbligo sia di verificare che gli amministratori valutassero costantemente l'adeguatezza dell'assetto organizzativo dell'impresa, la sussistenza di una situazione di equilibrio economico-finanziario e l'andamento della gestione, sia di intervenire in caso di inerzia di questi ultimi e, nelle ipotesi più gravi, di denunciare le irregolarità al Tribunale.
Novità per le banche
È invece una novità l'obbligo posto a carico dei creditori pubblici qualificati, nonché delle banche e degli altri intermediari finanziari.
L'obiettivo primario e dichiarato (come emerge dalla lettura combinata degli artt. 3 e 12) degli strumenti d'allerta è chiaro: favorire – anche attraverso, tra l'altro, la neo-istituita piattaforma telematica nazionale, dove saranno disponibili una lista di controllo che conterrà indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e un protocollo di conduzione della composizione negoziata – la precoce rilevazione dei segnali di crisi prima che questa si traduca in vera e propria insolvenza, in modo da incoraggiare l'adozione tempestiva delle misure necessarie e idonee per farvi fronte, onde massimizzare le probabilità di risoluzione della crisi e, quindi, di conservazione dei complessi produttivi. Intercettare i segnali di crisi sul nascere, infatti, dovrebbe consentire di superarla prima e nel modo meno doloroso sia per l'imprenditore/debitore che per i creditori (il sistema disegnato dal CCII, infatti, prevede un ampio ventaglio di misure e procedure per affrontare la crisi e l'insolvenza, articolate secondo un ordine di gravità crescente, nella dichiarata preferenza per quelle soluzioni che perseguano la conservazione dei complessi produttivi piuttosto che la loro disgregazione e liquidazione).
Detto questo, non si può tuttavia escludere che il Legislatore abbia inteso perseguire nel contempo un ulteriore obiettivo, questa volta non dichiarato: responsabilizzare i creditori pubblici, sovente titolari di ingenti crediti e notoriamente poco reattivi nel farli valere, imponendo loro l'obbligo di rilevare e segnalare situazioni debitorie preoccupanti, al fine non solo di provocare una reazione tempestiva dell'imprenditore-debitore o degli organi di controllo e così prevenire che la crisi precipiti nell'insolvenza, ma anche di evitare un aggravamento del danno per lo stesso creditore pubblico e quindi, alla fine, per la collettività (sotto questo profilo, nel caso di omissione delle dovute segnalazioni, si potrebbe persino immaginare una responsabilità del creditore pubblico per concorso con l'imprenditore nell'aggravamento del dissesto, che potrebbe essere fatta valere dal Curatore ex art. 255, o anche una responsabilità per danno erariale del funzionario negligente, che potrebbe essere contestata dalla Magistratura contabile).
Conclusione.
Con il decreto correttivo n. 83/2022, dunque, il Legislatore ha sì abrogato le procedure d'allerta, condividendo i motivi di perplessità avanzati da più parti nel timore che, per come concepite, potessero provocare uno tsunami di procedure concorsuali, ma non ha rinunciato all'allerta in sé, quale strumento decisivo per consentire al sistema di affrontare e risolvere la crisi d'impresa, che deve essere intesa non come un'onta per l'imprenditore, ma come una “evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un'impresa da prevenire ed eventualmente regolare al meglio” (così si legge nella Relazione illustrativa al D.Lgs. 14/2019).
Ed è questo un punto di equilibrio, che merita di essere accolto con favore.
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