mercoledì 06/07/2022 • 06:03
Mancano pochi giorni al 15 luglio 2022, data di entrata in vigore del Codice della Crisi, ma anche dell'ultimo decreto correttivo (D.Lgs. 83/2022) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1° luglio 2022: una riforma innanzitutto culturale. Qual è il ruolo dell'imprenditore e quale quello del creditore?
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Il travagliato iter della riforma.
Il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII), nelle intenzioni del Legislatore espresse nella Relazione illustrativa, risponde all'esigenza - sollecitata anche dalle Istituzioni europee - di realizzare una riforma organica della materia, anche al fine di mettere ordine in un quadro normativo interessato, nell'ultimo ventennio, da ripetuti interventi settoriali, che hanno accentuato il divario tra le nuove norme e quelle risalenti al R.D. 267/1942.
Il CCII è stato varato con il D.Lgs. 14/2019 in attuazione della Legge Delega 155/2017. Alcune norme - principalmente quelle afferenti al diritto societario contenute nel Codice civile (v. art. 389, c. 2) - sono entrate in vigore subito (marzo 2019), mentre per tutte le altre era prevista l'entrata in vigore dopo 18 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale “allo scopo di consentire ai soggetti destinatari della disciplina di adottare le necessarie misure organizzative, oltre che un periodo adeguato di studio del testo”.
Le novità del codice: abrogazione delle procedure di allerta
La pandemia ha poi imposto ulteriori rinvii, nelle more dei quali il Legislatore ha approvato un primo decreto correttivo (D.Lgs. 147/2020), quindi, in rapida sequenza, due decreti-legge (D.L. 118/2021 - c.d. Decreto Pagni - convertito nella L. 147/2021 e D.L. 152/2021 convertito nella L. 233/2021) e, infine, un secondo decreto correttivo (D.Lgs. 83/2022) per adeguare la normativa nazionale alla Direttiva UE 2019/1023 (c.d. Direttiva Insolvency), attraverso il quale sono state apportate profonde modifiche all'impianto originario del CCII (si pensi, per citare la più significativa, alla definitiva abrogazione delle procedure d'allerta, che rappresentavano la novità più rilevante del Codice, sostituite dalla composizione negoziata della crisi introdotta con il Decreto Pagni).
Insomma, se - come si legge nella Relazione - uno degli obiettivi del Legislatore era quello di approvare una “riforma organica della materia che riconduca a linearità l'intero sistema normativo”, ebbene, è lecito dubitare che l'obiettivo sia stato colto (forse anche a causa della scadenza del 17 luglio 2022 per recepire la Direttiva Insolvency).
Una riforma culturale: dal diritto fallimentare al diritto della crisi.
Il travagliato iter della riforma, tuttavia, nulla toglie alla portata innovativa del CCII, il cui vero obiettivo - a ben vedere - è quello di stimolare la presa di coscienza da parte della classe imprenditoriale italiana del ruolo sociale dell'impresa e, nel contempo, di considerare l'insolvenza non come uno stigma, ma come una “evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un'impresa da prevenire ed eventualmente regolare al meglio” in funzione della conservazione dei complessi produttivi, che è oggi l'interesse prioritario, anziché in funzione della liquidazione dell'impresa decotta per soddisfare le ragioni dei creditori, che era l'interesse prevalente sotto il regime della vecchia legge fallimentare.
È un obiettivo ambizioso, ma raggiungibile se tutti gli attori faranno la propria parte.
Il ruolo dell'imprenditore in crisi
In primo luogo, a un deciso cambio di mentalità è chiamato l'imprenditore, il quale dovrà entrare nell'ottica di gestire l'impresa come bene di interesse collettivo e con sguardo prognostico, adottando tutte le misure idonee a rilevare tempestivamente i segnali della crisi (che è ora definita come “lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi” - art. 2, c. 1, lett. a)) e assumendo senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte (art. 3, che si affianca all'art. 2086, c. 2, c.c., come integrato dall'art. 375 già entrato in vigore nel 2019).
E in questo cambio di mentalità è importante che l'imprenditore sia accompagnato dal proprio professionista di fiducia, il quale dovrà affiancarlo non solo perché siano approntate le misure più adatte per intercettare eventuali segnali di crisi, ma soprattutto per individuare all'occorrenza la soluzione meglio capace di affrontare la situazione e per far sì che la fase di crisi sia gestita nel rispetto dei princìpi di buona fede, corretta amministrazione, trasparenza nelle informazioni e celerità dello strumento scelto (art. 4).
Il ruolo del creditore
In secondo luogo, non meno rilevante è lo sforzo che viene richiesto ai creditori, i quali vedono le loro ragioni subordinate al prevalente interesse della conservazione dei complessi produttivi e cionondimeno hanno il dovere, oltre che di comportarsi secondo correttezza e buona fede, di collaborare lealmente con il debitore, con l'esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall'autorità giudiziaria e amministrativa negli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, nonché di rispettare l'obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite (art. 4).
Insomma, com'è stato recentemente scritto, “si è creato un sistema che incentiva il debitore ad uscire dal guscio per portare all'esterno la sua difficoltà e chiedere aiuto”: un sistema, che ambisce a porre le basi di una riforma culturale, che segni il definitivo passaggio dal (vecchio) diritto fallimentare al (moderno) diritto della crisi ispirato da nuovi obiettivi capaci di migliorare “l'efficienza del sistema economico in modo tale da renderlo più competitivo anche nel confronto internazionale”; non a caso la Relazione illustrativa si esprime in termini di “nuova cultura del superamento dell'insolvenza”.
Le soluzioni per affrontare la crisi e l'insolvenza offerte dal CCII.
In questo sistema, all'imprenditore in crisi viene offerto un ampio (forse anche troppo) ventaglio di soluzioni per affrontare la crisi e l'insolvenza, organizzato secondo un ordine - diciamo così - di gravità crescente, nella dichiarata preferenza per quelle soluzioni che perseguano la conservazione dei complessi produttivi (preferenza espressa anche dall'art. 7, ove si legge che, “Nel caso di proposizione di più domande, il tribunale tratta in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi o l'insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale … il tribunale procede … all'apertura della liquidazione giudiziale quando eventuali domande alternative di regolazione della crisi non sono accolte ed è accertato lo stato di insolvenza”).
Le soluzioni offerte sono, in estrema sintesi:
È dunque evidente l'importanza dell'ausilio del professionista per orientare l'imprenditore a districarsi in questo coacervo di soluzioni per affrontare la crisi.
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