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giovedì 23/06/2022 • 15:23

Fisco DL Semplificazioni

Certificazione delle attività di ricerca e sviluppo per la fruizione del credito di imposta

Il DL Semplificazioni ha avuto il pregio di avere introdotto la certificazione delle attività ai fini della loro ammissibilità alla fruizione del credito di imposta per ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica, innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica.

di Francesca Moretti - Avvocato, Studio Santacroce

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Certificazione delle attività di ricerca e sviluppo

L'art. 23 del cd. DL Semplificazioni (DL 21 giugno 2022, n. 73) ha introdotto, al suo comma 2, una novità inerente al credito R&S, e non solo, cioè la possibilità di ottenere una certificazione attestante la qualificazione delle attività, in procinto di svolgimento ovvero già svolte, in quelle ammissibili alla fruizione del credito di imposta relativo a: ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica, innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica.

Tale possibilità è condizionata alla circostanza che le violazioni relative all'utilizzo dei crediti di imposta per le attività appena ricordate non siano già stati constatati e non siano iniziati accessi, ispezioni, ovvero altre attività accertative da parte dell'Agenzia delle entrate di cui i destinatari abbiano avuto formale conoscenza (art. 23, comma 2).

Tale attività di certificazione dovrebbe essere assolta da soggetti ad hoc, i cui requisiti saranno individuati con un apposito Decreto del Presidente del consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle Finanze, su proposta del Ministero dello Sviluppo Economico, da adottarsi entro 30 giorni dall'entrata in vigore del “DL Semplificazioni” (art. 23, comma 3).  In particolare, i requisiti in questione dovranno essere finalizzati a garantire professionalità, onorabilità, imparzialità; con il medesimo decreto saranno inoltre stabilite le modalità di vigilanza sulle attività svolte dai certificatori e le modalità di richiesta della certificazione (art. 23, comma 3, ultimo periodo).

Quanto agli effetti, va detto che la certificazione in questione vincola l'Amministrazione finanziaria, tranne che nel caso in cui, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, essa venga rilasciata per una attività diversa da quella concretamente realizzata (art. 23, comma 4);  Fatto salvo quanto appena detto, gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni sono nulli.

L'attività di certificazione in questione non sarà svolta “arbitrariamente”, bensì sulla base di apposite linee guida a firma del Ministero dello sviluppo economico, oggetto di un periodico aggiornamento (art. 23, comma 5); i soggetti a ciò preposti saranno appositamente reclutati dal Ministero dello sviluppo economico (art. 23, comma 6).

L'ispirazione di Assonime

E' nota la tendenza degli Uffici (convalidata nella prassi nella Circolare n. 31/E del 2020) che effettuano attività accertativa in materia di credito di imposta R&S di comminare tout court la sanzione prevista per i “crediti inesistenti” (dal 100 al 200% del credito stesso; art. 13, comma 5 del D.Lgs n. 471/1997), anche nell'ipotesi in cui il credito non sia “spettante” (nel qual caso dovrebbe essere comminata la sanzione di minore entità prevista  per i crediti, appunto “non spettanti”, pari al 30% dell'importo del credito stesso; art. 13, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997).

Così facendo, fa notare recentemente l'Associazione (Circolare n. 30/2021), la generalità delle imprese si trova ad essere esposta a rischi notevoli: infatti, coloro che sostengono costi collegati all'espletamento di attività ritenute agevolate  e dunque meritevoli di apprezzamento, sono esposti alla eventualità di verifiche ex post da parte dell'Ufficio, considerando che il regime in discussione impone alle imprese che intendono fruire dell'agevolazione di autoliquidare il beneficio in sede di dichiarazione (per lo più in assenza di un contraddittorio con l'Ufficio; se è vero, infatti, che le imprese possono rivolgersi al Ministero per lo sviluppo economico per ottenere un parere preventivo, è tuttavia altrettanto vero che non è previsto un termine entro il quale detto Ministero debba rispondere).

Per tale motivazione Assonime (nelle Circolari n. 23/2019, n. 1/2021 e n. 30/2021), anticipando i tempi, aveva  proposto di modificare il regime sanzionatorio comminabile in materia, introducendo una disposizione presuntiva, secondo la quale non si dovrebbe comminare la sanzione per i crediti inesistenti, laddove il contribuenti dimostri di avere predisposto, prima dell'utilizzo del credito di imposta, la documentazione attendibile, completa e veritiera prevista dall'art. 1, commi 205 e 206 della Legge di bilancio 2020 (per come modificati dalla Legge di bilancio 2021).

In base alle disposizioni appena richiamate, infatti, per l'impresa che intenda fruire del credito di imposta R&S, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla  documentazione  contabile   predisposta   dall'impresa devono risultare  da un'apposita  certificazione   rilasciata   dal   soggetto incaricato della revisione legale  dei  conti.  Per  le  imprese  non obbligate  per  legge   alla   revisione   legale   dei   conti,  la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti; è inoltre previsto che le imprese beneficiarie del credito di imposta in questione redigano una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e  i  risultati  delle attività ammissibili  svolte  in  ciascun  periodo d'imposta   in relazione ai progetti o ai sottoprogetti in corso  di  realizzazione.

In tali circostanze, secondo l'Associazione, avrebbe dovuto essere comminata la sanzione più lieve prevista per l'utilizzo di crediti non spettanti (art. 13, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997).

Stando al tenore dell'attuale art. 23 del “DL Semplificazioni”, sembrerebbe essersi fatto un passo in avanti: l'Agenzia delle entrate dovrebbe rispettare la qualificazione delle attività “certificate”, così non potendo sindacarne la natura, salvo il caso in cui la certificazione sia rilasciata con riferimento ad attività differenti da quelle concretamente esercitate.

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