
giovedì 11/12/2025 • 06:00
Approvate le modifiche all'art. 21 D.Lgs. 31/2007: l'accesso al Registro dei titolari effettivi da generalizzato diventa selettivo, con rigorosi requisiti per i privati e accesso per le Pubbliche Amministrazioni.
Premessa: il quadro europeo e la reazione del legislatore italiano
Negli ultimi mesi del 2025 la disciplina sull'accesso alle informazioni relative alla titolarità effettiva subisce un'ulteriore, significativa torsione. Due interventi normativi, ravvicinati e coordinati solo sul piano sostanziale, ma distinti quanto a fonte e tecnica redazionale, incidono infatti sull'assetto dell'art. 21 D.Lgs. 231/2007: da un lato il decreto legislativo approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri del 4 dicembre 2025, in attuazione dell'art. 74 della Dir. UE 2024/1640, dall'altro la L. 182/2025, pubblicata nella G.U. del 3 dicembre 2025, che interviene direttamente sul testo dell'articolo introducendo la nuova lettera f-bis) in tema di accesso delle pubbliche amministrazioni.
L'origine del primo intervento è da ricercare, sul piano sovranazionale, nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) del 22 novembre 2022 (cause riunite C-37/20 e C-601/20), vero punto di svolta sul tema, che ha ritenuto incompatibile con gli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea l'accesso incondizionato del pubblico alle informazioni sui titolari effettivi previsto dalla V direttiva antiriciclaggio. Tale pronuncia ha indotto il legislatore unionale, con la successiva direttiva, a sostituire il modello dell'accesso generalizzato con quello dell'accesso “selettivo” e motivato.
La legge di delegazione europea 2024 (L. 91/2025) ha quindi incaricato il Governo di adeguare la disciplina interna alla nuova cornice unionale, nel rispetto del bilanciamento tra esigenze di trasparenza societaria e tutela dei dati personali. Lo schema di decreto italiano di attuazione, in tal senso, è stato oggetto di esame da parte del Garante per la protezione dei dati personali, che ha espresso un giudizio complessivamente favorevole. Sullo sfondo rimane, tuttavia, la pendenza di ulteriori questioni pregiudiziali dinanzi alla CGUE, in particolare in materia di titolarità effettiva di trust e istituti affini, che mantengono il quadro in una condizione di non completa stabilità.
In questo contesto si collocano le modifiche all'art. 21 D.Lgs. 231/2007, che segnano il definitivo abbandono dell'accesso generalizzato del pubblico al Registro dei titolari effettivi, con particolare rilievo per la nuova lettera f).
La nuova lettera f): fine dell'accesso generalizzato dei privati
Nella versione previgente, l'art. 21 c. 2 lett. f), consentiva al “pubblico” un accesso sostanzialmente indiscriminato ai dati dei titolari effettivi delle imprese dotate di personalità giuridica e delle persone giuridiche private, previa mera corresponsione dei diritti di segreteria. La riforma approvata il 4 dicembre 2025 ribalta questo paradigma.
La nuova formulazione limita l'accesso ai soggetti che dimostrino un interesse giuridico rilevante e differenziato, nei casi in cui la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per curare o difendere una situazione giuridicamente tutelata e sussistano elementi concreti e documentati di possibile non corrispondenza fra titolarità legale e titolarità effettiva. L'accesso non è più uno strumento di controllo diffuso sulla trasparenza societaria, ma un rimedio puntuale collegato a specifiche posizioni soggettive e a concrete situazioni di rischio.
In tal modo il Registro dei titolari effettivi viene “spostato” da una dimensione di pubblicità generalizzata a una funzione selettiva, funzionale alla tutela di interessi giuridici specifici.
La nozione di interesse giuridico rappresenta il fulcro della nuova disciplina. I suoi tratti essenziali possono essere sintetizzati come segue:
Per gli enti portatori di interessi diffusi (associazioni, comitati) si richiede, inoltre, che l'interesse non coincida semplicemente con l'interesse dei singoli appartenenti alla categoria rappresentata.
Accanto al filtro soggettivo, la nuova lettera f) introduce un incisivo onere probatorio in capo al richiedente: l'istanza di accesso deve essere corredata da «evidenze concrete e documentate» di una possibile non corrispondenza tra titolarità effettiva e titolarità legale.
Non è sufficiente, dunque, allegare un interesse qualificato; occorre supportarlo con elementi che rendano plausibile il sospetto di opacità nell'assetto proprietario o di controllo dell'ente. L'accesso assume così una funzione prevalentemente “reattiva”: serve a fronteggiare situazioni di possibile anomalia già individuate, più che a effettuare indagini esplorative.
L'accesso delle pubbliche amministrazioni: la nuova lettera f-bis)
La L.182/2025 interviene in via autonoma sull'art. 21, introducendo la nuova lett. f-bis) dedicata all'accesso delle pubbliche amministrazioni. Queste ultime possono accedere alle informazioni sulla titolarità effettiva «nell'ambito dei procedimenti e delle procedure di cui al comma 1 dell'art. 10» del D.Lgs. 231/2007, vale a dire in occasione:
L'accesso è dunque funzionale al corretto svolgimento di procedimenti ad alto impatto economico e alla prevenzione di fenomeni corruttivi e di infiltrazione criminale nei rapporti tra pubblico e privato. Diversamente dai privati, le amministrazioni non sono tenute a dimostrare un interesse “differenziato” in senso stretto: la legittimazione discende direttamente dalle loro funzioni istituzionali.
Una disciplina a geometria variabile: autorità, soggetti obbligati, P.A. e privati
All'esito delle modifiche, il regime di accesso al Registro dei titolari effettivi può essere schematizzato in quattro livelli:
Non emerge una disomogeneità strutturale tra i regimi, quanto piuttosto una calibrata graduazione dell'accesso in funzione del ruolo istituzionale e del tipo di interesse perseguito. Ciò che appare maggiormente problematico è la complessità del quadro, frutto di interventi ravvicinati che incidono sulla stessa disposizione con tecniche redazionali non perfettamente coordinate.
Considerazioni conclusive
Le citate modifiche segnano il passaggio da un modello di trasparenza massima a un modello di trasparenza selettiva, nel quale l'accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva viene gradato in funzione dei soggetti coinvolti e degli interessi perseguiti. La scelta appare coerente con il diritto dell'Unione, con la giurisprudenza della Corte di giustizia e con le indicazioni del Garante, ma rischia di tradursi in un sistema di non agevole maneggevolezza per operatori e interpreti.
L'aspetto che suscita maggiori perplessità, a parere di chi scrive, è rappresentato dalla scelta di affidare, in prima battuta, un così delicato giudizio sull'ammissibilità della domanda di accesso – come già avviene per le richieste relative ai trust e agli istituti giuridici affini – alle Camere di commercio, quali enti gestori del Registro dei titolari effettivi. Ferma restando, naturalmente, la possibilità di avvalersi dei mezzi di tutela di cui all'art. 25 L. 241/90, attribuire un così elevato tasso di discrezionalità amministrativa rischia di produrre prassi applicative disomogenee sul territorio, con ricadute significative in termini di certezza del diritto.
In un quadro ancora influenzato dalle questioni pregiudiziali pendenti dinanzi alla Corte di giustizia, l'impressione è che il legislatore abbia compiuto un passo importante verso un assetto più rispettoso della riservatezza, al prezzo, però, di una complessità sistemica che richiederà, nei prossimi mesi, un intenso lavoro di interpretazione, coordinamento e uniformazione applicativa, tanto sul piano amministrativo quanto su quello giurisprudenziale.
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