
lunedì 17/11/2025 • 06:00
La sentenza CEDU Italgomme introduce obblighi motivazionali più stringenti per gli accessi fiscali recepiti dall'art. 12 Statuto del Contribuente. Le nuove regole rafforzano le garanzie per i contribuenti, ma restano aperti interrogativi su retroattività e inutilizzabilità delle prove. I commercialisti con un Documento di ricerca analizzano opportunità e criticità operative.
Le verifiche fiscali dopo la sentenza Italgomme: il punto di vista dei commercialisti
Nel documento di ricerca dei commercialisti intitolato “Le verifiche all'indomani della sentenza Italgomme: il nuovo articolo 12 dello Statuto del contribuente”, viene approfondita la tematica dei possibili effetti della sentenza CEDU sui procedimenti tributari in corso e vengono ipotizzati alcuni possibili scenari.
La sentenza CEDU e la riforma normativa italiana
La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 6 febbraio 2025, pronunciata nel caso Italgomme Pneumatici Srl e altri c. Italia, rappresenta una svolta epocale nella disciplina delle verifiche fiscali in Italia. La CEDU ha accertato che il sistema italiano di accessi, ispezioni e verifiche fiscali presso i locali destinati ad attività commerciali, artistiche e professionali viola l'articolo 8 della Convenzione, che tutela il diritto al rispetto della vita privata e del domicilio. Il legislatore italiano ha reagito tempestivamente introducendo, con l'art. 13-bis DL 84/2025, convertito con L. 108/2025, un nuovo secondo periodo all'articolo 12, comma 1, dello Statuto del Contribuente. Tale intervento impone, a decorrere dal 3 agosto 2025, che gli atti di autorizzazione e i processi verbali di accesso siano "espressamente e adeguatamente" motivati, mediante l'indicazione delle circostanze e condizioni che hanno giustificato l'accesso.
I principi affermati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
La Corte di Strasburgo ha esaminato tredici ricorsi proposti da società italiane che lamentavano l'eccessiva discrezionalità delle autorità fiscali nell'effettuare verifiche, l'assenza di motivazione adeguata delle autorizzazioni all'accesso e la mancanza di una tutela giurisdizionale effettiva. La CEDU ha stabilito che l'articolo 8 della Convenzione deve essere interpretato nel senso di includere non soltanto il domicilio domestico, ma anche la sede legale, le succursali e i locali commerciali delle società, nonché i locali adibiti all'attività professionale. Il nucleo della decisione risiede nell'affermazione che il quadro normativo italiano conferisce alle autorità nazionali un margine di discrezionalità illimitato, sia riguardo alle condizioni di attuazione delle misure di verifica, sia riguardo al loro ambito di applicazione. Inoltre, il sistema non fornisce garanzie procedurali sufficienti, poiché le misure contestate, pur suscettibili di alcuni ricorsi giurisdizionali, non sono soggette a un controllo ex ante né a un controllo ex post sufficientemente effettivo.
La Corte ha individuato due profili critici fondamentali. In primo luogo, ha richiesto che le autorizzazioni agli accessi indichino chiaramente le circostanze e le condizioni in cui le autorità sono autorizzate ad accedere ai locali, e che il contribuente, al più tardi al momento dell'avvio della verifica, abbia diritto di essere informato dei motivi che giustificano la verifica, della sua portata, del diritto di essere assistito da un professionista e delle conseguenze del rifiuto di autorizzare la verifica. In secondo luogo, la CEDU ha stabilito che deve essere garantito un controllo giurisdizionale effettivo già dall'atto dell'accesso, indipendentemente dal fatto che l'ispezione si concluda con l'emissione di un avviso di accertamento, anche prima che il controllo sia completato.
Il nuovo articolo 12 dello Statuto del Contribuente: portata e contenuto
Il legislatore italiano ha recepito parzialmente i principi espressi dalla CEDU modificando l'articolo 12, comma 1, dello Statuto del Contribuente. Il nuovo secondo periodo stabilisce che "negli atti di autorizzazione e nei processi verbali redatti ai sensi del comma 4 devono essere espressamente e adeguatamente indicate e motivate le circostanze e le condizioni che hanno giustificato l'accesso". L'utilizzo dell'avverbio "espressamente" impone che l'atto autorizzativo o istruttorio indichi in modo chiaro e completo le ragioni che hanno dato avvio all'accesso, senza che alcun elemento venga pretermesso o estrinsecato in un momento successivo. Il destinatario della verifica deve essere messo a conoscenza, fin dall'avvio delle operazioni, di tutti gli elementi a disposizione dell'ufficio e dei verificatori che hanno dato origine al controllo.
L'oggetto della nuova motivazione attiene esclusivamente ai presupposti di fatto delle verifiche, ossia alla "fonte d'innesco" del controllo. Si tratta dell'indicazione degli elementi e dei dati in possesso degli organi verificatori che giustificano l'avvio dell'attività ispettiva. Ad esempio, in caso di controllo incrociato derivante da rilievi formulati nei confronti di un fornitore da parte di altro ufficio, l'atto autorizzativo o il processo verbale dovranno indicare i dati del fornitore e ogni altro elemento emerso in capo a questi che giustifica l'avvio del controllo. Oltre alle "condizioni" che legittimano l'esercizio del potere di accesso, ossia le ragioni alla base dell'avvio dell'attività di verifica, la norma impone di motivare anche sulle relative "circostanze", vale a dire le esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo.
Più delicato appare il requisito dell'adeguatezza della motivazione, che presuppone una valutazione di merito per sua natura soggettiva. Mentre l'estrinsecazione della motivazione può ritenersi verificabile attraverso un riscontro ex post circa l'indicazione di tutti gli elementi a disposizione dei verificatori, l'adeguatezza implica inevitabilmente una valutazione di merito che si presta a contestazione qualora ritenuta inadeguata.
L'assenza di sanzione espressa e il rimedio dell'inutilizzabilità
Il nuovo secondo periodo dell'articolo 12, comma 1, dello Statuto non prevede alcuna comminatoria espressa che sanzioni il mancato rispetto dell'obbligo di motivazione. A differenza di quanto previsto per gli atti autonomamente impugnabili, che sono annullabili se privi o carenti di motivazione ai sensi dell'articolo 7, comma 1, dello Statuto, per gli atti autorizzativi e i processi verbali non è contemplata né la nullità né l'annullabilità espressa. In assenza di una sanzione specifica, l'unica disposizione invocabile appare essere quella contenuta nell'articolo 7-quinquies dello Statuto, che stabilisce l'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di legge. Tale norma prevede che "non sono utilizzabili ai fini dell'accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all'articolo 12, comma 5, o in violazione di legge".
L'articolo 7-quinquies, introdotto dal D.Lgs. 219/2023, rappresenta un'innovazione fondamentale nel sistema tributario italiano, colmando un vuoto normativo che in passato aveva portato all'affermazione giurisprudenziale secondo cui nell'ordinamento tributario non esisteva un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite. Pur non prevedendo la nullità o l'annullabilità dell'atto accertativo che dovesse scaturire dalla verifica ritenuta contra legem, la disposizione impedisce l'utilizzabilità degli elementi probatori acquisiti in violazione di legge, fissando una tutela ex post rispetto alle attività istruttorie viziate ab origine.
La decorrenza temporale e il problema dell'applicabilità retroattiva
L'art. 13-bis c. 2 DL 84/2025 stabilisce che le nuove disposizioni si applicano con riferimento agli atti di autorizzazione e ai processi verbali di accesso redatti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione, avvenuta il 2 agosto 2025. Dal 3 agosto 2025, quindi, gli organi verificatori hanno l'obbligo di motivare in modo specifico gli atti istruttori. La norma precisa espressamente che "restano comunque validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti sorti sulla base delle disposizioni vigenti antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
Questa delimitazione temporale appare tuttavia problematica alla luce dell'art. 117 Cost., secondo cui la potestà legislativa è esercitata dallo Stato nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. L'Italia, avendo sottoscritto la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, si è impegnata a rispettarne i principi e il contenuto, per cui le norme interne non possono essere in contrasto con essi. La decorrenza delle nuove disposizioni, limitata agli atti successivi al 3 agosto 2025, risulterebbe in tal modo immune da censure quanto ai documenti precedenti, ma i principi espressi dalla CEDU rischierebbero di essere ingiustamente limitati da una norma di rango primario nonostante il precetto costituzionale, gerarchicamente sovraordinato, ne imponga un'applicazione generalizzata.
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Marco Ligrani
- Dottore commercialista in BariRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

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