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venerdì 07/11/2025 • 06:00

Impresa DL Sicurezza sul lavoro

Stop alla PEC aziendale per gli amministratori: obbligo di indirizzo digitale personale

Il DL 159/2025 (che dovrà essere convertito in Legge entro il 30 dicembre 2025) prevede l'obbligo per ciascun amministratore di società di comunicare al Registro delle Imprese un domicilio digitale (PEC) distinto da quello della società, vietando ogni coincidenza. Se venisse confermata con queste modalità, la misura, più restrittiva rispetto al passato, comporterà maggiori oneri gestionali ed economici e solleva dei dubbi in tema di privacy e semplificazione amministrativa.

di Marco Nessi - Dottore Commercialista e Revisore Legale

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Obbligo di domicilio digitale autonomo per gli amministratori

L'art. 13 c. 3. DL 159/2025 (recante misure in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, in vigore dal 31 ottobre 2025) ha introdotto modifiche rilevanti in ambito di identificazione digitale degli amministratori delle società prevista dall'art. 1 c. 860 L. 207/2024 (Legge di bilancio 2025). In particolare, in continuità con l'indirizzo espresso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy nella circolare del 12 marzo 2025 prot. n. 43836, questa disposizione ha codificato un principio restrittivo che vieta l'utilizzo del domicilio digitale della società (ovvero la PEC aziendale) nei confronti degli amministratori. Nello specifico, con il nuovo intervento normativo, è previsto:

  • l'obbligo per ciascun amministratore (in particolare l'amministratore unico ovvero l'amministratore delegato ovvero, in mancanza, il Presidente del Consiglio di amministrazione) di comunicare al Registro delle Imprese un indirizzo digitale (PEC) autonomo e distinto rispetto a quello dell'impresa;
  • per le imprese già iscritte nel registro delle imprese: l'obbligo di comunicare il domicilio digitale dei predetti amministratori entro il 31 dicembre 2025 e, in ogni caso, all'atto del conferimento o del rinnovo dell'incarico;
  • in caso di mancata comunicazione del domicilio digitale: la sospensione della richiesta di iscrizione dell'atto costitutivo o di iscrizione della nomina/conferma degli amministratori (in questo caso verrà richiesto di regolarizzare la posizione, in assenza della quale, l'ufficio potrà rifiutare l'iscrizione richiesta).

Come accennato in premessa, questa disposizione rappresenta, di fatto, lo sviluppo normativo della disciplina introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, la quale ha previsto l'obbligo, per gli amministratori, di disporre di un domicilio digitale autonomo. Tuttavia, a differenza della formulazione originaria (che lasciava spazio a interpretazioni flessibili), il nuovo impianto nega in modo categorico la possibilità di una domiciliazione condivisa tra amministratore e società, anche nei casi in cui questa coincidenza non dovesse comportare situazioni di ambiguità. In quest'ottica la nuova normativa appare disallineata rispetto ai principi di semplificazione amministrativa e di efficienza normativa che ispirano l'ordinamento digitale. L'obbligo di indirizzo PEC per le imprese è vigente dal 2008 (DL 185/2008 conv.  in L. 2/2009), e risponde all'esigenza di identificare univocamente il soggetto giuridico nell'ambito dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, il sistema giudiziario e gli altri operatori economici. Quest' obbligo si è progressivamente esteso anche ad altri soggetti del sistema economico (professionisti, lavoratori autonomi, enti del Terzo Settore), ma sempre in funzione della loro attività o soggettività autonoma. L'amministratore di società, per contro, agisce in rappresentanza della persona giuridica e, salvo i casi residuali di responsabilità personale o procedimenti giudiziari individuali, non assume un ruolo autonomo tale da giustificare un canale digitale separato. La PEC aziendale assolve pienamente alla funzione di notifica e comunicazione verso l'organo amministrativo, rendendo superfluo un domicilio digitale distinto per ciascun amministratore. In questo contesto, in assenza di una concreta previsione normativa che colleghi alla PEC individuale dell'amministratore effetti giuridici propri (ad esempio in ambito tributario, previdenziale o giudiziario), l'obbligo si traduce in un aggravio economico e gestionale a carico delle imprese, soprattutto in presenza di organi amministrativi collegiali. Ogni amministratore dovrà dotarsi di un indirizzo PEC, gestirne il mantenimento tecnico e garantirne la funzionalità, anche in assenza di un utilizzo reale e concreto del mezzo.

Non può inoltre trascurarsi il profilo giuridico della pubblicità legale dell'indirizzo PEC. Con l'obbligo di rendere pubblica la PEC personale dell'amministratore si verifica una forma di diffusione coattiva del domicilio digitale, equiparabile alla pubblicazione del domicilio fisico (per il quale, si ricorda, nessuna norma impone la separazione dalla sede sociale). È prassi consolidata che il domicilio fisico dell'amministratore coincida con la sede legale della società, senza che ciò determini criticità giuridiche o esigenze di tutela. Al contrario, con la nuova disposizione in commento, nel mondo digitale viene introdotto un divieto normativo che (oltre a generare incertezza applicativa) espone gli amministratori ad un trattamento irragionevolmente differenziato e potenzialmente lesivo del diritto alla riservatezza. Ulteriormente, sotto il profilo costituzionale, la disposizione presenta dei profili di criticità rispetto all'art. 3 della Costituzione, in quanto impone un obbligo formale senza differenziazione per tipologia di impresa, natura dell'incarico o frequenza effettiva delle comunicazioni indirizzate all'amministratore.  

Osservazioni

Va infine evidenziato come la nuova norma contrasta con gli orientamenti applicativi adottati da numerose Camere di commercio, le quali (fino a ottobre 2025) avevano consentito l'utilizzo della PEC della società per adempiere all'obbligo di comunicazione del domicilio digitale dell'amministratore, riducendo i costi e agevolando le operazioni di iscrizione e aggiornamento anagrafico. L'intervento normativo non solo sconfessa questa prassi, ma rischia di generare un contenzioso interpretativo, oltre a creare difficoltà operative negli uffici del Registro delle Imprese, che saranno chiamati a verificare la non coincidenza tra indirizzi PEC, con evidenti complessità tecniche e organizzative. In conclusione, il divieto di coincidenza tra PEC dell'amministratore e PEC della società, come introdotto dall'art. 13 DL 159/2025, si presenta come una misura eccessivamente rigida, poco coerente con l'ordinamento vigente e priva di utilità funzionale. In assenza di una revisione in sede di conversione parlamentare (prevista entro il 30 dicembre 2025) il rischio è quello di introdurre una disciplina destinata a generare oneri e disfunzioni, senza contribuire in alcun modo alla semplificazione o alla trasparenza del sistema imprenditoriale italiano.

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