martedì 09/09/2025 • 14:33
Con la Risp. AE 9 settembre 2025 n. 234, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulla possibilità di emettere nota di variazione per la quota di credito falcidiata dal piano omologato, nonostante la presenza di due procedure concorsuali succedutesi nel tempo.
redazione Memento
L'Agenzia delle Entrate, con la Risp. AE 9 settembre 2025 n. 234, ha chiarito un punto centrale in tema di concordato preventivo e diritto all'emissione delle note di variazione in diminuzione IVA.
Il principio della consecuzione tra procedure normato ad opera del DL 83/2012 si riferisce letteralmente alla ''confluenza'' di una procedura concorsuale, inizialmente attivata dall'imprenditore, nel successivo fallimento (oggi liquidazione giudiziale).
Ciò sulla base della considerazione che il presupposto per l'avvio della procedura fallimentare, ossia lo stato di insolvenza irreversibile, sia da ritenersi sussistente già al momento dell'esperimento della precedente procedura.
L'art. 69 bis c. 2 L.Fall. nello specifico, consente di far retroagire, all'avvio della prima procedura, la determinazione del c.d. ''periodo sospetto'' (lasso temporale a cui rapportare gli atti pregiudizievoli ai creditori) ai fini dell'esperimento dell'azione revocatoria.
Per effetto dell'evoluzione della disciplina in materia di crisi di impresa, a seguito anche del recepimento delle direttive unionali, il proliferare di procedure atte a gestire lo stato di crisi o di insolvenza ha spinto lo stesso legislatore a riconoscere espressamente la consecuzione anche tra i differenti strumenti di regolazione della crisi (accordi di ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo, ecc.) e la liquidazione giudiziale.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità, nell'estendere il principio in parola anche tra procedure minori, ha chiarito che la consecuzione prescinde dalla mera successione cronologica tra procedure e richiede che venga riscontrata l'unicità di causa (cfr. Cassazione 11 giugno 2019 n. 15724), che va accertata in concreto da parte dell'autorità giudiziaria.
Il caso di specie nasce dall'istanza presentata da una società (ALFA), creditrice di una seconda società (BETA), sottoposta a due distinte procedure di concordato preventivo. BETA, a causa di una crisi finanziaria che ha compromesso la propria capacità di soddisfare i creditori, ha deciso di fare ricorso allo strumento del concordato preventivo presentando la domanda a dicembre 2020, ammessa nel settembre 2021. Revocata la predetta ammissione, a giugno 2022 BETA presentava ricorso per concordato preventivo.
In seguito ad alcune modifiche e rilievi, BETA ha chiesto di essere ammessa alla procedura per concordato preventivo in continuità aziendale, presentando un piano di riparto da adempiere entro il 31 dicembre 2027.
Stante l'autonomia tra le due procedure di concordato intraprese da BETA, per l'emissione della nota di variazione occorre aver riguardo alla data di avvio della seconda procedura che, nella specie, è successiva al 26 maggio 2021. La disciplina applicabile è, pertanto, quella contenuta nell'art. 26 DPR 633/72, come modificato dal Decreto Sostegni bis (DL 73/2021).
L'Agenzia ribadisce anche che il diritto all'emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, la detrazione dell'imposta non incassata, non risulta preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l'insinuazione al passivo del credito corrispondente, superando la precedente posizione secondo cui tale diritto era subordinato alla partecipazione al concorso.
L'istante, avendo deciso di partecipare alla procedura, può legittimamente attendere la conclusione della procedura di concordato allo stato aperta ed emettere nota di variazione in diminuzione in caso di esito infruttuoso della stessa.
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