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martedì 09/09/2025 • 06:00

Speciali DIRETTIVA UE 970/2023

Trasparenza salariale: verso una nuova gestione delle politiche retributive

A meno di un anno dalla scadenza del termine per il recepimento della Direttiva UE 970/2023 sulla pay transparency, QuotidianoPiù dedica al tema uno speciale, per accompagnare le imprese nel percorso di avvicinamento all'entrata in vigore delle nuove norme su trasparenza ed equità salariali: essenziali a tal fine saranno le analisi preliminari delle politiche retributive aziendali.

di Ciro Cafiero - Avvocato - Studio Cafiero Pezzali & Associati

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  • Tempo di lettura 2 min.
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Entro il 7 giugno 2026 sarà recepita in Italia la Direttiva UE 970/2023, c.d. pay trasparency, che persegue l'obiettivo della parità retributiva tra lavoratrici e lavoratori, ancora lontana in Europa: il divario tra i due dati continua infatti a superare l'asticella del 12%.

I tempi, dunque, sono maturi perché le aziende, con l'ausilio di consulenti e professionisti, si attrezzino per recepire gli importanti obblighi che tale direttiva prevede e che esploreremo gradualmente negli approfondimenti di questo speciale dedicato al tema sulle colonne di QuotidianoPiù.

Con l'entrata in vigore della Direttiva, infatti, eventuali inadempienze potranno determinare l'applicazione di sanzioni severe, calcolate sul fatturato annuo lordo o, in alternativa, sulla massa salariale complessiva.

Valga un esempio per tutti. In forza della c.d. pay trasparency, nel caso di divario retributivo superiore al 5%, le aziende saranno obbligate a comunicarlo sia alle autorità competenti (che il legislatore italiano dovrà definire in sede di recepimento), sia alle organizzazioni sindacali, e a negoziare strumenti idonei a colmare quel divario.

Non è difficile immaginare come, se la partita non è giocata con congruo anticipo, un tavolo di confronto sindacale, soprattutto se la tensione tra le parti è già alta in azienda, potrà solo ulteriormente balcanizzare le relazioni industriali più che scongiurare l'applicazione delle sanzioni previste.

Il 7 giugno 2026, in altre parole, come sarà ben presto chiaro, è la deadline entro cui le imprese dovranno farsi trovare pronte.

Cosa fare, quindi? È questo l'interrogativo che deve provocare nelle more. Ed anzi, scuotere.

In vista di tale data, le aziende dovranno dotarsi di assessment secondo tre primi, fondamentali passi.

Criteri oggettivi per misurare le retribuzioni

Il primo è quello di provare ad illuminare la nozione di “comparabilità” tra lavori. La Direttiva impone la medesima retribuzione tra uomini e donne (o comunque un divario inferiore al 5%) per lavori di “pari valore”. Ai fini della loro identificazione e comparazione, dunque, occorre attingere dal paniere di criteri oggettivi come istruzione, formazione, competenze, grado di impegno e responsabilità connessi ai ruoli. Su tale operazione, si innesta anche l'identificazione delle medie retributive per scovare le eventuali discriminazioni retributive. In concreto, saranno cruciali i contratti collettivi, che definiscono livelli e inquadramenti, e i sistemi di “pesatura” interni alle aziende.

Retribuzione: non solo quota fissa

Il secondo passo è sul terreno della retribuzione, in relazione alla quale deve imporsi un'analisi preliminare di ogni sua singola componente. Da prendere a riferimento non è soltanto la quota fissa, ma ogni sua parte variabile: bonus, straordinari, benefit aziendali come trasporto, vitto, alloggio e qualsiasi trattamento in natura.

Prepararsi a rendicontare

Il terzo passo è quello della strutturazione del reporting periodico. Le imprese con almeno 250 dipendenti saranno chiamate a pubblicare i dati a partire dal 7 giugno 2027 e a farlo ogni anno; quelle con un organico compreso tra 150 e 249 dipendenti dovranno pubblicare sempre dal 7 giugno 2027, ma con cadenza triennale; mentre le imprese più piccole, con 100-149 dipendenti, avranno tempo fino al 7 giugno 2031 per la prima pubblicazione, e poi a distanza di tre anni ciascuna.

In definitiva, la direttiva sulla trasparenza retributiva chiame le imprese a “raccogliere i frutti” di un'importante semina. Ad essa, hanno contribuito, già il Trattato di Roma e quello di Maastricht, numerose sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e, da ultimo, la Direttiva UE 54/2006.

La cultura contadina insegna che, per una buona raccolta, è fondamentale curare le operazioni preliminari: preparare le attrezzature, allestire i campi, organizzare la manodopera e la logistica.

Ecco: è a questo lavoro preliminare che, sul terreno della parità retributiva, le imprese sono chiamate sin d'ora. Si tratta, del resto, di un'occasione troppo preziosa per essere sprecata.

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EPISODIO 1

Trasparenza e parità salariale: dentro la direttiva UE 2023/970

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