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giovedì 17/07/2025 • 06:00

Fisco DALLA CASSAZIONE

Controllo automatizzato: presupposti e limiti dell'iscrizione a ruolo

L'ordinanza n. 17850/2025 della Cassazione chiarisce i presupposti e i limiti dell'iscrizione a ruolo a seguito di controllo automatizzato, ribadendo la necessità di effettiva verifica probatoria del credito. Quali sono le criticità del sistema automatizzato di riscossione?

di Alessandro De Stefano - Avvocato e Professore di diritto tributario presso l’Università Europea di Roma

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  • Tempo di lettura 9 min.
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Con ordinanza n. 17850/2025, la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio una sentenza della CGT II Lazio, che aveva annullato l'iscrizione a ruolo di un ingente credito IVA, oltre sanzioni ed interessi, disposta a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis DPR 600/73, perché esso era stato chiesto a rimborso nella dichiarazione per l'anno 2008 come eccedenza del precedente esercizio, per il quale invece la dichiarazione era stata omessa. L'ordinanza rileva che la sentenza impugnata aveva affermato che “il contribuente..., in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria”, senza tuttavia verificare l'effettiva esistenza e consistenza del credito in contestazione, in base alle prove che lo stesso contribuente avrebbe dovuto fornire.

La sentenza consente di svolgere un breve excursus sulle principali tematiche che interessano l'iscrizione a ruolo delle somme liquidate a seguito di controlli automatizzati. Si tratta di questioni che riflettono le trasformazioni intervenute nel sistema della riscossione, per le quali la cartella di pagamento ha smarrito l'usuale natura di mera intimazione ad adempiere (perché sostituita da atti accertativi auto-esecutivi) ed ha acquisito la sempre più incisiva funzione di atto terminale della procedura di controllo generalizzato delle dichiarazioni, realizzato con l'uso di strumenti informatici. In questa prospettiva, la cartella di pagamento assume natura di atto impositivo, con cui l'Amministrazione fa valere per la prima volta la propria pretesa (Cass. SSUU 18298/2021).

I presupposti del controllo automatizzato

Nella parte in cui avalla l'esercizio del potere impositivo attraverso procedura di controllo automatizzato, l'ordinanza riflette il noto indirizzo giurisprudenziale secondo cui "il potere attribuito agli Uffici finanziari dal secondo comma, lett. e, dell'art. 36 bis DPR 597/73 è esercitabile […] quando l'errore sia rilevabile 'ictu oculi' a seguito di mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate, nei casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo, non abbisognevoli di alcuna istruttoria ed emendabili dall'Amministrazione anche a vantaggio del contribuente. Allorché sia, invece, necessaria un'indagine interpretativa della documentazione allegata, ovvero una valutazione giuridica della norma applicata, la menzionata disposizione non è applicabile, occorrendo un atto d'accertamento esplicitamente motivato, il quale soltanto è idoneo a rendere edotto il contribuente del processo logico giuridico seguito dall'Amministrazione nella diversa determinazione dell'imponibile ed a metterlo in condizione di potersi adeguatamente difendere" (Cass. 9759/2024. V. pure Cass. 2953/2025; Cass. 21902/2024; Cass. 18078/2024; Cass. 17973/2024; Cass. 15988/2024; Cass. 15889/2024). Nel caso di specie la Corte ha implicitamente riconosciuto che la discrasia tra i dati contenuti nella dichiarazione assoggettata al controllo e quelli della dichiarazione dell'anno precedente giustificava il disconoscimento del credito mediante verifica cartolare e con procedura automatizzata.

Controllo automatizzato ed iscrizione a ruolo: il credito disconosciuto costituisce un debito?

Il tema della legittima applicazione dell'art. 36 bis DPR 600/1973, per la natura meramente “cartolare” del controllo, nasconde tuttavia un'altra questione, che normalmente sfugge all'attenzione generale: il credito disconosciuto (perché derivante da una precedente annualità, per la quale non era stata presentata dichiarazione) equivale ad un tributo non versato, iscrivibile a ruolo ai sensi dell'art. 14 lett. a) DPR 602/73? In altri termini, il “minor credito” del contribuente si trasforma in debito verso l'erario, esigibile in via coattiva con maggiorazione di interessi e sanzioni?

In verità, la sentenza in esame non risponde a queste domande, perché esse sembrano estranee alla materia del contendere. La esperienza concreta rivela d'altronde che è comunemente ammesso, e diventa perfino pacifico nella prassi, che gli importi indebitamente dichiarati in più o in meno dal contribuente a proprio favore si traducono in un corrispondente debito verso l'erario, che l'Agenzia usa recuperare a tassazione mediante iscrizione a ruolo, indipendentemente dal fatto che trattasi di un maggior debito o di un minor credito.

Si tratta in realtà, a nostro avviso, della più grave illogicità che informa il vigente sistema automatizzato di controllo e riscossione. Contrariamente a quanto comunemente si ritiene, e come ha già rilevato la giurisprudenza più avveduta, non vi è infatti coincidenza tra gli ambiti del controllo automatizzato e della potestà di riscossione, perché la prima attività consente di rilevare e correggere irregolarità che non comportano necessariamente un debito di imposta del contribuente. Ed invero, “qualora l'amministrazione finanziaria verifichi che il credito di imposta erroneamente esposto non era stato riportato nelle dichiarazioni precedenti potrà solo procedere alla rettifica degli errori materiali o di calcolo, ma non anche all'emissione della cartella di pagamento per il recupero del credito non dichiarato, salvo che accerti che il contribuente ha anche illegittimamente utilizzato il credito di imposta esposto, così generando un debito nei confronti dell'amministrazione, che in tal caso legittima la pretesa di recupero dell'importo mediante la notifica della cartella di pagamento” (Cass. 2953/2025. Conformi: Cass. 20626/2022; Cass. 20643/2021; Cass. 4539/2013).

Poiché nel caso di specie il credito invocato non risulta utilizzato, l'Amministrazione – rilevata l'irregolarità commessa – avrebbe dovuto limitarsi a negare il rimborso, senza emettere una cartella per il pagamento di una somma di corrispondente importo;

Sull'ambito del contenzioso

In coerenza con la pregressa giurisprudenza, l'odierna ordinanza conferma che le irregolarità formali legittimamente rilevate attraverso il controllo automatizzato non impediscono al contribuente di far valere la sussistenza del diritto invocato e la fondatezza della sua pretesa. La natura impositiva del provvedimento dell'ufficio e l'esigenza di assicurare il rispetto del principio di capacità contributiva impongono di superare i tradizionali confini del giudizio di impugnazione, limitato alla censura dei vizi propri della cartella, e di pervenire all'analisi del rapporto nel merito, anche qualora la pretesa erariale fosse fondata su dichiarazioni tardive o non emendate entro i termini di legge (in tal senso, cfr. Cass. 27332/2024; Cass. 23093/2024; Cass. 15211/2023, conformi a Cass. SSUU 13378/2016).

In base a questi principi, nelle controversie derivanti dal controllo automatizzato delle dichiarazioni IVA è consentito al contribuente di far valere i propri diritti alle detrazioni ed al rimborso, secondo la disciplina propria del tributo. Si è infatti costantemente affermato che “In tema di neutralità fiscale, l'omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA consente l'iscrizione a ruolo dell'imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale senza incidere sulla posizione sostanziale del contribuente e scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell'anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 DPR 633/72, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, la dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d'imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguarda acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (Cass. 5215/2025. V. pure Cass. 20120/2018 e Cass. 4392/2018, conformi a Cass. SSUU 17758/2016). 

Fonte: Cass. 17850/2025

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