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venerdì 04/07/2025 • 06:00

Fisco DALLA CORTE COSTITUZIONALE

IVA all’importazione e confisca: svolta sulla proporzionalità delle sanzioni

L'IVA all'importazione non è assimilabile a un diritto di confine: è questo il principio espresso dalla Corte Cost. 3 luglio 2025 n. 93. La sentenza interviene anche in materia di confisca doganale, stabilendo che è illegittimo prevedere l'applicazione di tale istituto nel caso in cui l'operatore doganale abbia pagato l'IVA all'importazione e la sanzione amministrativa.

di Sara Armella - Avvocato, Studio legale Armella & Associati

di Tatiana Salvi - Avvocato, Studio legale Armella & Associati

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La Corte Costituzionale interviene sulla natura dell'IVA all'importazione

Con la sentenza 3 luglio 2025, n. 93, la Corte Costituzionale ha chiarito che l'IVA all'importazione è un tributo diverso dai diritti di confine.

Secondo la Consulta, nonostante quanto previsto dalla recente riforma doganale (art. 27 all. 1 al D.Lgs. 141/2024), che ha ricompreso l'imposta sul valore aggiunto tra i diritti di confine, l'IVA ha una natura radicalmente diversa dai dazi doganali e tale distinzione non può essere incisa dal Legislatore.

La sentenza della Corte Costituzionale stabilisce così un importante principio: anche se il Legislatore assegna a un tributo una determinata qualificazione giuridica, questa deve però essere coerente con i principi generali dell'ordinamento e non deve produrre effetti sproporzionati.

Già le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. 4 luglio 2024 n. 18284), nell'ordinanza di rimessione avevano affermato che “costituisce giurisprudenza assolutamente consolidata (v. ex multis Cass. 29 luglio 2015 n. 16109; Cass. 6 aprile 2018 n. 8473; Cass. 28 febbraio 2019 n. 5962), sulla scorta di ripetute affermazioni della Corte di giustizia, che l'IVA all'importazione non è un diritto di confine al pari dei dazi doganali ma, quanto alle sue caratteristiche, è la medesima imposta dell'IVA intraunionale”. L'ordinanza affermava inoltre che l'IVA all'importazione è “estranea all'obbligazione doganale” e semplicemente rientra tra i tributi che vanno corrisposti in occasione delle operazioni doganali.

Con la sentenza in commento, la Consulta conferma che l'IVA rappresenta un tributo di natura interna, strutturato sulla base del principio di neutralità fiscale, mentre i dazi doganali sono diritti di confine che svolgono funzioni ben diverse, essendo diretti ad aumentare il prezzo di specifiche merci nella prospettiva di proteggere il mercato interno e alimentare le risorse proprie dell'Unione europea.

La Corte chiarisce, infatti, che se e è pur vero che l'IVA all'importazione e i dazi doganali hanno in comune il fatto generatore e il momento dell'esigibilità (entrambi collegati all'importazione delle merci) resta fermo che l'IVA all'importazione non fa parte dei dazi all'importazione, ai sensi dell'art. 5, punto 20 del Codice doganale dell'Unione (Reg. UE 952/2013) perché non possiede le caratteristiche di una tassa di effetto equivalente ai dazi (Corte di Giustizia, 12/05/2022, C-714/20, U.i. srl) ed è diretta a garantire la neutralità rispetto all'origine dei beni, al fine di porre le merci importate nella stessa situazione dei prodotti nazionali analoghi dal punto di vista degli oneri fiscali (Corte di Giustizia, 5/07/1982, C-15/81, Gaston Schul).

La distinzione tra dazi e IVA

La sentenza in commento recepisce un principio già espresso da numerose sentenze della Corte di Giustizia europea e della Corte di Cassazione, che nel tempo hanno confermato che l'IVA all'importazione è un tributo di natura interna.

La Corte di giustizia, sin dalle più risalenti pronunce, ha chiarito che l'IVA all'importazione è “parte del sistema generale sui consumi” ed è intesa a garantire la neutralità del sistema comune rispetto all'origine dei beni, al fine di porre le merci importate nella stessa situazione dei prodotti nazionali analoghi, per quanto riguarda gli oneri fiscali gravanti sulle due categorie di prodotti (C. Giust. UE 5 maggio 1982 C-15/81, Gaston Schul; C. Giust. UE 17 maggio 2001 C-322/99 e C-323/99, Finanzamt Burgdorf; C.Giust. UE 25 febbraio 1988 C-299/86, Drexl).

Dirimenti sono i chiarimenti ricostruttivi della Corte di giustizia nel caso Equoland (C. Giust. UE 17 luglio 2014, causa C-272/13) e nella successiva Eurogate distribution (C. Giust. UE 2 giugno 2016 C-226/14 e C-228/14) con cui si è affermato che l'IVA all'importazione rappresenta una modalità di assolvimento dell'IVA interna e che i dazi all'importazione non includono l'IVA da riscuotere per l'importazione di beni.

Da rilevare, in proposito, che la definizione di “obbligazione doganale” è stata fornita dal legislatore europeo, secondo cui essa rappresenta “l'obbligo di una persona di corrispondere l'importo del dazio all'importazione o all'esportazione applicabile a una determinata merce in virtù della normativa doganale in vigore” (art. 5 punto n. 18 CDU). Nella definizione della norma europea non sono contemplati i tributi interni, ancorché dovuti in corrispondenza con l'immissione in consumo di beni non unionali. Anche l'art. 56 CDU stabilisce che i dazi all'importazione “sono basati sulla tariffa doganale comune”.

Secondo quanto chiarito dalla sezione quinta della Corte di cassazione, l'IVA  all'importazione è da qualificarsi come “tributo interno”, giacché “non ha per oggetto esclusivamente il prodotto importato in quanto tale, ma s'inserisce nel sistema fiscale uniforme dell'IVA, che colpisce sistematicamente e secondo criteri obiettivi sia le operazioni degli Stati membri, sia quelle all'importazione” (Cass. 5 agosto 2016 n. 16509; Cass. 26 luglio 2023 nn. 22531 e 22488; Cass. 21 luglio 2023 n. 21917).

Confisca doganale: illegittima se l'operatore regolarizza pagando l'IVA all'importazione e la sanzione

La Corte Costituzionale, con la sentenza in commento, ha chiarito inoltre che l'applicazione della confisca in aggiunta alla sanzione amministrativa, in caso di una contestazione relativa all'IVA all'importazione, comporta una violazione del principio di proporzionalità. Ne consegue che, se viene irrogata la sanzione amministrativa non c'è spazio per disporre la confisca della merce.

Tale pronuncia valorizza la necessità di assicurare un sistema sanzionatorio proporzionato. Di conseguenza, se l'operatore provvede al pagamento dell'IVA all'importazione evasa e della sanzione amministrativa, non può applicarsi la confisca.

La sentenza in esame, pur riferendosi alla disciplina previgente (art. 301 Tuld, DPR 43/73), stabilisce un principio applicabile anche in relazione alla normativa introdotta dalla riforma doganale.

Secondo la Consulta, l'applicazione della confisca in relazione a contestazioni relative all'IVA all'importazione, in aggiunta alla sanzione amministrativa, non è coerente con la risposta sanzionatoria prevista in materia di dazi doganali e di IVA interna.

Rispetto ai dazi doganali, infatti, il Codice doganale dell'Unione stabilisce che l'obbligazione si estingue quando le merci soggette ai dazi doganali sono sequestrate o confiscate (art. 124). 

Per quanto riguarda l'IVA interna, invece, il D.Lgs. 74/2000 prevede la possibilità di procedere alla confisca soltanto nel caso in cui la condotta costituisca reato (art. 12-bis). La disparità di trattamento rispetto all'IVA interna è ancor più evidente a seguito della riforma fiscale (D.Lgs. 87/2024), che ha escluso l'applicazione del sequestro e della confisca nel caso in cui l'operatore regolarizzi il debito tributario.

L'applicazione della confisca in aggiunta alla sanzione, in caso di una contestazione che ha ad oggetto l'IVA all'importazione integra, pertanto, una violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni.

La sentenza evidenza, tuttavia, una significativa differenza tra IVA interna e IVA all'importazione: la prima, infatti, è caratterizzata da un sistema di tracciabilità, negli scambi, dei soggetti passivi, mentre per la seconda il fatto generatore e il momento dell'esigibilità coincidono con l'ingresso del bene nel territorio UE, con la conseguenza che la possibilità di fare leva sul bene rappresenta la principale garanzia di pagamento dell'imposta. Occorre considerare, inoltre, che in caso di evasione dell'IVA all'importazione, non è sempre possibile operare un sequestro conservativo sui beni, soprattutto se si tratta di merci non frazionabili di valore molto più elevato dell'IVA evasa. Tali differenze, ad avviso della Consulta, consentono di giustificare un trattamento sanzionatorio lievemente più rigido per l'IVA all'importazione.

La Corte Costituzionale, pertanto, si limita a proporre una nuova interpretazione della normativa applicabile in materia di confisca doganale, chiarendo che tale sanzione non può trovare applicazione se l'obbligato provvede al pagamento integrale dell'importo evaso, degli interessi e della sanzione pecuniaria. In questi casi, infatti, lo Stato recupera il debito tributario e viene meno quella funzione di garanzia che può giustificare la confisca obbligatoria.

Fonte: Corte Cost. 3 luglio 2025 n. 93

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