giovedì 19/06/2025 • 06:00
Nuova soglia di rilevanza penale per l'IVA all'importazione, ampio spazio alla revisione su istanza di parte per correggere gli errori evitando sanzioni e confisca e alle cause di non punibilità che consentono di escludere la sanzione penale. Le Dogane esaminano le novità introdotte dal Decreto correttivo sulle sanzioni doganali (Circ. AD 17 giugno 2025 n. 14).
I chiarimenti dell'Agenzia sul correttivo
Dal 13 giugno sono in vigore le misure correttive previste dal D.Lgs. 81/2025, che introduce alcune importanti novità in materia di sanzioni doganali. Con circolare 17 giugno 2025 n. 14/D, l'Agenzia delle Dogane esamina tutte le modifiche al sistema sanzionatorio, chiarendo che tali novità hanno efficacia retroattiva e si applicano a tutte le violazioni commesse a partire dal 4 ottobre 2024, data di entrata in vigore della riforma doganale (D.Lgs. 141/2024).
Le nuove diposizioni previste dal Decreto correttivo introducono, infatti, un sistema sanzionatorio più favorevole agli operatori, ponendo rimedio ad alcune delle principali criticità evidenziate dagli stakeholder all'indomani dell'entrata in vigore della riforma doganale.
La circolare dell'Agenzia delle Dogane dà così applicazione al principio del “favor rei”, secondo cui la norma successiva si applica anche alle violazioni commesse prima della sua entrata in vigore se introduce una sanzione più favorevole rispetto a quella prevista dalla normativa previgente (art. 3 c. 3 D.Lgs. 472/1997 e art. 2 codice penale).
Il principio della retroattività delle norme sanzionatorie favorevoli è stato più volte riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione, la quale ha confermato che deve essere data applicazione alle norme sanzionatorie sopravvenute, se più favorevoli al contribuente (Cass. 7 novembre 2024 n. 28737).
Elevata a 100.000 euro la soglia del contrabbando per l'IVA all'importazione
Come evidenziato dalla circolare, una delle modifiche più rilevanti del correttivo è rappresentata dall'innalzamento della soglia penale del contrabbando a 100.000 euro per l'IVA all'importazione.
Inizialmente, le Disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell'Unione (Dnc, all. 1 al D.Lgs. 141/2024) prevedevano l'obbligo, per l'Agenzia delle Dogane, di trasmettere la notizia di reato alla Procura europea EPPO se l'ammontare dei diritti di confine dovuti, distintamente considerati, superava i 10.000 euro (o, in presenza delle circostanze aggravanti del contrabbando, anche per importi inferiori).
La soglia dei 10.000 euro, sia per i dazi che per l'IVA, ha destato da subito grande preoccupazione per gli operatori. Infatti, l'IVA all'importazione, in ragione della sua aliquota ordinaria del 22%, supera con frequenza la soglia dei 10.000 euro, con la conseguenza che numerose irregolarità rischiavano di essere inizialmente ricondotte nell'alveo delle fattispecie penali.
In risposta alle numerose criticità sollevate dalle associazioni di categoria, il Decreto correttivo introduce ora due distinte soglie di punibilità: 10.000 euro per i dazi doganali, nel rispetto del limite imposto dalla Direttiva PIF, e 100.000 euro per l'IVA all'importazione, in coerenza con la soglia già prevista dal sistema sanzionatorio relativo all'IVA interna (D.Lgs. 74/2000).
Anche le aggravanti si allineano alle nuove soglie
Cambiano, di conseguenza, anche le circostanze aggravanti del contrabbando legate al superamento di determinate soglie monetarie. Il Decreto correttivo introduce, anche in questo caso, una distinzione tra dazi e IVA, stabilendo che in caso di contrabbando, se i dazi doganali evasi superano i 50 mila euro o l'IVA supera i 200 mila euro, oltre alla multa si applica la reclusione fino a tre anni. Pena che va dai tre a cinque anni se la contestazione supera invece i 100 mila euro per i dazi o i 500 mila euro per l'IVA.
Il decreto incentiva la compliance degli operatori
Tra gli obiettivi del Decreto correttivo vi è quello di favorire forme di compliance spontanea da parte degli operatori.
La nuova formulazione dell'art. 96 par. 13 Dnc (all. 1 al D.Lgs. 141/2024) precisa che gli operatori che chiedono spontaneamente di sanare un'eventuale irregolarità, presentando una richiesta di revisione su istanza di parte, non incorrono nell'applicazione delle sanzioni, né nella confisca della merce.
L'esclusione della confisca rappresenta un ulteriore incentivo alla possibilità di regolarizzare volontariamente un errore mediante la presentazione di un'istanza di revisione su iniziativa dell'operatore.
Da segnalare, tuttavia, che la richiesta di correzione deve essere presentata prima che l'operatore abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche, o prima dell'avvio di attività di accertamento o di eventuali procedimenti penali.
Estinzione del reato e causa di non punibilità
Ampliata anche la causa di non punibilità di cui all'art. 112 Dnc (all. 1 D.Lgs. 141/2024): in caso di contrabbando punito con la sola multa, è possibile evitare la sanzione penale attraverso il pagamento dei tributi e delle sanzioni, comprese tra il 100 e il 200% degli importi contestati. Come precisato dalla circolare 14/D, il Decreto correttivo introduce ora un limite temporale a tale causa di estinzione del reato, stabilendo che è possibile aderire a questo istituto, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. In questo caso resta però applicabile la sanzione della confisca.
Altra modifica significativa introdotta dal Decreto correttivo è la previsione di una nuova causa di non punibilità, che consente all'operatore di sanare la violazione penale anche attraverso il ravvedimento operoso, per regolarizzare la propria posizione pagando una sanzione ridotta. Condizione necessaria è che il pagamento avvenga prima che l'autore della violazione abbia avuto formale conoscenza di verifiche o dell'inizio di un procedimento penale. Questa seconda causa di non punibilità ha portata più ampia, in quanto si applica anche in presenza di alcune aggravanti, come quella dell'aver commesso il fatto in connessione con un delitto contro la fede pubblica ed è attivabile a prescindere dalla misura dei diritti di confine dovuti. In questo caso è esclusa, inoltre, l'applicazione della confisca. Una simile previsione, secondo la circolare, assicura la possibilità di ridurre l'ambito applicativo delle sanzioni penali, consentendo anche agli operatori che si ravvedono, di poter regolarizzare la propria posizione, senza rischiare che autodenunciandosi possano incorrere in un procedimento penale.
Riscatto della merce in caso di confisca
Il nuovo Decreto potenzia, infine, la possibilità di richiedere il riscatto della merce confiscata attraverso il pagamento del valore dei beni. Una misura che, nell'attuale formulazione dell'art. 118 Dnc, poteva essere disposta soltanto a discrezione dell'Agenzia delle Dogane. Gli operatori potranno ora ottenere la restituzione della merce confiscata, a meno che la confisca non sia imposta dall'autorità giudiziaria e che non si tratti di prodotti per cui è vietata la commercializzazione.
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