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lunedì 16/06/2025 • 06:00

Speciali RIDUZIONE DELLE SANZIONI

Riforma fiscale: come cambia l’annullamento parziale degli atti con il Correttivo

L'art. 19 del Decreto correttivo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2025, contiene un'importante novità in tema di annullamento parziale degli atti impositivi, consentendo al contribuente di prestare acquiescenza alle residue contestazioni, versando, oltre alla maggiore imposta, le sanzioni ridotte nella misura di un terzo.

di Giuseppe Ingrao - Professore ordinario di Diritto tributario presso l’Università di Messina

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Il Decreto correttivo (D.Lgs. 81/2025) emanato nel contesto della riforma fiscale di cui alla Legge delega n. 111/2023, incide in modo significativo sull'istituto dell'autotutela, con particolare riferimento alla fattispecie dell'annullamento parziale, ove l'Ufficio ritira solo alcune parti dell'atto impositivo, di modo che esso sopravvive, sia pur ridimensionato in termini di maggiore imposta pretesa e di correlate sanzioni.

L'attività di annullamento parziale è prevista espressamente nell'art. 10-quinquies L. 212/2000 cioè per l'autotutela facoltativa, ma non vi è alcun limite di praticabilità nel contesto dell'autotutela obbligatoria, di cui all'art. 10-quater, soprattutto nelle ipotesi di un errore manifesto che incide su una specifica contestazione contenuta nell'atto impositivo.

Innanzitutto, bisogna tenere a mente che, in caso di accoglimento parziale di una istanza di autotutela, i termini per presentare ricorso contro l'atto non subiscono mutamenti: il contribuente deve attivarsi sempre entro sessanta giorni dalla notifica. Se il provvedimento di annullamento parziale giunge dopo la scadenza del termine per impugnare, la pretesa diviene definitiva e riscuotibile per la parte non oggetto di revisione amministrativa; in caso di un pregresso pagamento da parte del contribuente, sorge il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza. Ciò vuol significare che l'istanza di autotutela non sospende la riscossione delle somme dovute sulla base dell'atto impositivo sottostante: riscossione che può essere definitiva, se l'atto non è stato impugnato, o provvisoria e nella misura di un terzo in caso di impugnazione.       

Annullamento parziale e acquiescenza all'atto: evoluzione normativa in punto di premialità sanzionatorie

Detto questo, si evidenzia che, qualora il contribuente non abbia provveduto al pagamento delle somme risultanti dall'atto impositivo e il Fisco adotti un provvedimento di annullamento parziale, si è posto il problema della possibilità di prestare acquiescenza alle contestazioni non ritirate beneficiando della riduzione delle sanzioni, nonostante siano decorsi i termini previsti dall'art. 15 D.Lgs. 218/1997, correlati alla presentazione del ricorso avverso l'atto sottostante.

La predetta normativa subordina la concessione del beneficio a condizione che il pagamento avvenga per le “somme complessivamente dovute” a titolo di imposta, salvo la riduzione delle sanzioni a un terzo, ed entro i termini per la presentazione del ricorso avverso l'atto di accertamento.

Pertanto, l'eventuale decisione del contribuente di accettare l'operato dell'Ufficio dopo la revisione in autotutela non è stata originariamente apprezzata dal legislatore nella prospettiva della premialità sul fronte sanzionatorio.

Questa distinzione tra acquiescenza integrale alla pretesa originaria e acquiescenza ad una pretesa ridimensionata in autotutela nella prospettiva della concessione delle premialità sanzionatorie è sembrata immotivata. Peraltro, essa ha determinato un notevole differimento dell'incasso delle somme pretese, posto che il contribuente che ottiene un annullamento parziale non ha alcun interesse a corrispondere prontamente il tributo ridimensionato se non gli viene concessa una riduzione sulle sanzioni.

Per queste ragioni, nel 2015 è stato esteso il meccanismo di definizione agevolata delle sanzioni in caso di autotutela parziale, con una specifica previsione contenuta nell'art. 2-quater DL 564/94, e segnatamente il comma 1-sexies. La possibilità di prestare acquiescenza è, però, subordinata a due condizioni:

  • che il contribuente rinunci al ricorso;
  • che l'atto non risulti definitivo.

Tale assetto è stato confermato dalla riforma del 2023, nel contesto D.Lgs. 87/2024, in tema di revisione del sistema sanzionatorio amministrativo, che ha introdotto l'art. 17-bis D.Lgs. 472/97.

L'innovazione apportata dal Decreto correttivo

L'intervento del legislatore nel 2015 è apparso, tuttavia, non del tutto coerente rispetto agli obiettivi di incentivare le forme di compliance, posto che la possibilità di beneficiare del meccanismo della riduzione delle sanzioni a seguito di acquiescenza non comprende gli atti impositivi definitivi per mancata impugnazione da parte del contribuente, per i quali il Fisco è intervenuto “tardivamente” con un provvedimento di autotutela parziale.

Situazione, quest'ultima, che ha di fatto penalizzato i contribuenti che non si sono prontamente opposti in via giurisdizionale alla pretesa originaria del Fisco, ritenendo di affidarsi ad un rimedio amministrativo, qual è l'autotutela, anche perché intendevano far valere l'illegittimità o infondatezza di solo quella parte dell'atto impositivo affetta da errori palesi. Occorreva, quindi, “accompagnare” un eventuale provvedimento di annullamento parziale con un atteggiamento di favor verso l'adempimento spontaneo del contribuente, mediante la riduzione delle sanzioni.    

Ed ecco che il Decreto correttivo interviene aggiungendo il comma 1-bis, all'art. 17-bis D.Lgs. 472/97, consentendo di prestare acquiescenza agli atti definitivi oggetto di annullamento parziale, con il beneficio della riduzione delle sanzioni.

Una apertura significativa, ma non definitiva. La norma, infatti, riserva il meccanismo di definizione agevolata delle sanzioni al caso in cui l'istanza è presentata nei termini per proporre ricorso e non qualora essa si innesti su atti definitivi.

La relazione ministeriale non giustifica questa restrizione, ma si limita a decantare l'ampliamento del campo di applicazione degli istituti di definizione agevolata.

Osservazioni

Non è dato cogliere quale sia la logica di questa “punizione” nei confronti dei contribuenti che abbiano presentato tardivamente una istanza di autotutela, ma prima di aver pagato l'ammontare preteso, la cui fondatezza è riconosciuta dal Fisco con l'annullamento parziale. Sembra, infatti, che il Fisco voglia approfittare della “reazione” tardiva del contribuente, richiedendo il pagamento delle sanzioni integrali sia pur rapportate alla minore imposta.

Possiamo, però, denunciare che la proposta di modifica risulta incoerente con il regime dell'autotutela obbligatoria ex art. 10-quater L. 212/2000. Potrà accadere che, di fronte a un atto che contenga per alcune contestazioni “vizi manifesti”, si determini un obbligo di annullamento parziale, nonostante l'istanza sia presentata dopo i sessanta giorni ma entro un anno, tuttavia, se il contribuente intende aderire all'atto ridimensionato gli è preclusa la possibilità di beneficiare della riduzione delle sanzioni.

In presenza di un vizio grave dell'atto impositivo, credo che una maggiore attenzione all'atteggiamento di compliance del contribuente potesse essere riservata, quanto meno prevedendo un termine annuale entro cui proporre l'istanza di autotutela e concedendo il termine di sessanta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento di annullamento parziale per estinguere il debito con la definizione agevolata delle sanzioni.

Nel caso di autotutela facoltativa può, al limite, utilizzarsi l'argomento della “tardività” della proposizione dell'istanza per escludere la riduzione delle sanzioni correlata al pagamento di quanto preteso dal Fisco a seguito dell'annullamento parziale.

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