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giovedì 05/06/2025 • 09:20

Lavoro DALL'AGENZIA DELLE ENTRATE

Piani di azionariato diffuso: regime fiscale agevolato anche senza il top management

Nella Risposta ad interpello 4 giugno 2025 n. 147, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito finalità e criteri applicativi del regime fiscale agevolato per i piani di azionariato diffuso rivolti ai lavoratori: particolare focus sul concetto di "generalità dei dipendenti".

di Luca Furfaro - Consulente del lavoro - Studio Furfaro e Founder FL&Associati

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  • Tempo di lettura 7 min.
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Con la risposta all'interpello n. 147 del 4 giugno 2025, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sull'applicazione dell'art. 51 c. 2 lett g) TUIR, norma che disciplina il trattamento fiscale agevolato dei piani di azionariato diffuso rivolti ai dipendenti. Il quesito sollevato dalla società offre lo spunto per una riflessione ampia su finalità, requisiti e limiti dell'incentivazione azionaria dei lavoratori, ma anche per la definizione di generalità dei dipendenti.

Corporate citizenship e cultura dell'ownership

La società istante ha illustrato un piano di azionariato finalizzato a rafforzare il senso di appartenenza e coinvolgimento dei dipendenti, promuovendo la cosiddetta corporate citizenship e la cultura dell'ownership. In pratica, si mira a fidelizzare la popolazione aziendale trasformando i lavoratori in azionisti della stessa società in cui operano, rafforzando così il legame tra performance individuale e risultati collettivi. Tale misura appare oggi antesignana rispetto alla neonata L. 76/2025 sulla partecipazione dei lavoratori.

Per rendere concreto l'obiettivo di partecipazione, la società istante ha previsto l'assegnazione gratuita di azioni (in forma di matching e bonus share) a fronte di un investimento personale o della conversione del premio di produttività. L'iniziativa, quindi, si inserisce in un'ottica retributiva e motivazionale di lungo periodo, coerente con i moderni modelli di partecipazione attiva dei dipendenti alla vita d'impresa.

Il piano, come dichiarato nell'istanza, è rivolto all'intera popolazione aziendale, con l'unica eccezione dei lavoratori a tempo determinato e dei dirigenti con responsabilità strategiche (inclusi i direttori generali). L'esclusione del top management è motivata dall'esigenza di garantire coerenza con la remuneration policy approvata dal consiglio di amministrazione e soggetta alle disposizioni vincolanti dell'art. 123-ter del TUF e dell'art. 84-quater del Regolamento Emittenti Consob. In questo ambito si inserisce anche una netta distinzione tra quello che è l'azionariato generalizzato ed eventuali politiche di LTI connesse alla concessione di partecipazioni.

Il concetto di “generalità dei dipendenti”

L'elemento centrale del quesito riguarda la corretta interpretazione del requisito previsto dall'art. 51 c. 2 lett g) TUIR, secondo cui il valore delle azioni non concorre a formare reddito da lavoro dipendente se:

  • l'offerta è rivolta alla generalità dei dipendenti;
  • il valore annuo complessivo non supera 2.065,83 euro (in caso di superamento la parte eccedente sarà resa imponibile);
  • le azioni sono mantenute per almeno 3 anni.

Il quesito posto riguardava quindi la possibilità, posta l'esclusione dei dirigenti strategici e dei direttori generali di considerare comunque il piano rivolto alla generalità dei lavoratori dipendenti.

L'Amministrazione Finanziaria ha fornito in questo caso una risposta favorevole, affermando che l'agevolazione fiscale può trovare applicazione anche in presenza dell'esclusione del top management, a condizione che l'offerta sia comunque estesa a tutti i dipendenti a tempo indeterminato, senza discriminazioni arbitrarie fondate su mansioni, orario di lavoro o anzianità.

La risposta dell'Agenzia si fonda su un'interpretazione evolutiva e sistematica del concetto di “generalità” e richiama una nutrita serie di precedenti (Risoluzioni n. 129/2004, n. 378/2007, n. 55/E del 2020); concetto applicato e spesso richiamato anche per il welfare aziendale. Il principio guida, anche in questo caso, è quello di evitare un uso distorto dell'esenzione, che finirebbe per costituire un vantaggio fiscale ad personam.

L'Amministrazione riconosce che il concetto di “generalità” può essere interpretato in maniera funzionale e flessibile, includendo offerte rivolte a tutte le categorie di dipendenti, anche se non a ogni singolo lavoratore. Ciò è possibile purché vi sia coerenza e ragionevolezza nei criteri di esclusione, e non vi siano finalità elusive. Tale principio, ossia quello della ragionevolezza, viene spesso abbandonato anche dall'ente impositore, risulta però il fondamento per misure collettive che non devono conformarsi semplicemente a regole matematiche ma riuscire a contribuire collettivamente, differenziandosi dalle componenti retributive ad personam.

In questa chiave, l'Agenzia ritiene giustificata l'esclusione dei lavoratori a tempo determinato, coerente con la consolidata interpretazione secondo cui la "generalità" si riferisce ai dipendenti a tempo indeterminato (cfr. circolare INPS n. 11/2001, ris. Agenzia delle Entrate n. 3/E del 2002).

I dirigenti esclusi

In merito alla valutazione relativa all'esclusione dei dirigenti apicali, l'Agenzia ritiene legittima la stessa, alla luce dell'adozione da parte della società di un Piano LTI (Long Term Incentive) specifico per questa categoria, predisposto in osservanza della disciplina contenuta negli artt.123-ter del TUF e 84-quater del Regolamento Emittenti Consob. Tali norme prevedono stringenti criteri di trasparenza, approvazione assembleare e coerenza con gli obiettivi di sostenibilità e interesse aziendale.

In questo caso l'Agenzia riconosce che l'esclusione dalla misura generalizzata non è frutto di un'intenzione discriminatoria, bensì derivante da un diverso regime di incentivazione, con obiettivi e strutture retributive differenziate per il top management, coerentemente con le politiche di corporate governance della società.

Fonte: Risposta Agenzia delle Entrate n. 147 del 4 giugno 2205

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