giovedì 08/05/2025 • 06:00
La Cassazione, con ordinanza 5 maggio 2025 n. 11819, ha confermato che la comunicazione formale è presupposto necessario per invocare il consenso presunto del creditore alla trasformazione della società e alla liberazione dei soci illimitatamente responsabili delle obbligazioni contratte dalla società prima della trasformazione.
Nel caso in esame, la Corte d'Appello di Bologna ha ritenuto che il consenso alla trasformazione da parte del creditore possa considerarsi implicitamente dato, per via dell'emissione di fatture a nome della società trasformata, anche in assenza della prova della comunicazione della deliberazione della trasformazione, richiesta espressamente dall'art. 2500-quinquies c.c.
La Corte d'appello afferma che la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili di società trasformatesi in società di capitali per le obbligazioni sorte anteriormente alla trasformazione è disciplinata dall'art. 2500-quinquies, norma che prevede la permanenza dei debiti in capo ai soci illimitatamente responsabili, salvo che il creditore sociale abbia dato il proprio consenso alla trasformazione. Consenso da ritenersi presunto se il creditore, posto a conoscenza della trasformazione, non lo abbia espressamente negato entro i sessanta giorni successivi.
La Suprema Corte, con l'ordinanza n. 11819 del 5 maggio 2025, ribalta completamente tale principio. In primo luogo, è stato evidenziato che la norma dettata dall'art. 2500 quinquies c.c. dispone che la trasformazione di una società di persone in società di capitali non libera i soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sorte prima degli adempimenti di cui all'art. 2500 c. 3 c.c., se non risulta che i creditori sociali abbiano prestato il loro consenso alla trasformazione, presumendosi lo stesso solo se i creditori, ai quali la deliberazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi, non lo abbiano espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione. Detta comunicazione, deve avere come oggetto specifico la trasformazione della società. Ne consegue che, ai fini dell'operatività della presunzione di consenso, all'omessa comunicazione non possono supplire né la conoscenza acquisita aliunde della trasformazione da parte dei creditori, né l'invio di atti ai medesimi dai quali l'avvenuta trasformazione sia riconoscibile e neanche la notizia legale dell'avvenuta trasformazione che deriva dalla pubblicità della delibera.
A norma del primo comma dell'art. 2500-quinquies, l'assenza di consenso alla trasformazione implica l'esclusione della liberazione. Il secondo comma, dopo che, letta a contrario, la norma del primo comma, va intesa nel senso che vi dev'essere una manifestazione di consenso e, dunque, una sorta di rinuncia ad avvalersi della responsabilità, ammette solo una forma “tipizzata” d'espressione di consenso per facta concludentia, che è quella che indica: “il consenso si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscono la prova dell'avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione”.
Pertanto, in mancanza della comunicazione formale prevista dall'art. 2500 quinquies c.c. - "per raccomandata o con altri mezzi" - da parte della società, neanche è ipotizzabile l'attivazione del meccanismo di manifestazione implicita del consenso previsto dal c. 2, della norma in esame, tramite la mancata espressa opposizione dei creditori, per ritenere liberati i soci illimitatamente responsabili.
Con l'ulteriore conseguenza, a parere della Corte, che il ragionamento perorato dai ricorrenti, per la dimostrazione dell'intervenuta conoscenza da parte della società creditrice della trasformazione e della successiva mancata opposizione alla stessa, non risulta predicabile in assenza di una formale comunicazione intervenuta nei modi di legge, solo in presenza della quale è possibile attivare il meccanismo, temporalmente calibrato (sessanta giorni dalla comunicazione) per ritenere presunto il consenso del creditore alla trasformazione societaria (Cass. n. 17473/2023).
Da ciò consegue che, in mancanza della comunicazione formale prevista dall'art. 2500-quinquies “per raccomandata o con altri mezzi” da parte della società debitrice, neanche è ipotizzabile l'attivazione del meccanismo di manifestazione implicita del consenso previsto dal c. 2 della norma in esame, tramite la mancata espressa opposizione dei creditori, per ritenere liberati i soci illimitatamente responsabili.
Conclusioni
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha confermato ancora una volta la tesi secondo cui il consenso dei creditori, ancorché non sia stato espressamente manifestato, «si presume», purché siano state rispettate le formalità previste dalla norma in commento.
Tra queste formalità, vi è l'invio di una comunicazione da parte della società di cui è destinatario il singolo creditore. Detta comunicazione attiva il processo funzionale a rendere possibile la liberazione dei soci illimitatamente responsabili ed è volta a fornire al creditore una facile cognizione dell'operazione straordinaria di trasformazione. Essa costituisce, quindi, l'elemento essenziale di un processo che va tenuto ben distinto da quello della pubblicità della decisione di trasformazione nei pubblici registri. Ai fini dell'operatività della presunzione, infatti, non è sufficiente la semplice iscrizione della decisione di trasformazione nel registro delle imprese, né la mera conoscenza o conoscibilità dell'operazione che il creditore abbia ottenuto aliunde (Cass. 3 aprile 2008 n. 8530).
Fonte: Cass. 5 maggio 2025 n. 11819
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