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lunedì 17/02/2025 • 06:00

Impresa Dalla Cassazione

Crediti prededucibili sorti in corso di fallimento e super-prededuzione

Non si configura una super-prededuzione a vantaggio dei crediti prededucibili sorti in corso di fallimento rispetto a quelli sorti nel corso della procedura di concordato preventivo nell'ipotesi di consecuzione tra le procedure. Lo ha chiarito la Cassazione n. 3187 pubblicata l'8 febbraio 2025.

di Valentina Gismondi - Avvocato in Milano Studio legale Edoardo Ricci – Avvocati

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I dottori Tizio, Caio e Sempronio, ammessi in prededuzione privilegiata allo stato passivo del Fallimento Alfa per prestazioni rese nella procedura di concordato preventivo (prima omologato e poi risolto) propongono reclamo ai sensi dell'art. 36 L.Fall. avverso il progetto di ripartizione parziale depositato, che contemplava un pagamento in favore dei creditori ammessi in prededuzione per prestazioni professionali rese al Fallimento e nessun pagamento in favore dei reclamanti. Ciò nonostante vi fosse un attivo ripartibile di circa 3.6 milioni di euro, a fronte di crediti prededucibili maturati durante il concordato preventivo di circa 2 milioni di euro e durante la successiva procedura di 280.000 euro circa.

I professionisti, in particolare, lamentano la violazione del cd. principio di unicità delle prededuzioni sancito dall'art. 111 bis L.Fall. Il reclamo viene rigettato dal Giudice delegato, così come successivamente il Tribunale di Cagliari respinge il reclamo ai sensi dell'art. 26 L.Fall.

Sulla non configurabilità di una sorta di “super-prededuzione” dei crediti sorti in corso di fallimento rispetto a quelli derivanti dal concordato preventivo, in particolare, il Tribunale osserva che:

  • se è pur vero che la categoria dei crediti prededucibili ai sensi dell'art. 111 L.Fall. è da considerarsi unitaria, altrettanto vero è che un'acritica adesione alla suddetta tesi comporterebbe la destinazione dell'intero attivo alla soddisfazione dei crediti prededucibili maturati nel corso della procedura di concordato preventivo, facendo così venire meno le risorse per far fronte ai costi sorti per la prosecuzione della procedura fallimentare;
  • occorre, dunque, uno sforzo ermeneutico per verificare se il dato positivo permetta, o addirittura imponga, di assegnare rilievo prioritario ai crediti prededucibili sorti durante la procedura fallimentare;
  • la risposta affermativa si ricaverebbe dal combinato disposto del 3° e del 4° comma dell'art. 111 L.Fall. laddove si attesterebbe la specialità della categoria dei crediti prededucibili maturati in corso di fallimento, rispetto a quelli sorti anteriormente. Infatti, sempre secondo l'interpretazione offerta dal Tribunale, solamente crediti prededucibili “sorti nel corso del fallimento” potrebbero essere soddisfatti “al di fuori del procedimento di riparto”, mentre quelli maturati anteriormente dovrebbero in ogni caso soggiacere alle regole del riparto e, per l'effetto, essere soddisfatti dopo i primi;
  • un'interpretazione in tal senso sarebbe confermata anche in virtù di ulteriori previsioni contenute nella legge fallimentare, gli artt. 110 e 113 (il primo, nella parte in cui impone al curatore di presentare un prospetto di riparto delle somme disponibili “riservate quelle occorrenti per la procedura”; il secondo, nella parte in cui prevede che la percentuale ripartibile dell'80% possa essere ridotta in funzione dell'esigenza di soddisfare “spese future e ogni altro debito prededucibile” sorto nel corso del fallimento), nonché in altre disposizioni “satellitari” quali gli artt. 144 e 146 del t.u. spese di giustizia e l'art. 57 c. 6  bis del t.u.f.

I professionisti impugnano il provvedimento con ricorso straordinario per Cassazione sulla scorta di due motivi. Il primo - qui di interesse - per lamentare l'assenza di una “super-prededuzione” a vantaggio dei crediti prededucibili sorti in corso di fallimento rispetto a quelli sorti nel corso della procedura di concordato preventivo.

L'ordinanza della Corte di Cassazione

Con il provvedimento in commento la Cass.  n. 3187 pubblicata l'8 febbraio 2025 accoglie il primo motivo ritenendolo fondato.

La Suprema Corte parte dal seguente assunto: l'ammissione in prededuzione privilegiata sia dei crediti dei professionisti sorti in virtù del concordato, sia dei crediti analoghi sorti nel successivo fallimento. Nessuna collocazione differenziata delle due categorie di creditori, dunque.

In questa prospettiva solamente una specifica disposizione normativa avrebbe potuto consentirne una collocazione differenziata nel progetto di ripartizione.

Sul punto, la Corte non condivide le conclusioni del Tribunale, che individua nel combinato disposto del 3° e de 4° comma dell'art. 111 bis L.Fall. una “super-prededuzione” dei crediti sorti nel corso del fallimento rispetto a quelli sorti nella precedente procedura di concordato. Né rinviene negli artt. 110 e 113 L.Fall. negli artt. 144 e 146 del t.u. spese di giustizia e nell'art. 57 c. 6 bis del t.u.f. un'ulteriore conferma in tal senso.

Quanto all'art. 111 bis L.Fall., la norma detta una disciplina unitaria per i “crediti prededucibili”, con alcune peculiarità in ordine all'accertamento nel c. 1 (laddove quelli non contestati per collocazione e ammontare non devono essere accertati con le modalità di cui al capo V) e al riparto nel c. 3 (laddove quelli sorti nel corso del fallimento, liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e ammontare possono trovare soddisfazione al di fuori del procedimento di riparto). Ma la condizione che sottrae quei creditori al contraddittorio con i creditori concorsuali e concorrenti non deriva dalla procedura in cui sono sorti - quella fallimentare o quella precedente concordataria - bensì dall'esistenza di un attivo sufficiente a soddisfare l'intera categoria dei creditori prededucibili.

La Corte di Cassazione non condivide, poi, l'interpretazione fatta dal Tribunale delle disposizioni “satellitari” della legge fallimentare che condurrebbe all'individuazione della “super-prededuzione”. Tanto il c. 1 dell'art. 110 L.Fall. quanto il c. 2 dell'art 113 L.Fall., ad esempio, esprimono la necessità di sottrarre alle ripartizioni parziali le disponibilità ritenute necessarie per affrontare in futuro le spese di procedura e gli ulteriori crediti prededucibili.

Rimane, dunque, valida secondo l'interpretazione offerta dalla Corte di Cassazione, la regola generale secondo cui “la distribuzione dell'attivo in favore di tutti i creditori prededucibili deve necessariamente avvenire secondi i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge”.

La Corte di Cassazione, in conclusione, sollecita un interessante spunto di riflessione sull'inefficienza “ingenerata da una lettura troppo ampia del beneficio della prededuzione” e, al riguardo, porta l'attenzione sui tentativi di porvi rimedio esercitati dalle Sezioni Unite con riguardo alle procedure regolate dalla legge fallimentare e dal legislatore con riferimento alle procedure regolate dal codice della crisi e dell'insolvenza.

La prima, con la pronuncia n. 42093/2021, ha affermato il principio secondo cui è riconosciuta la natura prededucibile del credito del professionista “incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l'accesso al concordato preventivo” anche nel successivo fallimento, a condizione che la relativa prestazione sia stata funzionale, ai sensi dell'art. 111 c. 2 L. Fall., alle finalità della prima procedura, “contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio "ex ante" rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa” e che “il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell'art. 163 L.Fall.”

La seconda, con la previsione dell'art. 6 lett. c) del CCII, che ha riconosciuto la prededucibilità ai “crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 47”.

Entrambi i tentativi sono all'evidenza volti a contenere l'eccessivo proliferarsi della prededuzione in danno ai creditori concorsuali e, al contempo, ad assicurare la stabilità della prededuzione a quei professionisti che hanno contribuito alla conservazione e all'incremento dei valori aziendali.

Fonte: Cass. 8 febbraio 2025 n. 3187

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