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giovedì 24/10/2024 • 06:00

Fisco Dalla Cassazione

L’errore materiale della compensazione in F24 è emendabile

I Giudici di legittimità, con sentenza 22 ottobre 2024 n. 27332, hanno esteso al Modello di versamento F24 la propria precedente giurisprudenza sul tema dell'emendabilità delle dichiarazioni d'imposta, le quali sono modificabili se e in quanto esternazioni di scienza non aventi natura negoziale.

di Andrea Carinci - Professore ordinario Università di Bologna e patrocinante in Cassazione

di Adriana Patumi - Dottoressa, praticante Studio legale Carinci Rasia

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  • Tempo di lettura 7 min.
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Con sentenza n. 27332 del 22 ottobre 2024, la Corte di cassazione si è pronunciata sul tema dell'emendabilità e ritrattabilità del modello di versamento F24, estendendo allo stesso la propria giurisprudenza sul tema della modificabilità delle dichiarazioni rese dai contribuenti ai fini fiscali, ribadendo sulla scorta della propria precedente giurisprudenza come la rettifica di quest'ultime sia un elemento decisivo per la definizione delle controversie vertenti sull'annullamento degli atti impositivi ad esse collegati.

La questione giuridica sottesa alla decisione

La questione giuridica sottoposta all'attenzione dei Giudici di legittimità, in particolare, traeva origine dalle vicende di una società contribuente, la quale aveva impugnato dinanzi alla CTP di Messina un avviso di recupero riguardante un credito di imposta per incremento dell'occupazione relativo all'anno 2003, ritenuto dall'Agenzia delle Entrate indebitamente utilizzato.

Nel ricorso, la contribuente deduceva la presenza di uno sbaglio in cui era incorsa in sede di compilazione del modello F24: la società, infatti, aveva erroneamente compensato il credito tributario per investimenti in luogo del credito IVA 2002, formalmente indicato con un codice riferibile al diverso credito per occupazione.

Nonostante la contribuente si fosse resa conto dell'errore materiale commesso e avesse provveduto successivamente alla rettifica, le sue doglianze avverso l'avviso di recupero di cui era risultata destinataria venivano respinte sia dal Giudice di primo grado sia da quello in appello. In particolare, la CTR della Sicilia motivava la propria decisione rilevando come il credito d'imposta, a fronte di un'utilizzabilità del 10%, fosse stato compensato in misura eccedente il limite; inoltre, veniva considerata irrilevante la rettifica operata dalla società ed intervenuta successivamente al suddetto utilizzo indebito, non avendo il credito IVA indicato dalla contribuente, ad avviso del Giudice di secondo grado, alcuna incidenza sul provvedimento oggetto di ricorso.

I motivi di doglianza

La società provvedeva, pertanto, a sottoporre la questione alla Corte di cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 10 L. n. 212/2000 e dell'art. 17 L n. 241/1990.

In particolare, veniva osservato come la compensazione, anche orizzontale (in relazione a debiti contributivi) sia una possibilità consentita dall'ordinamento, così come l'emendabilità degli errori materiali commessi in sede di compilazione dei modelli di versamento, ragione per cui i Giudici di merito avrebbero dovuto prendere atto della rettifica operata dalla contribuente.

Le doglianze della società sono state accolte dalla Suprema Corte.

La decisione della Corte

La Cassazione, infatti, richiamando la propria precedente giurisprudenza sul tema, ha affermato che la dichiarazione del contribuente affetta da errore commesso nella redazione, sia esso di fatto o di diritto, è emendabile e ritrattabile, qualora dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che dovrebbero essere posti a suo carico in base alla legge.

Tale affermazione, ha evidenziato la Corte, poggia sul principio secondo cui le dichiarazioni rese dal contribuente ai fini fiscali non hanno natura di atto negoziale e dispositivo, bensì recano una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Nel caso di specie, pertanto, l'errore commesso dalla società e la rettifica successivamente intervenuta sono elementi suscettibili di considerazione preliminare rispetto alla valutazione riguardante la compensazione indebita dei crediti operata dalla sentenza impugnata.

Nonostante la commistione di termini utilizzata dalla Cassazione nella motivazione, bisogna tenere presente come l'F24 non rappresenti tanto una dichiarazione d'imposta, quanto un modello di versamento che, sebbene dipendente da quest'ultima, non trova in essa esatta corrispondenza: comunque, l'estensione operata dalla Corte pare quanto mai opportuna.

Si ricordi che il principio di diritto ribadito nella pronuncia in esame, volendosi attenere all'orientamento di legittimità fino ad ora espresso da quest'ultima, non è valevole nel caso in cui il contribuente intenda modificare le opzioni dallo stesso esercitate in sede dichiarazione, alle quali viene attribuita, diversamente dalla compensazione dei crediti, natura negoziale.

La Suprema Corte, infatti, ha avuto modo di affermare più volte come nelle ipotesi da ultimo citate trovi applicazione il principio di diritto comune di cui all'art. 1428 c.c., rubricato “Rilevanza dell'errore”, secondo il quale “L' errore  è causa di annullamento del contratto quando è essenziale ed è riconoscibile dall'altro contraente”. Pertanto, graverebbe sul contribuente, qualora intenda procedere alla modifica di una propria precedente manifestazione di volontà, l'onere di dimostrare la rilevanza dell'errore con riguardo sia al requisito dell'essenzialità, sia a quello dell'obiettiva riconoscibilità dello stesso da valutarsi secondo la diligenza che può e deve essere richiesta agli uffici accertatori (cfr., ex multis, Cass. n. 7294/2012). Si segnala, comunque, come la giurisprudenza di legittimità abbia (anche di recente) ammesso il diritto del contribuente a presentare dichiarazione integrativa in caso di mancata fruizione di un beneficio fiscale, emendando il relativo errore di fatto o di diritto, se imputabile all'obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa (Cass. ord. n. 14889/2024).

Fonte: Cass. 22 ottobre 2024 n. 27332

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