mercoledì 29/11/2023 • 06:00
L'amministrazione finanziaria, tramite la Risposta n. 469 dello scorso 28 novembre, ha chiarito come comportarsi se, in luogo della sospensione di imposta, viene applicato il regime IVA ordinario.
redazione Memento
In sede di risposta a interpello n. 469, l'Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza sugli effetti e i rimedi esperibili in caso di erronea applicazione del regime ordinario IVA in luogo della sospensione d'imposta con riguardo al trasferimento di carburanti per motori autotrazione . Come noto, tali trasferimenti da un deposito fiscale ad un altro, in regime di accisa sospesa, rientrano sempre nel regime previsto dall'art. 1 c. 939 L. 205/2017, che prevede la sospensione nell'applicazione dell'IVA. Come, infatti, già ribadito dalla prassi, è principio assodato che la cessione dei prodotti all'interno di un deposito o da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale, o verso un destinatario registrato esercente deposito commerciale, non deve essere assoggettata ad IVA. In tale contesto, riferendosi al caso di specie riguardante una cessione a catena di carburante con erronea applicazione del reverse charge, l'amministrazione finanziaria ha chiarito che: in ipotesi di inversione contabile applicata ad operazioni non imponibili o comunque con imposta che non è da versare, ma erroneamente ritenute imponibili, la presentazione di una dichiarazione integrativa (art. 8 c. 6-bis DPR 322/98) è necessaria, ma di per sé non sufficiente, dovendosi comunque accompagnare alle dovute rettifiche delle annotazioni effettuate in precedenza ed al versamento della sanzione (eventualmente ridotta tramite ravvedimento), trattandosi di dichiarazione complessivamente, ma non esclusivamente, ''a favore'' del contribuente. In tal senso, infatti, la Ris. AE 24 dicembre 2020 n. 82/E chiarisce che solo «la presentazione di una dichiarazione integrativa interamente a favore del contribuente non è soggetta ad alcuna sanzione. È, invece, dovuta la sanzione amministrativa da 250 euro a 2.000 euro qualora la dichiarazione integrativa sia presentata per correggere errori od omissioni sia a favore che a sfavore del contribuente ed il risultato finale della stessa sia comunque rappresentato da un maggior credito. In tale ipotesi, infatti, risulta integrata la violazione sanzionata dall'art. 8 D.Lgs. 471/97 (Violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni).»; in assenza di specifica previsione del legislatore, lo strumento principale (e generale) per rimediare ad errori in sede di fatturazione è la nota di variazione (nello specifico, in diminuzione) di cui all'art. 26 DPR 633/72, risultando l'art. 30-ter DPR 633/72 una norma residuale ed eccezionale, la quale trova applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che hanno impedito l'emissione della nota. Sotto questo profilo, nel caso in esame, fermo restando lo spirare del termine per l'emissione di una nota di variazione (i.e. «un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile»), le Entrate hanno rilevato come lo specifico chiarimento sulla possibile collocazione anche all'estero dei depositi fiscali sia intervenuto solo con una recente risposta resa all'istante (Risp. AE 21 novembre 2023 n. 465). Per l'amministrazione finanziaria, dunque, a fronte del comportamento tenuto in via prudenziale dall'istante, l'attuale impossibilità di emettere una nota di variazione in diminuzione non dipende da una colpevole inerzia dell'istante stessa, risultando pertanto applicabile la disposizione di cui all'art. 30.ter c. 1 DPR 633/72 e, quindi, la possibilità di chiedere la restituzione dell'imposta non dovuta, «a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima» (avvenuto, secondo quanto rappresentato, il 15 dicembre 2021); la necessità del recente chiarimento in merito alla compravendita di carburanti con passaggio degli stessi da un deposito fiscale estero ad uno nazionale, di cui al punto precedente, per l'amministrazione finanziaria dà conto di una preesistente incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione dell'art. l, cc. 937 e ss. L 205/2017, tale da escludere, almeno in capo all'istante, l'applicazione delle sanzioni; la restituzione di somme indebitamente percepite a rimborso deve essere accompagnata dalla corresponsione dei relativi interessi che, in assenza di iniziative dell'Ufficio, possono individuarsi nella misura del 2% annuo con decorrenza dalla indebita percezione. Fonte: Risp. AE 28 novembre 2023 n. 469
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