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giovedì 19/10/2023 • 06:00

Lavoro A rischio la pianificazione dei distacchi

Regime impatriati: le novità del Decreto delegato fiscalità internazionale

Le modifiche al regime degli impatriati prospettate dal Decreto attuativo sulla fiscalità internazionale generano interrogativi sulle strategie di assunzione e di distacco in Italia da parte dei datori di lavoro. Rimane incerto se sarà prevista una salvaguardia effettiva per i lavoratori che si sono trasferiti in Italia nel 2023.

di Marcello Ascenzi - Dottore commercialista

+ -
  • Tempo di lettura 6 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Il regime degli impatriati costituisce un'iniziativa fiscale finalizzata ad incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori provenienti dall'estero, attraverso una rilevante riduzione del reddito imponibile di lavoro per un periodo determinato, subordinato al soddisfacimento di specifiche condizioni.

L'agevolazione fiscale ha fornito una leva di notevole rilevanza per i datori di lavoro, fornendo loro un efficace strumento per l'attrazione di lavoratori con esperienza internazionale e agevolando la pianificazione delle assunzioni e distacco transnazionale in Italia, grazie alla possibilità di offrire un salario netto più elevato sfruttando il regime di favore.

Tuttavia, le prospettate modifiche contenute nel decreto legislativo per l'attuazione della delega di riforma in materia di fiscalità internazionale, mettono in crisi molte pianificazioni in essere.

Le nuove regole prevedono requisiti più stringenti per accedere al regime nonché un minore beneficio fiscale per l'anno 2024, rispetto a quanto attualmente previsto. Ciò inciderà in maniera rilevante sulle assunzioni in corso, su quelle pianificate, nonché sui distacchi di personale dall'estero che i datori di lavoro dovranno comprendere prontamente.

Nuove regole dal 2024

Il nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati, secondo quanto previsto dall'art. 7 del richiamato Decreto legislativo approvato preliminarmente, prevede che i redditi di lavoro dipendente, assimilati, di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza, ai sensi dell'art. 2 del TUIR, entro il limite di 600.000 euro concorrono alla formazione del reddito complessivo per il 50% del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • i lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei 3 periodi d'imposta precedenti il trasferimento e si impegnano a risiedere fiscalmente nel territorio dello Stato per almeno 5 anni, a pena di decadenza;
  • l'attività lavorativa viene svolta nel territorio dello Stato in virtù di un nuovo rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all'estero prima del trasferimento nonché da quelli appartenenti al medesimo gruppo;
  • l'attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d'imposta nel territorio dello Stato;
  • i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal D.Lgs. 108/2012 e dal D.Lgs. 206/2007.

La durata del regime è di 5 anni, decorrenti dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale e nei 4 periodi successivi.

Principali modifiche per i dipendenti

Le nuove regole prevedono dall'anno 2024 condizioni più restrittive e un minor beneficio rispetto a quanto attualmente previsto, come riepilogato nella seguente tabella che contrappone i caratteri del nuovo regime, in vigore dal 2024, e quello attualmente vigente.

Nuovo regime impatriati applicabile dal 2024

Regime impatriati regole in vigore nel 2023

I lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei 3 periodi d'imposta precedenti il trasferimento

I lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei 2 periodi d'imposta precedenti il trasferimento.

Il limite al reddito massimo agevolabile pari a 600.000 euro

Nessuna limitazione per i redditi di lavoro dipendente.

L'agevolazione consiste nella riduzione del reddito di lavoro al 50% dell'imponibile.

Il reddito non tassabile varia tra il 70% e 90%, distinguendo tra trasferimenti nelle regioni del centro nord e sud d'Italia rispettivamente.

L'attività lavorativa viene svolta nel territorio dello Stato in virtù di un nuovo rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all'estero prima del trasferimento nonché da quelli appartenenti al medesimo gruppo.

La precedente disposizione nulla prevedeva, anche se la prassi portava ad escludere l'applicazione in caso di continuità con il precedente rapporto di lavoro, specie in caso di rientro dopo un distacco.

Possesso di requisiti di elevata qualificazione e specializzazione

Requisito non richiesto dalla precedente disciplina.

Durata di 5 anni non prorogabili

Durata di 5 anni prorogabili di altri 5 in presenza di determinate condizioni

Permanenza in Italia per almeno 5 anni, a pena di decadenza.

Permanenza per almeno 2 anni.

Svolgimento dell'attività lavorativa prevalentemente in Italia.

Svolgimento dell'attività lavorativa prevalentemente in Italia.

Dubbi aperti sulla clausola di salvaguardia

Aspetto da chiarire riguarda l'eventuale clausola di salvaguardia per i lavoratori rientrati prima dell'introduzione delle nuove regole. Le nuove disposizioni stabiliscono che il nuovo regime si applica a favore dei soggetti che conseguono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2024. L'effetto dell'entrata in vigore delle nuove regole è l'abrogazione del precedente regime, disciplinato dall'art. 16 del D.Lgs. 147/2015, a partire dal 1° gennaio 2024.

Tuttavia, le nuove disposizioni prevedono che le regole precedenti continueranno ad applicarsi ai soggetti che hanno acquisito la residenza fiscale in Italia entro il 31 dicembre 2023.

Rimane da chiarire se a livello interpretativo, oppure in sede di approvazione finale della disposizione in commento, sia consentito salvaguardare i dipendenti che, trasferiti in Italia nella seconda metà del 2023, acquistano la residenza fiscale nel 2024.

Questi dipendenti potrebbero aver pianificato con il datore di lavoro il loro trasferimento in Italia e l'inizio dell'attività lavorativa tenendo conto dei benefici fiscali, che rischiano di sfumare se si seguisse una lettura letterale e restrittiva della normativa.

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