mercoledì 16/08/2023 • 06:00
La violazione del contraddittorio preventivo riveste carattere esclusivamente formale, sicché l’Ufficio può colmare tale “gap” mediante la riemissione degli atti impositivi. Questo importante principio di diritto è contenuto nell’ordinanza della Cassazione del 19 luglio n. 21236.
La questione
La fattispecie in controversia prende spunto da una Società che, nel periodo tra giugno e luglio 2010, riceveva ben 33 avvisi di rettifica dell'accertamento, con cui le veniva ingiunto di pagare maggiori diritti doganali in relazione ad operazioni di importazione dal 2007 al 2010 da altra Società, ubicata negli Emirati Arabi Uniti, di code di gamberi congelate dichiarate di origine emiratina, mentre, invece, a seguito di indagini esperite dall'Olaf, s'era appurato trattarsi di merce proveniente dall'India.
L'Amministrazione finanziaria ha, dunque, ingiunto all'operatore economico il pagamento dei maggiori diritti doganali, nonché ha irrogato, separatamente, come da prassi, atti di contestazione sanzioni, ai sensi dell'art. 303 DPR 43/73 (TULD).
Gli avvisi venivano impugnati dalla contribuente che, sia in primo che in secondo grado, risultava parte vincitrice, con sentenza passata in giudicato, per la mancata concessione, da parte dell'Ufficio, del termine necessario per l'espletamento del contraddittorio preventivo, di cui all'art. 12 comma 7 della L. 212/2000 (Statuto del contribuente).
Con l'unico motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c. e dell'art. 303 TULD.
Instaurata la controversia, i Giudici rilevano che la C.T. Reg. ha ritenuto che il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento degli avvisi di rettifica abbia determinato la consumazione del potere impositivo.
Sottolineano invece gli Ermellini che il potere dell'amministrazione di provvedere in via di autotutela all'annullamento d'ufficio o alla revoca degli atti illegittimi è riconosciuto dall'art. 2-quater c. 1 DL 564/94, conv. con mod. dalla L. 656/94.
In particolare, a ben vedere, l'Ufficio, a seguito dell'annullamento degli avvisi di rettifica, era legittimato ad emettere un secondo avviso di accertamento sostitutivo del primo, atteso che non erano ancora trascorsi i termini di decadenza di cui all'art. 43 DPR 600/73. Ed invero, la permanenza in capo all'Agenzia del potere impositivo consentiva in ogni caso alla stessa il nuovo esercizio del potere e, contestualmente, il successivo passaggio in giudicato della citata sentenza non ha determinato né il venir meno della pretesa tributaria di cui agli avvisi riemessi né la validità delle relative sanzioni applicate, in quanto direttamente connessi ad una violazione contestata ed indiscutibilmente esistente.
Sotto il profilo normativo, evidenzia la Suprema Corte, l'art. 43 DPR 600/73 consente l'esercizio del potere di autotutela sostitutiva solo qualora la nullità sia di natura formale […] ed il caso in esame vi rientra pienamente, attesa la natura evidentemente formale dell'errore in cui è incorso l'Ufficio, in relazione all'onere di instaurare il preventivo contraddittorio nelle controversie doganali, sicché, nessun ostacolo impediva all'amministrazione, entro i relativi termini decadenziali, di riesercitare il potere impositivo in relazione ai medesimi presupposti di fatto.
Conclusioni
Nell'impostazione della C.T. Reg. il citato potere sostitutivo è stato malamente esercitato siccome "ab origine" "la violazione ascrivibile all'Ufficio" sarebbe "di natura sostanziale in quanto imposta ai fini della validità della corretta instaurazione del contraddittorio e, quindi, di tutto il procedimento accertativo".
Secondo la Suprema Corte, la C.T. Reg. è incorsa in un errore interpretativo, posto che gli iniziali avvisi sono stati bensì annullati, ma per ritenuta violazione dell'art. 12 c. 7 L. 212/2000, la quale, riguardando l'inosservanza del contraddittorio procedimentale, assume rilievo esclusivamente formale.
Se così è, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T. Reg., era in potestà dell'amministrazione porre rimedio a tale inosservanza con la riemissione degli avvisi nel rispetto dell'art. 12 c. 7 L. 212/2000.
In conclusione, la Corte di Cassazione enuncia il seguente principio di diritto: in tema di diritti doganali, l'annullamento, in via di autotutela, di avvisi di rettifica dell'accertamento per ragioni esclusivamente procedimentali (riguardanti nella specie la ritenuta violazione dell'art. 12 c. 7 L. 212/2000), cui abbia fatto seguito, in relazione alla medesima pretesa, la riemessione degli avvisi emendati del vizio, non comporta il travolgimento delle sanzioni irrogate, con atti separati, in conseguenza degli originari avvisi, giacché il nuovo esercizio del potere impositivo ristabilisce il collegamento ontologico tra accertamento e relativa sanzione.
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