mercoledì 26/07/2023 • 06:00
Con l'entrata in vigore del Decreto Lavoro, la contrattazione collettiva assume un ruolo centrale nella scelta delle causali da inserire nei contratti a termine. Come sono intervenuti in materia di contratti a tempo determinato i principali CCNL?
A distanza di quasi cinque anni dalla reintroduzione delle causali nei contratti a termine, apportata tramite il c.d. Decreto Dignità (DL 87/2018), il Legislatore ha deciso di modificare ulteriormente le tipologie di macro-ragioni necessarie in caso di instaurazione di un primo rapporto di lavoro a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi, ovvero in caso di rinnovo con tali tipologie contrattuali flessibili. Ai sensi dell'art. 41 bis del Decreto Sostegni bis era stato già modificato l'art. 19 D.Lgs. 81/2015, in base al quale era possibile, sino al 30/09/2022, stipulare contratti a termine di durata superiore a 12 mesi e non eccedente i 24 mesi in presenza di specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all'art. 51 D.Lgs. 81/2015. Il Decreto Lavoro (DL 48/2023 conv. in Legge 85/2023), al fine di semplificare il testo normativo per il superamento della sopra citata scadenza del 30/09/2022, non solo ha abrogato il comma 1.1. dell'art. 19 D.Lgs. n. 81/2015, ma soprattutto ha riformulato la disciplina prevista dal citato art. 19 andando, di fatto, a sostituire le condizioni e limitazioni introdotte dal Decreto Dignità. Tale modifica è stata prevista dall'art. 24, c. 1, 1-bis e 1-ter, del Decreto Lavoro, in vigore dal 5 maggio 2023, il quale, per far fronte alle esigenze di flessibilità rappresentate dalle aziende, ferma restando la possibilità della stipula di un contratto acausale di durata non superiore a 12 mesi, ha sostituito le causali presenti nell'art. 19 D.Lgs. 81/2015 con le seguenti: specifiche esigenze previste dai contratti collettivi, anche di secondo livello (territoriali o aziendali); in caso di mancata previsione da parte della contrattazione collettiva, specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti e comunque entro il 30 aprile 2024; esigenze di sostituzione di altri lavoratori. È stato poi previsto che la specificazione delle causali, oltre che in caso di proroga, è necessaria anche in caso di rinnovo e che sia per le proroghe che per i rinnovi, ai fini del computo del termine di 12 mesi, si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023. Intervenendo, inoltre, sull'art. 21, c. 1, D.Lgs. 81/2015, è stato disposto che il contratto può essere prorogato e rinnovato liberamente nei primi 12 mesi. Cosa prevedono le nuove causali Con il Decreto Lavoro il Legislatore ha previsto quindi nuove causali per i contratti a termine al fine di eliminare alcune rigidità che impedivano un utilizzo di tale tipologia contrattuale oltre la soglia del primo anno, con la sola eccezione dei rapporti nati per sostituire i lavoratori assenti, affidando alla contrattazione collettiva di ogni livello la possibilità di individuare le condizioni da apporre al contratto a termine una volta superata la soglia dei 12 mesi. Si ricorda che i contratti collettivi che saranno abilitati alla tipicizzazione delle causali sono quelli espressamente previsti dall'art. 51 D.Lgs. 81/2015 ovvero i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA/RSU. La prima causale “Specifiche esigenze previste dai contratti collettivi” concede la possibilità alla contrattazione collettiva di stabilire le esigenze per le quali il datore di lavoro può avviare un rapporto di lavoro a tempo determinato. Bisogna precisare che l'individuazione di “specifiche esigenze” da parte della contrattazione collettiva non abilita, in automatico, l'azienda ad avviare rapporti di lavoro a tempo determinato, bensì il datore di lavoro deve, necessariamente, valutare se tali ipotesi siano coerenti con il contesto aziendale e siano oggettivamente verificabili al fine di evitare il contenzioso. Qualora la contrattazione collettiva non abbia disposto le casistiche o non richiami le ipotesi previste dalla legge o ancora abbia previsto causali poi scadute, sino al 30/04/2024 potranno essere le parti ad individuare “specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva” da inserire all'interno del contratto individuale di lavoro, al fine di giustificare l'apposizione di un termine al rapporto di lavoro. È probabile che tale termine sia stato apposto al fine di consentire alla contrattazione collettiva, soprattutto nazionale, di individuare le specifiche esigenze che giustifichino il rapporto oltre i 12 mesi iniziali di acausalità, affinchè le OO.SS. adempiano alla delega normativa in tempi abbastanza rapidi. Ovviamente, i contratti e le proroghe con causale concordati, che verranno stipulati entro il 30/04/2024, potranno dispiegare i propri effetti anche in data successiva. La terza causale, ulteriormente residuale, potrà essere di natura sostitutiva. In pratica, il datore di lavoro potrà apporre un termine al contratto di lavoro qualora il lavoratore venga assunto in sostituzione di un altro dipendente, assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro. Esempi di contrattazione collettiva La novità normativa affida quindi ampio spazio alla contrattazione collettiva a cui viene concessa la possibilità di stabilire specifiche causali utili alla flessibilità. Per quanto riguarda, ad esempio, il CCNL Metalmeccanica, il CCNL Commercio Terziario e il CCNL Tessili Industria, gli attuali testi risultano allineati alla disciplina in vigore del contratto a termine e, pertanto, in attesa del recepimento da parte dei CCNL, sarà possibile andare oltre il termine dei 12 mesi con un eventuale accordo collettivo aziendale stipulato con le RSA/RSU, qualora presenti; ovviamente in assenza delle RSA/RSU, subentrerà la volontà delle parti per indicare le specifiche esigenze previste dalla seconda causale. I CCNL che sono invece intervenuti specificando gli ambiti di applicazione del contratto a tempo determinato sono, ad esempio, il CCNL Artigianato Alimentazione-panificazione, il CCNL Cartai e cartotecnici ed anche il CCNL Edilizia Industria, il quale prevede che per la stipula di contratti a termine oltre i primi 12 mesi sono utilizzabili le seguenti causali: nuovo cantiere; proroga appalti; assunzione di giovani fino a 29 anni o persone con più di 45 anni; assunzione di cassintegrati; assunzione di disoccupati e inoccupati da almeno sei mesi; assunzione di donne di qualunque età, senza impiego retribuito da almeno sei mesi, residenti in aree geografiche il cui tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% di quello maschile. Conclusioni Negli anni di vigenza della vecchia causale prevista dal D.Lgs. 368/2001 “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, il contenzioso legato al disconoscimento della motivazione indicata nel contratto individuale rappresentava circa l'80% di tutte le vertenze attivate sui contratti a tempo determinato volte a richiedere la trasformazione in rapporti a tempo indeterminato. Per le prime due causali introdotte dal Decreto Lavoro si pone senza dubbio la necessità di declinare le casistiche e le esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva per non correre il rischio di incorrere, in caso di contenzioso, nell'annullamento del contratto a termine e nella sua conversione in contratto a tempo indeterminato. Di conseguenza, nel momento in cui si sceglie di inserire una specifica causale, sarà necessario chiarire per iscritto, in modo chiaro e comprensibile, le ragioni che si ravvisano per l'apposizione della stessa. È probabile che tale situazione si ripeterà anche utilizzando la causale stabilita tra le parti ai sensi dell'art. 24 del Decreto Lavoro, in quanto la formulazione è alquanto conforme e non si ritiene verosimile che, pur prevedendo la norma che le specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva debbano essere “individuate dalle parti”, il lavoratore possa essere inibito dal ricorrere al Giudice del Lavoro per il semplice fatto di aver individuato, in condivisione con il datore di lavoro, l'ipotesi stabilita nel contratto individuale.
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Elena Cannone
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