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martedì 19/07/2022 • 06:00

Fisco Dalla Cassazione SS.UU.

Obbligo di motivazione degli interessi nelle cartelle di pagamento

Se la cartella è l'atto con cui si reclama per la prima volta il pagamento degli interessi, questa deve indicare, oltre all’importo richiesto, la norma relativa agli interessi reclamati, che può anche essere desunta dalla tipologia e dalla natura degli interessi richiesti o dal tipo di tributo.

di Paola Sabatino - Dottore commercialista

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  • Tempo di lettura 7 min.
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In base a quanto sancito dall'art. 3 L. 241/90, la cartella di pagamento, al pari della generalità dei provvedimenti amministrativi, deve essere motivata. Sul punto sembra doveroso evidenziare che, quanto sopra si collega all'art. 12 c. 3 DPR 602/73, il quale dispone che il ruolo deve contenere il riferimento dell'eventuale precedente accertamento oppure, in mancanza, la motivazione sintetica della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all'iscrizione. Il succitato art. 12, nella sostanza, impone la motivazione quando il ruolo costituisce il primo atto di esternazione della pretesa. Quando, invece, il ruolo è successivo ad un avviso di accertamento, la disposizione in esame richiede soltanto l'indicazione degli elementi indicativi dell'atto. Si tratta, peraltro, di una disposizione contenuta nell'art. 7 L. 212/2000, il quale dispone che “gli atti dell'Amministrazione Finanziaria sono motivati secondo quanto previsto dall'art 3 L. 241/90, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione”. Il c. 3, del medesimo articolo prevede poi che, sul titolo esecutivo, va riportato il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.  

In merito a quanto finora esposto la Cassazione ha in molte occasioni espresso i propri principi, adottando soluzioni differenti a seconda della controversia oggetto di contenzioso.

Da ultimo la Corte di Cassazione con la sentenza Cass. 14 luglio 2022 n. 22281, si è pronunciata in tema di obbligo di motivazione della cartella di pagamento relativamente agli interessi richiesti per ritardato pagamento dei tributi.

Caso

La questione trae spunto dall'impugnazione di una cartella di pagamento emessa per il pagamento di imposte ipocatastali non pagate, oltre agli interessi sulle somme accertate. Tale carico fiscale era stato iscritto a ruolo sulla base di un precedente avviso di liquidazione. Il prodromico provvedimento impositivo era stato impugnato dai contribuenti con esito favorevole innanzi alle Commissioni Provinciali di primo e secondo grado. Successivamente, la Commissione Tributaria Centrale aveva accolto il gravame dell'Ufficio e rigettato il ricorso dei contribuenti. Nell'impugnare la cartella di pagamento, questi ultimi assumevano l'incertezza assoluta circa il credito fatto valere dall'Amministrazione Finanziaria in ragione del suo contenuto motivazionale carente, con specifico riferimento alle modalità di calcolo degli interessi applicati dall'Agente della Riscossione, nonché ai relativi tassi operati in un arco temporale di oltre trent'anni. La CTP di Roma respingeva il ricorso con sentenza impugnata innanzi alla CTR del Lazio che, confermava la pronuncia impugnata. Secondo il giudice di appello le somme indicate nella cartella corrispondevano a quelle riportate nell'originario avviso di liquidazione, convertite in euro e maggiorate degli interessi dovuti per legge, calcolati al tasso legale, non risultando che l'Ufficio avesse applicato un tasso superiore a quello di legge né che la cartella fosse viziata da anatocismo.

Sulla base della predetta sentenza, i contribuenti presentano ricorso per Cassazione lamentando l'insufficiente motivazione della sentenza impugnata. Deducono, inoltre, la nullità della cartella di pagamento in ragione dell'omessa motivazione sulle basi di calcolo degli interessi legali e delle singole aliquote applicate per le varie annualità, nonché del metodo eseguito nella determinazione delle somme richieste e del periodo di riferimento. Difatti a parere degli stessi, non sarebbe possibile comprendere le modalità seguite nella quantificazione degli interessi applicati all'imposta dovuta, degli interessi di mora e delle somme aggiuntive, per omessa indicazione delle relative basi di calcolo e delle percentuali applicate per ogni annualità. Infine, viene denunciata la violazione del diritto di difesa in quanto, nella cartella impugnata mancherebbe un prospetto analitico e sintetico idoneo a rendere palesi e quindi contestabili i medesimi elementi afferenti alle modalità, ai tassi e ai criteri seguiti dall'Ufficio nella determinazione degli interessi.

Decisione

Con ordinanza interlocutoria, la quinta sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto sussistenti le condizioni per la rimessione della causa al Primo Presidente affinché valutasse l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione che è destinata a riproporsi in numerose controversie.

Nell'ordinanza interlocutoria, erano richiamate alcune pronunce affermative circa la sussistenza di un obbligo di motivazione sugli interessi rispetto ad ipotesi di cartella successiva a pregresso giudicato formatosi esclusivamente sul debito fiscale. Ulteriori precedenti avevano ritenuto carente la motivazione di una cartella in cui sono reclamati interessi indicati in cifra globale, senza individuazione del criterio di calcolo e senza specificazione delle singole aliquote prese a base delle varie annualità.

Indirizzi che, secondo la Corte remittente, avrebbero richiesto una riconsiderazione complessiva del tema da parte delle Sezioni Unite della Cassazione.

Orbene, a parere della Suprema Corte, con riferimento alle ipotesi nelle quali l'atto prodromico determinativo del debito fiscale non abbia reclamato gli interessi e sia l'emittente della cartella ad intimare per la prima volta il pagamento dell'obbligazione di interessi, occorre senz'altro che la pretesa per interessi sia giustificata attraverso l'individuazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a base della stessa. In questo caso sarà dunque necessario (e sufficiente) che la cartella rechi, anche per relationem, l'indicazione del debito d'imposta e del quantum di interessi richiesto, nonché la decorrenza degli stessi e la base normativa che consenta al contribuente di individuare la natura degli interessi reclamati, la quale può variare non soltanto in funzione della tipologia dell'imposta, ma anche delle modalità prescelte dall'Ufficio e dal momento al quale si riferisce la pretesa.

Nell'esaminare una circostanza diversa, ovvero l'ipotesi in cui la cartella segua un atto prodromico nel quale sono già stati computati gli interessi per il ritardato pagamento, i Giudici sottolineano che la cartella di pagamento svolge la funzione di avviare la fase di riscossione coattiva dei tributi e il quantum reclamato a titolo di interessi, vuoi perché definitivamente confermato quanto alla sua legittimità in sede giudiziale o comunque ivi rideterminato in maniera in tutto o in parte difforme rispetto all'originaria richiesta di interessi formulata dall'Ufficio.

Pertanto, la motivazione in tali casi non imporrà alcun onere aggiuntivo al soggetto emittente la cartella, se non il riferimento, diretto e specifico, all'atto fiscale e/o alla sentenza che lo ha reso definitivo, trovando nella quantificazione degli interessi, quanto a decorrenza e modalità di calcolo, la sua fonte nell'atto prodromico.

A parere degli Ermellini, in assenza di una ulteriore specificazione di una diversa tipologia di interessi richiesti rispetto a quanto già indicato a titolo di interessi nell'atto prodromico, la cartella di pagamento non dovrà che limitarsi ad attualizzare il debito di interessi già individuato in modo dettagliato e completo nell'atto genetico. Sarà semmai onere del contribuente contestare la quantificazione degli interessi operata in cartella ove risulti incoerente rispetto all'originaria pretesa per interessi, evidenziandone in tutto o in parte la non conformità rispetto al contenuto dell'obbligazione degli interessi determinata nell'atto genetico e sarà, per l'effetto, compito del giudice tributario acclarare il reale contenuto dell'obbligazione azionata con la cartella.

Fonte: Cass. SU 14 luglio 2022 n. 22281

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