lunedì 11/07/2022 • 06:01
All'indomani delle elezioni per la presidenza del CNDCEC, la delimitazione della responsabilità degli organi di controllo nelle società di capitali e le specializzazioni dei professionisti sono le prime questioni affrontate da Elbano de Nuccio. Nell'intervista a Quotidiano Più le sue considerazioni e uno sguardo al futuro dei commercialisti.
Presidente, è intervenuto sulla revisione della responsabilità civile degli organi di controllo societario, quali conseguenze vede per il professionista? Conseguenze pesanti e emblematiche della necessità di metter mano al più presto ad una delimitazione della responsabilità degli organi di controllo nelle società di capitali, problema che abbiamo sottoposto nelle scorse settimane all’attenzione della Ministra della giustizia Cartabia e al Sottosegretario Sisto. Molti colleghi si stanno progressivamente allontanando dagli incarichi di sindaco perchè non intendono esporre la propria reputazione professionale alla azione risarcitoria che il tempo ha mostrato essersi purtroppo delineata. Dato che è stata molto accentuata l’importanza e la qualificazione della funzione di sindaco, la funzione deterrente è andata ben oltre gli auspici del legislatore e ciò anche perché c’è stata una deriva giurisprudenziale che ha attribuito di fatto mai provati poteri impeditivi al collegio sindacale, tali da generare una sorta di “responsabilità oggettiva”. La attuale assenza di qualunque limite ha prodotto e produce reiterate situazioni distorte, soprattutto in sede di procedure concorsuali, laddove si riscontra troppo spesso che una delle principali fonti dell’attivo è data dal presumibile realizzo delle azioni risarcitorie esperite nei confronti degli unici soggetti che, per Legge, sono assistiti da copertura assicurativa: i professionisti componenti degli organi di controllo. La distorsione è anche favorita dalla frequentissima incapienza dei patrimoni degli amministratori, responsabili diretti dei danni causati ai creditori. La responsabilità diretta rimane così priva di risarcimento, che viene invece a generarsi tramite azioni legali nei confronti di chi ha una copertura assicurativa e dunque una possibilità di far fronte alle pretese risarcitorie, ancorché generate dall’agire di altri soggetti e per il solo asserito e quasi mai provato fatto di non aver esercitato tutte le possibili azioni per impedire tale agire. Mi pare evidente come da questo quadro emerga con chiarezza la necessità di intervenire sui limiti da porre alla responsabilità. Quali sono le sue aspettative rispetto all’interlocuzione con la Ministra Cartabia e l’Onorevole Sisto? Alla Ministra e al Sottosegretario abbiamo inviato un’istanza estremamente dettagliata sulle problematiche presenti in questo ambito. Sono fiducioso sulla possibilità che, grazie alla loro sensibilità non solo politica e istituzionale, ma anche tecnica, il tema possa essere affrontato in maniera costruttiva. Stiamo ponendo una questione che riguarda certo l’attività dei commercialisti, cui bisogna dare garanzie, ma il tema è molto più generale e investe l’efficace funzionamento degli organi di controllo, un baluardo che va difeso nell’interesse generale della collettività. Non si tratta di una tensione ad evitare responsabilità per il proprio operato, bensì della necessità per il professionista coinvolto di poter agire in un perimetro leggibile dei confini in cui la discrezionalità del proprio operato sia ritenuta legittima sul momento e anche successivamente. Tutto ciò senza mai mettere ovviamente in discussione i requisiti di responsabilità professionale, anche deontologici oltre che risarcitori, che debbono restare assolutamente fermo presidio di legalità. Quale soluzione propone a tutela dei commercialisti che sempre meno accettano incarichi da sindaco, costringendo il professionista a gestire solo adempimenti? Al Ministero abbiamo chiesto di aprire un tavolo di confronto anche con i suoi uffici tecnici, per individuare una revisione normativa equilibrata che introduca innanzitutto una migliore delimitazione della responsabilità degli organi di controllo, anche in ottica della riforma delle norme penali fallimentari, ma anche una soluzione tecnica per una determinazione quantitativa al danno risarcibile, come già avvenuto nella esperienza di altri Paesi europei. Una soluzione che può a nostro avviso ricondursi alla tecnica dei multipli dei compensi attribuiti. Scadenze fiscali sempre più numerose e le specializzazioni dei commercialisti. Quali priorità suggerisce per una reale riforma della professione? Il tema delle scadenze fiscali ci riconduce al tema generale di quale assetto dare al fisco del nostro Paese, nella speranza che la riforma attualmente in Parlamento non si limiti alla semplice manutenzione ordinaria, ma abbia il coraggio di fornire quelle risposte coraggiose e innovative che la situazione economica straordinaria, che purtroppo stiamo vivendo proprio in questi mesi, richiederebbe. Nel frattempo, stiamo già lavorando con l’Agenzia delle Entrate ad una razionalizzazione del calendario e degli adempimenti fiscali. Ma se mi chiede quali siano le priorità cui lavorare per delineare il futuro della professione, io credo che le specializzazioni siano il tema dirimente. Il rapporto annuale sulla professione pubblicato recentemente dalla nostra Fondazione nazionale, ci mette di fronte ad una realtà non del tutto tranquillizzante. Se negli ultimi due anni il numero degli iscritti e tirocinanti ha ripreso a crescere lentamente, il bilancio sul lungo periodo resta preoccupante: diminuiscono gli abilitati, diminuisco i tirocinanti, diminuiscono i giovani, diminuisce il numero di imprese e di abitanti per commercialisti. Cresce l’offerta e diminuisce la richiesta, in un mercato professionale evidentemente asfittico. In questo scenario le specializzazioni possono essere una risposta efficace, uno strumento attraverso il quale conferire competenze tecniche distintive, che ci rendano cioè riconoscibili perché competenti. Abbiamo avviato con il ministero dell’Università e della Ricerca una interlocuzione per la sottoscrizione di un protocollo che preveda un percorso di riconoscimento accademico all’attività formativa specialistica dei commercialisti. Una prima tappa del percorso che spero ci porti in tempi ragionevoli ad ottenere le specializzazioni.
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