
lunedì 22/12/2025 • 06:00
Un emendamento al DDL Bilancio 2026 sembrerebbe cambiare la norma sui dividendi introducendo soglie di salvaguardia per le partecipazioni oltre il 5%. Il peso del riequilibrio finanziario si sposta sulle banche, attraverso una riduzione della deducibilità delle perdite, e sul settore assicurativo, con un inasprimento dell'aliquota sulle polizze infortuni per i conducenti.
La retromarcia sui dividendi: una scelta pro-investimento
Uno dei nodi più intricati dell'attuale manovra finanziaria riguardava la "Participation Exemption" (PEX), ovvero il regime che storicamente esenta dall'IRES la quasi totalità dei dividendi percepiti dalle società. L'ipotesi iniziale di una stretta generalizzata aveva sollevato forti preoccupazioni nel mondo industriale e nelle holding di famiglia, poiché rischiava di innescare una pesante doppia tassazione sugli utili.
L'ultimo correttivo sembrerebbe però aver cambiato rotta, rendendo la stretta fiscale estremamente selettiva. La tassazione integrale dei dividendi sarà d'ora in poi limitata esclusivamente alle partecipazioni "pulviscolari", ossia quelle che non raggiungono la soglia del 5% del capitale sociale o che presentano un valore fiscale complessivo non superiore ai 500 mila euro. Questa soglia di sbarramento garantirebbe che le partecipazioni rilevanti e strategiche continuino a godere del regime di favore, preservando la competitività delle imprese italiane.
Tuttavia, questa scelta politica ha un prezzo altissimo per i conti pubblici. Il gettito previsto a regime, che inizialmente era stato stimato in circa un miliardo di euro, si ridimensionerebbe a soli 33 milioni di euro. Questa voragine finanziaria ha imposto una ricerca immediata di risorse alternative per non compromettere la stabilità del bilancio nazionale e rispettare i vincoli europei.
Banche: il rinvio delle deduzioni come leva finanziaria
Per colmare il vuoto lasciato dalla rinuncia alla tassa sui dividendi, il legislatore sembra aver scelto di agire sul settore bancario, intervenendo sulla tempistica di recupero delle imposte anticipate (DTA) legate alle perdite pregresse. Non si tratta di una nuova tassa in senso stretto, ma di una riduzione della quota di perdite che le banche possono portare in deduzione ogni anno per abbattere la propria base imponibile.
Nello specifico, per il 2026 la percentuale di deducibilità verrebbe tagliata dal 43% al 35%, mentre per il 2027 il calo sarebbe ancora più marcato, passando dal 54% al 42%. L'effetto per lo Stato sarebbe immediato: questo rinvio della deducibilità permetterebbe di incassare circa 600 milioni di euro nel prossimo biennio. Per gli istituti di credito, invece, si tradurrebbe in un anticipo di imposte che avrebbero altrimenti pagato più avanti, appesantendo i flussi di cassa nel breve periodo ma garantendo al contempo la copertura finanziaria necessaria alla manovra del Governo.
Assicurazioni: il rincaro sulle polizze infortuni al conducente
Il settore assicurativo non dovrebbe rimanere escluso dal piano di rientro. Il provvedimento sembra toccare una delle garanzie accessorie più comuni tra gli automobilisti italiani: la polizza infortuni del conducente, spesso abbinata alla normale RC Auto obbligatoria.
A partire dal 2026, l'aliquota applicata ai premi di queste polizze dovrebbe subire un incremento significativo, attestandosi al 12,5%. Si tratta di una misura che mira a generare un gettito strutturale di circa 100-115 milioni di euro all'anno. Un punto fondamentale per le compagnie e i consumatori è la clausola di non retroattività: l'aumento non colpirebbe i contratti già in essere o le annualità passate, ma diventerebbe operativo solo per le nuove emissioni e i rinnovi a partire dal 2026.
Il rischio evidente è che questo aggravio fiscale possa riflettersi sui premi finali pagati dai cittadini. Tuttavia, il Governo cerca di mitigare l'impatto stabilendo che le compagnie debbano agire con trasparenza, specificando nei preventivi l'incidenza della nuova aliquota.
Un incastro di saldi per la stabilità
Questa complessa operazione di "pesi e contrappesi" riflette la strategia del Ministero dell'Economia di non penalizzare eccessivamente il capitale produttivo e gli investimenti azionari, spostando l'onere sui settori che negli ultimi anni hanno mostrato una maggiore resilienza e margini di profitto elevati, come quello finanziario e assicurativo.
Il ritorno del gettito dei dividendi a cifre marginali è un segnale di distensione verso il mercato dei capitali, ma la necessità di reperire oltre mezzo miliardo di euro dalle banche conferma quanto sia stretto il margine di manovra fiscale attuale. L'equilibrio finale dovrà ora superare l'esame del Parlamento e dei mercati, che osservano con attenzione come queste misure influiranno sulla capacità degli istituti di credito di sostenere l'economia reale attraverso l'erogazione dei prestiti.
A questo punto si attende il testo definitivo ed ufficiale del Decreto.
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Stefano Mazzocchi
- Dottore commercialista e docente di diritto tributario, Università Statale di MilanoRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

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