
mercoledì 17/12/2025 • 06:00
La Circ. AE 16 dicembre 2025 n. 13/E illustra l'applicazione del regime transfrontaliero di franchigia IVA per le PMI che permette ai soggetti stabiliti in Italia di effettuare operazioni in esenzione IVA in altri Stati UE. Introdotta anche una procedura centralizzata presso le Entrate, con l'assegnazione del codice identificativo suffisso "EX" e l'obbligo di comunicazioni trimestrali.
Il panorama fiscale europeo per le piccole e medie imprese (PMI) è stato radicalmente modificato con l'entrata in vigore, a partire dal 1° gennaio 2025, del D.Lgs. 180/2024. Tale Decreto, emanato in attuazione della Direttiva (UE) 2020/285 (nota come "Direttiva franchigia per piccole imprese") e della Direttiva (UE) 2022/542, ha introdotto significative modifiche al DPR 633/72. L'elemento centrale di questa riforma è l'inserimento, all'interno del Decreto IVA, del nuovo Titolo V-ter, Capo I, rubricato Regime transfrontaliero di franchigia.
L'obiettivo esplicito del legislatore unionale è quello di attuare una «semplificazione globale per le piccole imprese che intende ridurre i loro oneri amministrativi ed aiutare a creare un contesto fiscale per favorire la crescita e lo sviluppo degli scambi transfrontalieri». Fino al 31 dicembre 2024, il regime di franchigia era limitato all'ambito "domestico," applicabile unicamente alle imprese stabilite nello Stato membro in cui l'IVA era dovuta. Con la nuova normativa, si assiste all'ampliamento dell'ambito territoriale del regime di franchigia, affiancando al livello "domestico" (in Italia il regime forfetario) il nuovo e cruciale livello "transfrontaliero".
L'Agenzia delle Entrate, con la Circ. AE 16 dicembre 2025 n. 13, delinea il quadro operativo del nuovo regime transfrontaliero di franchigia IVA.
Il funzionamento del nuovo regime e la questione della stabilità
In forza delle modifiche alla Direttiva IVA, gli Stati membri che adottano il regime di franchigia nazionale sono ora tenuti a concedere tale esenzione anche per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel loro territorio da soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro. Ciò significa che un soggetto passivo stabilito in Italia può effettuare operazioni attive in regime di franchigia, ad esempio, in Francia o Germania, pur non essendo ivi stabilito né identificato.
La nozione di soggetto "stabilito" è cruciale: è definito come il «soggetto passivo che ha stabilito la sede della propria attività economica in uno Stato membro dell'Unione europea», rendendo irrilevanti eventuali stabili organizzazioni in altri Stati ai fini del regime. L'Italia, in questo contesto, può rivestire il duplice ruolo di Stato di stabilimento (a cui si chiede l'autorizzazione per operare all'estero) e di Stato di esenzione (il Paese in cui un soggetto stabilito altrove opera in franchigia).
È fondamentale sottolineare che il regime transfrontaliero riguarda esclusivamente le operazioni attive (output), escludendo dal suo campo di applicazione le operazioni passive (input). Questa distinzione è essenziale, poiché il soggetto passivo ammesso al regime di franchigia:
Inoltre, se un soggetto in regime di franchigia si trova a essere debitore d'imposta in un altro Stato membro per particolari tipologie di acquisti (come acquisti intracomunitari o acquisti in reverse charge), potrebbe doversi identificare ai fini IVA in tale Stato di esenzione, indipendentemente dall'applicazione della franchigia sulle sue operazioni attive. L'Agenzia specifica che il nuovo numero d'identificazione "EX" si riferisce unicamente all'identificazione ai fini dell'applicazione del regime di franchigia per le sole operazioni in uscita.
Le due soglie di volume d'affari e i limiti di applicazione
Per accedere e mantenere il regime di franchigia transfrontaliero, il soggetto passivo è tenuto a rispettare un duplice requisito di volume d'affari annuo:
Il calcolo del volume d'affari annuo complessivo nell'Unione europea è definito in senso ampio, includendo «il valore totale annuo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, al netto dell'IVA, effettuate nel territorio dell'Unione europea nel corso di un anno civile». Alla determinazione del volume d'affari imputabile allo Stato di stabilimento (l'Italia) concorrono tutte le operazioni territorialmente rilevanti in Italia secondo le norme unionali, come ad esempio:
È importante ricordare che il regime non si applica alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi trasportati o spediti in un altro Stato membro, né ad altre cessioni di beni e prestazioni di servizi escluse dallo Stato di esenzione. È onere del soggetto passivo stabilito in Italia verificare eventuali preclusioni particolari previste dagli altri ordinamenti nazionali. Non è inoltre consentito applicare il regime di franchigia in modo selettivo: il soggetto passivo che sceglie il regime in un determinato Stato è tenuto ad applicarlo in relazione a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in quello Stato.
Il meccanismo del suffisso EX per gli operatori italiani
Per i soggetti passivi stabiliti in Italia che intendono avvalersi del regime di franchigia in uno o più Stati membri, l'Agenzia delle Entrate svolge il ruolo di Stato di stabilimento. L'accesso al regime in Stati diversi dall'Italia richiede l'espletamento di un'apposita procedura amministrativa.
Il punto focale è la Comunicazione preventiva (prior notification). Il soggetto passivo deve trasmettere all'Agenzia delle Entrate tale comunicazione per chiedere l'ammissione al regime e per indicare in quali Stati membri intende operare in franchigia. A seguito dell'iter di verifica dei requisiti, lo Stato di stabilimento attribuisce il codice identificativo utilizzabile per effettuare in esenzione le operazioni negli altri Stati membri: si tratta del suffisso "EX", il quale consente l'immediata individuazione dei soggetti che beneficiano del regime transfrontaliero.
L'identificazione con il suffisso EX avviene esclusivamente nello Stato membro di stabilimento. Non possono aderire al regime di franchigia transfrontaliero i soggetti stabiliti al di fuori dell'Unione europea, anche se operano tramite stabili organizzazioni in Stati membri. Il sistema, in linea con l'approccio dell'One Stop Shop (OSS), centralizza gli adempimenti: lo Stato di stabilimento è l'unico con cui il soggetto deve relazionarsi per l'attività ordinaria, occupandosi di ricevere la comunicazione preventiva e le successive comunicazioni trimestrali.
Obblighi di comunicazione, ritardi e cause di cessazione
Il regime transfrontaliero prevede l'obbligo di invio di comunicazioni trimestrali all'Agenzia delle Entrate (Stato di stabilimento) per tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate negli Stati di esenzione. Queste comunicazioni devono essere presentate entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento.
L'Agenzia delle Entrate ha stabilito procedure precise anche in caso di superamento delle soglie o di ritardi. In caso di ritardo nella presentazione della comunicazione trimestrale superiore a 30 giorni rispetto alla scadenza, o in caso di ritardo, anche inferiore, in due comunicazioni trimestrali consecutive, l'Agenzia informa gli Stati membri in cui il soggetto opera in franchigia, i quali possono sospendere temporaneamente le semplificazioni IVA connesse al regime.
La cessazione obbligatoria dal regime di franchigia in uno o più Stati membri scatta in due ipotesi principali:
Il superamento della soglia UE di 100.000 euro deve essere comunicato all'Agenzia delle Entrate entro 15 giorni lavorativi dalla data in cui è stata effettuata l'operazione che ha comportato il superamento. Qualora tale superamento si verifichi in concomitanza con il superamento anche della soglia del regime forfetario domestico (100.000 euro di incassi), il soggetto cessa di applicare sia il regime transfrontaliero sia il regime forfetario italiano.
L'Agenzia prevede inoltre la disattivazione del suffisso EX in caso di presunta cessazione dell'attività: ciò si verifica se sono trascorsi otto trimestri civili durante i quali sono state trasmesse comunicazioni trimestrali con importi a zero e non risultano trasmessi i dati delle operazioni verso soggetti stabiliti.
Controlli e la clausola di salvaguardia
Per assicurare la corretta applicazione del nuovo regime transfrontaliero, gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate potranno avvalersi degli strumenti di cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione europea in materia fiscale, disciplinati dal Regolamento (UE) n. 904/2010. Tale cooperazione amministrativa e lo scambio di informazioni sono essenziali per verificare la corretta applicazione del regime speciale.
A tutela del contribuente in questa fase di avvio e di transizione normativa, l'Agenzia delle Entrate introduce una fondamentale clausola di salvaguardia. Gli Uffici sono chiamati a valutare, caso per caso, la non applicabilità delle sanzioni, ai sensi dell'art. 10 c. 3 L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), qualora riscontrino condizioni di obiettiva incertezza in relazione a comportamenti difformi adottati dai contribuenti anteriormente alla pubblicazione della Circolare. Questo approccio riconosce la complessità del nuovo impianto normativo e offre una garanzia di non punibilità per le incertezze applicative iniziali.
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Claudia Iozzo
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