
lunedì 15/12/2025 • 11:01
Il 15 dicembre 2025, i commercialisti hanno pubblicato un documento di ricerca sui profili giuslavoristici della composizione negoziata della crisi. Lo studio evidenzia il mutamento di approccio introdotto dal Codice della Crisi che ha affiancato alla tradizionale tutela patrimoniale del lavoratore in quanto creditore anche la sua considerazione come tale.
redazione Memento
Un documento di ricerca pubblicato dai commercialisti il 15 dicembre 2025 analizza i profili giuslavoristici della composizione negoziata della crisi. Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (D.Lgs. 14/2019, o CCII) segna un decisivo cambio di rotta rispetto alla vecchia legge fallimentare (RD 267/1942). Se in passato la tutela del lavoratore si esauriva nel riconoscimento di una posizione creditoria privilegiata (ex art. 2751-bis c.c.), la nuova normativa, in attuazione della Direttiva Insolvency (UE) 2019/1023, ha introdotto una vera e propria "dimensione sociale".
Questo ampliamento della prospettiva di tutela riconosce che l'interesse del lavoratore non si limita al mero pagamento della retribuzione, ma si estende alla conservazione del posto di lavoro. La Direttiva Insolvency impone infatti ai quadri di ristrutturazione preventiva di tendere non solo a massimizzare il valore di recupero per i creditori, ma anche a impedire la perdita di posti di lavoro e del patrimonio immateriale rappresentato dalle competenze professionali.
Gli obblighi di informazione sindacale
Un elemento chiave del CCII è l'introduzione dell'obbligo generalizzato di informazione e consultazione sindacale. L'art. 4 c. 3 CCII, impone al datore di lavoro con più di quindici dipendenti di informare gli organismi di rappresentanza dei lavoratori sulle determinazioni rilevanti che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di dipendenti, anche solo riguardo all'organizzazione o alle modalità di svolgimento delle prestazioni. Questo dovere è attivo sia durante le trattative della composizione negoziata, sia nella predisposizione del piano nell'ambito di uno strumento di regolazione della crisi. L'obbligo, tuttavia, ha una portata residuale, applicandosi solo quando non siano previste diverse procedure informative dalla legge o dai contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi.
Il ruolo complementare della tutela occupazionale
Nonostante la nuova attenzione ai profili occupazionali, il fine ultimo della disciplina della crisi rimane la tutela degli interessi dei creditori. La salvaguardia dei posti di lavoro è considerata un obiettivo primario nella misura del possibile (art. 12 CCII e art. 84 c. 2 CCII per il concordato in continuità), ma non costituisce un requisito imprescindibile per l'accesso alle procedure.
In sostanza, l'interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro acquisisce rilevanza e può assumere un ruolo complementare e funzionale alla tutela del credito, soprattutto nelle procedure conservative. La continuità aziendale e il mantenimento dei livelli occupazionali vengono promossi dal legislatore, ma devono sempre risultare compatibili con l'esigenza primaria di assicurare la soddisfazione dei creditori e di evitare un pregiudizio ulteriore in caso di dissesto irreversibile.
Profili pre-crisi e ricadute pratiche
Il sistema mira a un'armonizzazione degli interessi tramite la tempestività. Sia l'art. 3 CCII che l'art. 2086 c. 2, c.c., impongono all'imprenditore di predisporre assetti organizzativi adeguati per la rilevazione dello stato di crisi. Intervenire in una fase precoce è visto come il mezzo per preservare il valore aziendale, recuperare la stabilità e conservare i posti di lavoro, garantendo così una soluzione aggregata di tutti gli interessi in gioco.
Inoltre, lo studio evidenzia che, in caso di trasferimento d'azienda nell'ambito della composizione negoziata, l'art. 14 CCII consente al cessionario di non subentrare nei debiti pregressi, inclusi quelli contributivi (in deroga all'art. 2560 c.c.), previa autorizzazione del tribunale e in funzione della tutela della continuità aziendale. Se da un lato ciò favorisce il risanamento, dall'altro solleva questioni in termini di tutela dei lavoratori, i cui debiti previdenziali rimarrebbero in capo al cedente, con un rischio per la loro posizione qualora il cedente non sia in grado di soddisfarli.
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