
venerdì 12/12/2025 • 06:00
Il 31 dicembre è l'ultimo giorno utile per l'Amministrazione finanziaria per notificare gli avvisi di accertamento relativi alle annualità rientranti nei termini ordinari di decadenza. L'adesione al CPB sposta la scadenza al 2026, mentre la sanatoria estende il potere di accertamento fino al 2028. Questo rende la decadenza variabile a seconda delle scelte di compliance del contribuente.
Le scadenze tra regimi premiali, CPB e sanatoria
L'approssimarsi del 31 dicembre 2025 porta con sé una scadenza che, almeno sulla carta, dovrebbe essere semplice da individuare: l'ultimo giorno utile per l'Amministrazione finanziaria per notificare gli avvisi di accertamento relativi alle annualità rientranti nei termini ordinari di decadenza. Tuttavia, come spesso accade nel diritto tributario contemporaneo, ciò che è semplice in astratto si complica notevolmente nella pratica. Il 2025 è infatti un anno in cui si sovrappongono regole diverse, regimi premiali, nuove forme di compliance e addirittura proroghe automatizzate collegate al Concordato Preventivo Biennale (CPB).
Il risultato è un quadro che, per essere correttamente compreso, richiede di andare oltre la semplice lettura dei termini normativi previsti dall'art. 43 DPR 600/73 per le imposte dirette e dall'art. 57 DPR 633/72 per l'IVA. Le norme continuano a stabilire che l'avviso debba essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione; ma, in concreto, lo spazio temporale effettivo a disposizione degli Uffici varia notevolmente in funzione delle scelte del contribuente.
I termini ordinari e l'intreccio di varie normative fiscali
Se si osservasse solamente la disciplina di base, la decadenza apparirebbe lineare: l'annualità 2019, dichiarata nel 2020, sarebbe accertabile fino al 31 dicembre 2025. Stessa scadenza per chi ha omesso di presentare la dichiarazione nel 2018, per l'anno di imposta 2017.
Lo stesso termine di decadenza vale per le annualità 2020 e 2021, a condizione di verificare la presenza di eventuali regimi premiali, come la riduzione di un anno per i soggetti con un punteggio ISA pari o superiore a 8, o la riduzione di due anni per i contribuenti che utilizzano esclusivamente strumenti di pagamento tracciati ai sensi dell'art. 3 D.Lgs. 127/2015.
In un sistema “statico”, la mappa delle scadenze si esaurirebbe a questo livello, con poche varianti e un'ampia prevedibilità. Ma il sistema attuale non è statico: al contrario, è attraversato da strumenti di compliance sempre più sofisticati, che rendono il calendario degli accertamenti più dinamico e direttamente influenzato dal comportamento del contribuente.
L'impatto del Concordato Preventivo Biennale sulla decadenza
L'introduzione del Concordato Preventivo Biennale (CPB), disciplinato dal D.Lgs. 13/2024, ha modificato profondamente il rapporto tra contribuente e potere accertativo. Per chi aderisce al CPB 2025-2026, il legislatore ha previsto un effetto automatico: i termini di accertamento che scadrebbero il 31 dicembre 2025 sono prorogati di un anno, slittando direttamente al 31 dicembre 2026.
Non si tratta di una proroga “eventuale”, né di un beneficio subordinato a particolari condizioni. Per il CPB 2025-2026, le norme di coordinamento collegate all'art. 34 D.Lgs. 13/2024 prevedono la proroga di un anno della decadenza degli atti in scadenza al 31 dicembre 2025.
È un effetto che, per la sua natura, sposta significativamente l'orizzonte temporale del rischio accertativo.
Ciò significa, ad esempio, che il periodo d'imposta 2019 – se appartenente a un contribuente aderente al CPB – diviene accertabile non più fino al 31 dicembre 2025, ma fino al 31 dicembre 2026, con un differimento da tenere bene a meno in caso di accertamenti futuri, teoricamente fuori dagli ordinari termini di decadenza.
La sanatoria da ravvedimento speciale: un nuovo termine “lungo” fino al 2027
Un ulteriore elemento di complessità è introdotto dall'art. 2-quater DL 113/2024, che ha previsto una sanatoria (in forma di ravvedimento speciale), destinata a incidere direttamente sulle scadenze accertative. Per i contribuenti che vi aderiscono, infatti, le annualità oggetto di regolarizzazione diventano accertabili fino al 31 dicembre 2028, a prescindere dal fatto che l'annualità sarebbe ordinariamente scaduta nel 2025 o nel 2026.
Il sistema crea dunque tre cerchi concentrici:
Dal punto di vista operativo, ciò comporta che contribuente e difensore debbano ripercorrere con grande attenzione le scelte fatte in sede dichiarativa, la posizione rispetto agli ISA, le condizioni di tracciabilità e l'eventuale adesione alle nuove forme di compliance.
Va precisato che il termine del 31 dicembre 2027 riguarda esclusivamente la sanatoria ex art. 2-quater DL 113/2024. Le successive proroghe introdotte per i contribuenti ISA aderenti al CPB 2025-2026 hanno comportato regole ulteriori, con ulteriore slittamento in avanti dei termini. In passato, per il CPB 2024–2025 la sanatoria portava i termini “solo” fino al 31 dicembre 2027. Tuttavia, la proroga attuale è più ampia ed è stata estesa fino al 31 dicembre 2028.
Le condizioni che possono modificare il termine anche senza CPB o sanatoria
Nella maggior parte dei casi, il 31 dicembre 2025 continuerà a rappresentare la data naturale di decadenza per:
Tuttavia, per i contribuenti che hanno aderito al CPB, queste stesse annualità si spostano automaticamente al 31 dicembre 2026, mentre per chi abbia optato per la sanatoria si proiettano addirittura al 2027.
Si comprende così che la domanda non è più “quale annualità scade nel 2025?”, bensì “quale annualità scadrebbe nel 2025 se il contribuente non avesse adottato strumenti premianti o deflattivi?”.
Il contribuente che, ad esempio, ha utilizzato soltanto strumenti tracciati nel 2021 si trova con un termine naturale di decadenza anticipato al 31 dicembre 2025, ma se aderisce al CPB tale termine si riallinea al 2026, con un effetto di ricompressione del beneficio competitivo della tracciabilità.
Il quadro si complica ulteriormente se si considerano altre circostanze che incidono sui termini, pur non essendo legate né al CPB né alla sanatoria.
Una dichiarazione integrativa, ad esempio, non riapre i termini per intero, ma estende il potere accertativo in relazione ai soli elementi oggetto di modifica. Ancora più delicato è il ruolo del contraddittorio endoprocedimentale, oggi rafforzato dall'art. 6-bis dello Statuto del contribuente: se lo schema di atto è notificato in modo da far ricadere i termini a difesa oltre il 31 dicembre, il termine di decadenza viene automaticamente posticipato, per evitare che il contraddittorio si trasformi in un ostacolo all'esercizio del diritto di difesa.
Vi sono poi ipotesi in cui i termini si allungano per ragioni sostanziali: è il caso degli investimenti e delle attività estere in Black List non dichiarate nel quadro RW, per i quali continua ad applicarsi il termine “lungo”, erede del raddoppio dei termini previsto originariamente dal DL 78/2009.
Fine anno 2025: la prima applicazione pratica di una molteplicità di istituti fiscali
L'incrocio tra regimi premiali, CPB e sanatoria produce un sistema in cui la scadenza del 31 dicembre 2025 diventa un punto di osservazione privilegiato per comprendere l'evoluzione del diritto tributario.
Da un lato, il legislatore incentiva i contribuenti che adottano comportamenti virtuosi o collaborativi, sia attraverso la tracciabilità dei mezzi di pagamento sia tramite gli ISA o l'adesione al CPB.
Dall'altro lato, queste stesse scelte producono effetti che non sempre il contribuente percepisce immediatamente, come il prolungamento del periodo di rischio accertativo.
Per il difensore, la questione assume un significato diverso ma complementare: la corretta ricostruzione dei termini di decadenza diventa un elemento centrale dell'impugnazione. La decadenza, infatti, non riguarda la “ragione” dell'accertamento, ma la sua “esistenza giuridica”: un atto notificato fuori termine non è un atto sbagliato, è un atto inesistente dal punto di vista del potere impositivo.
In conclusione, il 31 dicembre 2025 non è semplicemente un altro termine di fine anno: è un crocevia in cui si incontrano vecchie regole e nuovi strumenti di compliance, benefici premiali e proroghe implicite, sanatorie e contraddittorio rafforzato. Comprenderne il funzionamento significa padroneggiare non solo la norma, ma anche la logica evolutiva del sistema.
In questo scenario, la decadenza non perde la sua funzione di garanzia, ma diventa un istituto da interpretare alla luce delle scelte – talvolta consapevoli, talvolta implicite – compiute dal contribuente. È un campo in cui diritto sostanziale, procedura e strategia difensiva si intrecciano in modo sempre più complesso, ma anche sempre più determinante.
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Marco Ligrani
- Dottore commercialista in BariRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

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