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martedì 25/11/2025 • 06:00

Speciali DECRETO CORRETTIVO IRPEF-IRES

Interpelli: contributo dovuto solo per fattispecie particolarmente complesse

In tema di interpelli, il Decreto Correttivo IRPEF-IRES propone il concetto di pagamento di un contributo, già previsto dal precedente D.Lgs. 219/2023, vincolando il versamento del contributo a fattispecie “particolarmente complesse”, con criteri e importi demandati a un regolamento MEF.

di Sebastiano Stufano - Avvocato in diritto tributario, societario e penale finanziario in Milano

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La L. 111/2023, recante delega per la riforma fiscale, aveva già orientato il legislatore verso una razionalizzazione dell'istituto dell'interpello, con l'obiettivo dichiarato di ridurne il ricorso eccessivo e di incrementare, al contempo, l'emanazione di documenti interpretativi di carattere generale. In conseguenza di questo mandato, il D.Lgs. 219/2023, entrato in vigore il 18 gennaio 2024, aveva operato una vera e propria riscrittura dell'articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente.

La riforma 2023 aveva introdotto l'obbligo di versamento di un contributo per tutte le istanze di interpello, prevedendo che tale contributo fosse destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali. Tuttavia, tale previsione aveva sollevato obiezioni significative sia in ambito accademico che presso le associazioni professionali e gli ordini forensi, in quanto rischiava di configurarsi come un ostacolo all'accesso a uno strumento considerato essenziale per la tutela dei diritti dei contribuenti. La percezione diffusa era che l'introduzione di una tassa di accesso potesse scoraggiare il ricorso all'interpello soprattutto per i piccoli contribuenti e le piccole e medie imprese, creando disparità di trattamento.

Il Decreto Correttivo IRPEF-IRES: verso una soluzione bilanciata

Il Decreto Correttivo IRPEF-IRES, approvato dal CdM del 20 novembre 2025, ritorna su questa questione, operando una correzione di rotta che appare significativa dal punto di vista della filosofia legislativa.

La disposizione centrale, contenuta nell'articolo 13, punto 3, del decreto, recita che "la presentazione delle istanze di interpello, in relazione a fattispecie particolarmente complesse, è in ogni caso subordinata al versamento di un contributo".

La parola chiave è qui "particolarmente complesse": il contributo non è più universale, bensì limitato ai soli casi di elevata complessità.

Questa scelta rappresenta un tentativo di mediazione tra esigenze contrapposte.

Da un lato, il Governo intende mantenere l'obiettivo originario della riforma, cioè contenere il numero eccessivo di istanze di interpello e generare risorse per la formazione del personale dell'Agenzia delle Entrate. Dall'altro, accogliendo le critiche ricevute durante l'iter parlamentare, introduce una distinzione che dovrebbe consentire ai contribuenti con questioni di interpretazione ordinaria di continuare a usufruire della gratuità dello strumento.

Tuttavia, rimane aperta una questione cruciale: chi determinerà la complessità della fattispecie? La norma demanda a un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze la quantificazione della misura del contributo, considerando "la tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della tipologia d'interpello presentata". Questo rimando a un regolamento ministeriale, pur necessario per operare una graduazione equa, rappresenta anche una fonte potenziale di incertezza fino a quando il decreto non sarà emanato.

Le tipologie di interpello nel sistema riformato

La nuova disciplina mantiene le diverse tipologie di interpello già individuate dalla riforma 2023, ma le declina in modo differenziato rispetto all'obbligo di pagamento. Secondo l'articolo 11 dello Statuto, il contribuente può interpellare l'Amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a:

  • interpello interpretativo: l'applicazione delle disposizioni tributarie quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione;
  • interpello qualificatorio: la corretta qualificazione di una fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili;
  • interpello antiabuso: la disciplina dell'abuso del diritto in relazione a una specifica fattispecie;
  • interpello disapplicativo: la disapplicazione di disposizioni tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive del contribuente;
  • interpello probatorio: la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali;
  • interpello per i nuovi investimenti: la sussistenza delle condizioni relative ai crediti d'imposta per investimenti rilevanti.

Tra queste tipologie, l'interpello probatorio è generalmente considerato rientrante nella categoria delle questioni "particolarmente complesse" e rappresenta la fattispecie paradigmatica su cui si concentrerà l'applicazione della misura di pagamento. Ciò appare ragionevole, considerato che tale interpello presuppone una valutazione tecnica approfondita della sussistenza di determinati requisiti legali.

La consultazione semplificata come strumento alternativo

Un aspetto fondamentale della nuova architettura normativa è la previsione della consultazione semplificata, introdotta già dalla riforma 2023 e ribadita nel Correttivo 2025. Tale strumento rappresenta un'alternativa importante all'interpello tradizionale e offre una soluzione diversificata a seconda del profilo soggettivo del contribuente.

La consultazione semplificata è gratuita ed è riservata alle persone fisiche (anche non residenti) e ai contribuenti di minori dimensioni (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e società equiparate che applicano il regime di contabilità semplificata). Attraverso questo strumento, tali soggetti possono accedere a un'apposita banca dati della prassi amministrativa, arricchita di soluzioni interpretative e risposte fornite dall'Agenzia delle Entrate, potenzialmente ampliata mediante tecnologie di intelligenza artificiale. La consultazione semplificata rappresenta, in sostanza, un meccanismo di "interlocuzione rapida" che consente di ottenere orientamenti senza ricorrere all'interpello formale.

La logica sottesa a questa distinzione è chiara: i soggetti con minori dimensioni e capacità tecnica beneficiano di un accesso privilegiato e gratuito a una banca dati; gli altri contribuenti, che disposiamo di maggiori risorse e competenze interne, possono ricorrere all'interpello formale, con il rischio di dover sostenere il contributo nel caso di questioni complesse.

Il procedimento e i termini di risposta

Indipendentemente dall'obbligatorietà del contributo, la procedura di interpello mantiene le caratteristiche procedurali già consolidate. L'Amministrazione finanziaria ha l'obbligo di fornire una risposta entro 90 giorni dalla presentazione dell'istanza. Tale termine è sospeso nel periodo compreso tra il 1° e il 31 agosto di ogni anno e ogni volta che sia necessario richiedere un parere preventivo a un'altra amministrazione.

Una regola procedurale di cruciale importanza è il silenzio-assenso: quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto (con alcune eccezioni, come l'interpello relativo ai nuovi investimenti), il silenzio equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente. Questa disposizione rappresenta un elemento di bilanciamento significativo, in quanto consente al contribuente di non rimanere indefinitamente in uno stato di incertezza.

La risposta dell'Amministrazione è scritta e motivata e vincola ogni organo dell'amministrazione finanziaria con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza e limitatamente al richiedente. Un aspetto rilevante è che la risposta non è impugnabile, il che significa che il contribuente non può ricorrere al giudice amministrativo contro il contenuto della risposta; tuttavia, potrà sempre agire dinanzi al giudice tributario qualora ritenga che la risposta sia errata e l'Amministrazione contesti una posizione diversa.

La misura del contributo: parametri e incognite

Il Decreto Correttivo non specifica l'importo del contributo, rimettendo questa determinazione a un regolamento ministeriale. Il testo fornisce però i parametri che dovranno guidare la quantificazione:

  • tipologia di contribuente: le aliquote dovranno differenziarsi a seconda che si tratti di persone fisiche, piccole e medie imprese, grandi imprese o altre categorie;
  • volume di affari o ricavi: è ragionevole attendersi un'imposizione progressiva, con contributi proporzionati alle dimensioni economiche del contribuente;
  • tipologia d'interpello presentata: è prevedibile che gli interpelli ritenuti più complessi (ad esempio, quelli in materia di transfer pricing internazionale, di operazioni di riorganizzazione societaria, di regimi agevolati) comportino un contributo superiore rispetto a questioni di interpretazione più standard.

Fino a quando il decreto ministeriale non sarà emanato, rimane un'incertezza operativa significativa. I contribuenti che desiderano presentare un interpello per una fattispecie complessa non sanno ancora quale onere economico dovranno sostenere. Questa incertezza potrebbe generare un effetto dissuasivo, almeno fino al chiarimento della misura concreta.

Le criticità ancora aperte

Nonostante il tentativo di mediazione del Decreto Correttivo, rimangono alcuni aspetti problematici.

Come si determinerà concretamente la complessità di una fattispecie?

La norma demanda al regolamento ministeriale, ma è ragionevole interrogarsi sulla possibilità che l'Agenzia delle Entrate, in sede di istruttoria, possa formulare valutazioni ex post sulla complessità, ponendo il contribuente dinanzi a una richiesta di contribuzione inaspettata.

Un'altra questione riguarda il rapporto tra consultazione semplificata e interpello: sarà sufficiente la banca dati a risolvere la gran parte dei quesiti, oppure la sua utilità risulterà limitata?

Se la banca dati si rivelerà poco informatica o non aggiornata, il requisito di consultazione preliminare rischierà di divenire una procedura vuota.

Inoltre, la non impugnabilità della risposta all'interpello rimane una limitazione importante alla tutela del contribuente. Sebbene il silenzio-assenso costituisca una salvaguardia, il contribuente che riceva una risposta negativa sulla questione presentata non potrà farsi giustizia dinanzi al giudice amministrativo, ma dovrà attendere un eventuale accertamento dell'Agenzia e ricorrere al giudice tributario.

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