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martedì 11/11/2025 • 06:00

Speciali DDL BILANCIO 2026

Stock option: deducibilità legata al momento del pagamento effettivo

Il DDL Bilancio 2026 introduce una disciplina unificata per la deducibilità fiscale dei costi legati ai piani di stock option cash-settled, subordinandola al momento del pagamento effettivo. Viene interrotta la simmetria tra valori contabili e fiscali, sollevando criticità in termini di coerenza sistemica e impatti sull'imponibile IRES.

di Marco Nessi - Dottore Commercialista e Revisore Legale

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L'art. 32 DDL Bilancio 2026 prevede l'introduzione di un pacchetto di norme sperimentali finalizzate a razionalizzare, in via transitoria, alcune specifiche modalità di determinazione del reddito d'impresa. L'intervento, limitato al periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025, anticipa i principi e criteri direttivi previsti dagli artt. 6 e 9 Legge delega 9 agosto 2023, n. 111, e si colloca all'interno del percorso di revisione sistemica della fiscalità d'impresa che l'ordinamento italiano sta affrontando in questi anni.

Una delle disposizioni più tecnicamente rilevanti di questo pacchetto è quella contenuta al comma 1, lettera b), che incide sul trattamento fiscale dei costi connessi ai piani di stock option regolati per cassa (ovvero i c.d. cash-settled).

La disciplina fiscale delle stock option prima della Legge di Bilancio 2026

Fino all'intervento della Legge di Bilancio 2026, la disciplina fiscale delle stock option era strutturata su un regime differenziato in funzione della modalità di regolamento del piano. In particolare:

  • per i piani equity-settled (ovvero quelli regolati mediante l'assegnazione di strumenti rappresentativi del capitale quali azioni o opzioni su azioni), la deducibilità dei relativi costi era già regolata dall'art. 95 c. 6-bis TUIR. In particolare questa norma prevedeva la deducibilità dei costi esclusivamente al momento dell'effettiva assegnazione ai beneficiari, e nella misura corrispondente a tale assegnazione;
  • per i piani cash-settled (ovvero quelli che prevedono la corresponsione di un importo in denaro collegato al valore di strumenti rappresentativi di capitale) il trattamento fiscale non era disciplinato in modo esplicito dalla norma primaria, ma rinviava alla disciplina secondaria contenuta nell'art. 6 DM 8 giugno 2011. In base a questa disposizione, i costi imputati a conto economico in conformità all'IFRS 2 erano considerati deducibili secondo il principio di derivazione rafforzata, a prescindere dall'effettivo pagamento.

Novità introdotte dal DDL Bilancio 2026

L'art. 32 c. 1 lett. b) DDL Bilancio 2026 prevede il superamento di questa impostazione e l'introduzione di una regola unificata per entrambe le tipologie di piani. In particolare, è previsto che anche per i piani cash-settled, deliberati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025, la deducibilità fiscale dei costi potrà avvenire solo al momento del pagamento effettivo e nella misura effettivamente sostenuta. La disposizione richiama espressamente l'applicazione dell'art. 95 c. 6-bis TUIR, rendendo quindi strutturale il differimento della deduzione fiscale per tali operazioni, almeno nei limiti temporali previsti dalla sperimentazione.

Sotto il profilo tecnico-contabile, il cambiamento assume rilievo poiché il trattamento dei piani cash-settled in base all'IFRS 2 implica, già in fase di maturazione del diritto (vesting period), il riconoscimento a conto economico di un costo per servizi lavorativi ricevuti, accompagnato dall'iscrizione di una passività finanziaria. Questa passività è oggetto di misurazione al fair value alla data di chiusura del bilancio e viene rettificata in funzione delle variazioni del valore dello strumento sottostante fino alla data del regolamento. A differenza dei piani equity-settled, la contropartita non è iscritta tra le poste di patrimonio netto, ma tra i debiti dell'impresa. Ciò comporta un impatto diretto sulla posizione finanziaria netta dell'azienda e rende il momento del pagamento un passaggio economicamente rilevante.

Viceversa, nel sistema previgente, basato sulla derivazione rafforzata, la rilevazione del costo nel bilancio redatto secondo gli IFRS era condizione sufficiente per ammettere la deduzione fiscale. Con la riforma in commento, questa simmetria tra valori contabili e valori fiscali viene meno. L'onere diviene deducibile solo al momento in cui viene sostenuto finanziariamente, allineando il trattamento fiscale a quello previsto per gli accantonamenti per oneri futuri. La finalità di questo intervento è dichiaratamente prudenziale e mira a contenere le incertezze interpretative e applicative derivanti da valutazioni soggettive legate alla determinazione del fair value, che hanno alimentato negli anni un contenzioso significativo tra contribuenti e Amministrazione finanziaria. In tal senso, la Relazione illustrativa al disegno di legge ha evidenziato come l'intervento sia giustificato dall'esigenza di presidiare la corretta deduzione dei costi in contesti ad alta discrezionalità contabile, e di ridurre le occasioni di divergenza tra imponibile fiscale e risultato civilistico.

Tuttavia, questo nuovo approccio solleva anche profili critici. In primo luogo, la scelta del legislatore appare non coerente con l'obiettivo di convergenza tra valori contabili e valori fiscali, espresso con chiarezza all'art. 9 c. 1 lett. c) Legge delega n. 111/2023. Infatti, la nuova impostazione introduce una netta discontinuità tra il principio di competenza e quello di cassa, generando una divergenza strutturale tra il momento dell'imputazione economica del costo e la sua rilevanza fiscale ai fini della deduzione.

Questo effetto si riflette direttamente sull'andamento dell'imponibile IRES, in quanto i costi per piani di remunerazione che, pur già rilevati a bilancio, non sono ancora stati pagati, non potranno essere portati in deduzione nel medesimo esercizio.

In secondo luogo, si può osservare che l'assimilazione dei trattamenti fiscali dei piani equity-settled e cash-settled trascura il diverso impatto economico e patrimoniale che questi strumenti producono. I piani cash-settled, in particolare, comportano l'effettivo esborso di risorse finanziarie da parte dell'impresa e, quindi, sono economicamente più simili ad un costo per prestazioni lavorative o a un'indennità di risultato. D'altra parte, i piani equity-settled, determinando un effetto diluitivo sul capitale sociale, sono meno onerosi sotto il profilo finanziario, ma implicano scelte più rilevanti in termini di corporate governance. L'omogeneizzazione del trattamento fiscale finisce così per non valorizzare le differenze sostanziali tra le due tipologie di strumenti e rischia di incentivare scelte gestionali dettate esclusivamente da considerazioni di convenienza fiscale.

Obblighi dichiarativi e rafforzamento dei controlli

La disposizione in esame prevede la necessità di indicare queste operazioni in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi, in ciò rafforzando il profilo di controllo e tracciabilità da parte dell'Amministrazione. Si tratta di un ulteriore elemento che conferma l'intento del legislatore di voler garantire un presidio preventivo sull'utilizzo di tali strumenti, nell'ottica di maggiore trasparenza e compliance.

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