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mercoledì 12/11/2025 • 06:00

Impresa Dalla Commissione Giuridica del Parlamento UE

Omnibus I: proposta di compromesso su CSRD e tassonomia

In questo secondo contributo dedicato alla proposta di compromesso sul pacchetto Omnibus I approvata dalla Commissione giuridica del Parlamento europeo (JURI) analizziamo il testo del compromesso relativamente alla CSRD.

di Eleonora Montani - Avvocato, Direttore corso Sostenibilità e Modelli 231 SDA Bocconi

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Dopo mesi di dibattiti, la Commissione JURI ha approvato, con 17 voti favorevoli, 6 contrari e 2 astensioni, un testo che delinea una revisione complessiva delle norme in materia di rendicontazione di sostenibilità e obblighi di due diligence. In questo contributo analizziamo il testo di compromesso relativamente alla rendicontazione di sostenibilità (CSRD).

Ambito di applicazione

Come per la direttiva sulla due diligence (CS3D), anche in questo caso il dibattito tra le istituzioni europee si è concentrato sulle soglie dimensionali e finanziarie che determinano quali imprese siano effettivamente tenute agli obblighi di trasparenza in materia ambientale, sociale e di governance (ESG).

La proposta iniziale della Commissione europea fissava tali soglie a 1.000 dipendenti, accompagnati da un fatturato netto di almeno 50 milioni di euro oppure da un totale di bilancio di almeno 25 milioni di euro. Questa impostazione, già piuttosto selettiva rispetto al quadro precedente, avrebbe comunque garantito una copertura relativamente ampia del tessuto imprenditoriale europeo, includendo non solo le grandi imprese ma anche parte di quelle di medie dimensioni con un impatto significativo sul mercato.

Il Consiglio dell’Unione europea, nel corso delle trattative, ha proposto un approccio più restrittivo, elevando la soglia economica a 450 milioni di euro di fatturato netto, pur mantenendo invariato il limite di1.000 dipendenti. Tale revisione riduce drasticamente il numero di imprese soggette alla direttiva, limitandone l’applicazione quasi esclusivamente ai grandi gruppi e alle multinazionali con un volume d’affari molto elevato.

Il testo di compromesso elaborato dalla Commissione JURI del Parlamento europeo ha confermato sostanzialmente la posizione del Consiglio, prevedendo dunque 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato netto come criteri di accesso agli obblighi di rendicontazione. Tuttavia, nel testo non viene specificato alcun regime particolare per le cosiddette “imprese della prima ondata” (wave 1), ossia quelle che avrebbero dovuto essere le prime a redigere i nuovi bilanci di sostenibilità secondo i criteri della CSRD. L’assenza di tale distinzione potrebbe implicare un’ulteriore riduzione del numero effettivo di imprese coinvolte nella fase iniziale di applicazione della direttiva.

Secondo le stime disponibili, la proposta originaria della Commissione avrebbe comportato una riduzione di circa l’80% del numero di imprese soggette agli obblighi di rendicontazione rispetto all’attuale quadro normativo. Le soglie più elevate adottate dal Consiglio e confermate nel compromesso della JURI determinerebbero invece una contrazione ancora più significativa, prossima al 90%.

Questa tendenza evidenzia una chiara volontà politica di alleggerire gli oneri amministrativi a carico delle imprese europee, in particolare di quelle di dimensioni medio-piccole. Tuttavia, essa solleva anche interrogativi sulla capacità del nuovo sistema di garantire un livello adeguato di trasparenza, affidabilità e comparabilità delle informazioni non finanziarie. In altre parole, il compromesso raggiunto sembra privilegiare la semplificazione burocratica rispetto all’obiettivo originario della CSRD: fornire al mercato, agli investitori e ai cittadini dati completi e comparabili sull’impatto ambientale e sociale delle imprese.

Tempistiche di attuazione

A seguito dei nuovi criteri di inclusione introdotti dalla JURI, numerose imprese che oggi rientrano nell’obbligo di pubblicare un rapporto di sostenibilità per gli esercizi avviati dal 1° gennaio 2024 — le cosiddette “imprese della prima ondata” (Wave 1), ovvero le grandi entità di interesse pubblico con più di 500 dipendenti — usciranno dal campo di applicazionedella direttiva. Tuttavia, né la proposta della Commissione né il testo della JURI prevedono disposizioni transitorie per tali imprese, che restano pertanto tenute a redigere i rapporti secondo la normativa vigente fino all’entrata in vigore delle nuove regole. Ciò comporta una fase di incertezza applicativa: in particolare, nei paesi che hanno già recepito la CSRD nel diritto nazionale, le imprese dovranno continuare a redigere i report anche se, a breve, potrebbero non essere più obbligate a farlo.

Obblighi di rendicontazione e standard tecnici

Tutte le istituzioni europee convergono sull’introduzione di un nuovo standard di rendicontazione volontario, elaborato da EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), volto a semplificare e razionalizzare la raccolta dei dati lungo la catena del valore. In particolare, lo standard limita le informazioni che le imprese soggette all’obbligo possono richiedere ai partner più piccoli non soggetti, riducendo così l’onere di rendicontazione indiretta. Il cosiddetto “value-chain cap” stabilisce che tali richieste non possano andare oltre quanto previsto dallo standard stesso. Inoltre, il testo della JURI prevede che la Commissione europea adotti entro sei mesi dall’entrata in vigore del pacchetto Omnibus I un atto delegato per rivedere in modo sostanziale gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards). Dopo la consultazione pubblica conclusasi il 29 settembre 2025, EFRAG ha annunciato la pubblicazione degli ESRS semplificati finali entro la fine di novembre, in vista di una conferenza ufficiale il 4 dicembre.

Infine, il testo introduce una misura di flessibilità organizzativa: in futuro, le entità di interesse pubblico soggette— comprese le società quotate — potranno avvalersi dell’esenzione dalla pubblicazione del rapporto di sostenibilità a livello individuale, qualora siano già incluse nel rapporto consolidato della società madre. Questo nuovo assetto normativo rappresenta un tentativo di equilibrio tra esigenze di semplificazione regolatoria e necessità di tutela della trasparenza. Tuttavia, la riduzione dell’ambito di applicazione solleva interrogativi sulla comparabilità dei dati di sostenibilità e sulla capacità del quadro europeo di mantenere un ruolo guida nella promozione della responsabilità d’impresa a livello globale.

Regolamento sulla Tassonomia

In linea con la posizione assunta dal Consiglio dell’Unione Europea, il testo di compromesso elaborato dalla JURInon recepisce la proposta della Commissione europea di introdurre una facoltatività dell’obbligo di rendicontazione previsto dal Regolamento sulla Tassonomia dell’UE per alcune categorie di imprese. Questa scelta conferma la volontà del legislatore europeo di preservare la coerenza del quadro normativo in materia difinanza sostenibile, evitando di frammentare gli obblighi informativi tra soggetti obbligati e soggetti esentati. In tal modo, la JURI ribadisce l’importanza della Tassonomia come strumento centrale di trasparenza e armonizzazione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) applicabili alle attività economiche nell’Unione Europea. La decisione appare quindi coerente con l’obiettivo di garantire comparabilità e affidabilità dei dati di sostenibilità, elementi fondamentali per orientare i flussi finanziari verso investimenti conformi agli obiettivi climatici e ambientali dell’UE.

Prospettive e criticità del processo negoziale

Il dibattito che ora si sposta in plenaria rappresenta una prova di credibilità per il Parlamento europeo: la sfida sarà trasformare questo compromesso politico in una legge che sia effettivamente vincolante, coerente con gli obiettivi climatici e capace di garantire responsabilità e trasparenza nel comportamento delle imprese. Una prima votazione, svoltasi lo scorso 22 ottobre,  ha respinto la posizione di compromesso. Le negoziazioni sull’Omnibus I continuano così a riflettere la tensione strutturale tra competitività economica, certezza giuridica e ambizione climatica, che resta al centro dell’agenda normativa dell’Unione. La prossima discussione in sede parlamentare è prevista il 12 e 13 novembre 2025.

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