
martedì 04/11/2025 • 06:00
Due decisioni della CGUE del 30 ottobre 2025 (cause C-134/24 e C-402/24) chiariscono il rapporto tra l'obbligo di notifica del progetto di licenziamento collettivo all'autorità competente e il termine di 30 giorni.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE), in due decisioni pubblicate il 30 ottobre 2025, ha chiarito il rapporto tra l'obbligo di notifica del progetto di licenziamento collettivo all'autorità competente e il termine di 30 giorni: obblighi previsti dalla Direttiva CE 59/1998. Nel caso C-134/24 [Tomann[, la Corte ha affermato che il recesso produce effetti solo allo spirare dei 30 giorni successivi alla notifica all'autorità, escludendo la possibilità di sanare ex post l'assenza di notifica per salvare licenziamenti già intimati; nel caso C-402/24 [Sewel] ha precisato, invece, che la notifica deve essere conforme alla direttiva: né il silenzio dell'autorità né doveri nazionali di cooperazione suppliscono carenze informative. Inoltre, il mancato decorso dei 30 giorni non integra la sanzione ex art. 6 Dir. CE 59/1998, che richiede misure nazionali adeguate. Fattispecie In C-134/24 si esamina il caso di un datore che aveva intimato plurimi recessi senza aver previamente notificato all'autorità competente il progetto di licenziamento collettivo. Segue impugnazione e rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. La C-402/24 concerne, invece, una notifica formalmente inviata ma lacunosa rispetto ad alcune informazioni richieste dalla direttiva (in particolare sull'esito delle consultazioni); anche qui il giudice nazionale dispone il rinvio pregiudiziale. Questioni giuridiche Nel caso C-134/24, originato da licenziamenti plurimi intimati dal datore senza preventiva notifica del progetto all'autorità competente, il giudice del rinvio chiedeva anzitutto se il recesso potesse produrre effetti prima dello spirare del termine di 30 giorni previsto dall'art. 4 par. 1 e, correlativamente, se tale termine iniziasse a decorrere soltanto a seguito di una notifica del progetto conforme ai requisiti informativi dell'art. 3. Si domandava poi se l'omissione della notifica potesse essere sanata ex post , con decorrenza dei 30 giorni dal momento della regolarizzazione, e quale fosse il ruolo dell'art. 6 rispetto agli strumenti di enforcement . Per la C-402/24 – avente ad oggetto una notifica formalmente inviata ma lacunosa, in particolare quanto all'esito delle consultazioni – il giudice interrogava la Corte sulla possibilità di ritenere raggiunta la finalità della notifica nonostante errori o carenze, quando l'autorità restasse inerte o quando il diritto nazionale le imponesse obblighi di cooperazione e di indagine d'ufficio; nonché su una questione relativa alla regolarizzazione successiva (poi dichiarata irricevibile) e sul rapporto tra l'art. 4 par. 1 e l'art. 6, con riguardo alla natura del termine di 30 giorni. Decisioni Con riferimento alla C-134/24, la Corte stabilisce che, quando la procedura rientra nell'ambito della Dir. CE 59/1998, la risoluzione del rapporto produce effetti solo allo scadere dei 30 giorni che seguono una notifica valida del progetto all'autorità competente. Il decorso del termine presuppone dunque una comunicazione che contenga tutte le informazioni richieste; in assenza di notifica, o a fronte di una notifica inidonea, il termine non inizia a decorrere. Non è ammesso sanare ex post l'omissione per conferire efficacia differita a licenziamenti già intimati: ciò sovvertirebbe l'ordine procedimentale voluto dalla direttiva e ne svuoterebbe la funzione preventiva. Nella C-402/24, d'altra parte, la Corte afferma che l'obiettivo della notifica non si considera raggiunto se la comunicazione è incompleta o erronea, anche quando l'autorità non sollevi rilievi o sia tenuta, secondo il diritto interno, a cooperare o ad acquisire d'ufficio ulteriori dati. Il termine di 30 giorni non è, di per sé, la “sanzione” di cui all'art. 6: spetta agli Stati membri garantire misure effettive, proporzionate e dissuasive per la violazione degli obblighi informativi, fermo restando che senza notifica conforme il termine non decorre. Il filo conduttore di entrambe le pronunce è la funzione preventiva e di tutela collettiva del meccanismo delineato dagli artt. 3 e 4: l'autorità deve poter intervenire prima che i licenziamenti producano effetti, e per farlo necessita di un quadro informativo completo sul progetto (motivi, numero e categorie interessate, periodo di esecuzione, organico ecc.). Da ciò discende, nella C-134/24, che l'efficacia del recesso è subordinata a due condizioni cumulative: una notifica conforme; il successivo decorso del termine minimo di 30 giorni. Ritenere che l'efficacia del licenziamento resti sospesa in attesa di una regolarizzazione postuma significherebbe rovesciare la sequenza procedurale (prima notifica completa, poi attesa), compromettendo l'effetto utile della direttiva. Nella C-402/24, la Corte ribadisce che non basta un'informazione sufficientemente chiara secondo l'apprezzamento dell'autorità o la sua inerzia: il parametro resta quello normativo, ossia la completezza qualitativa e quantitativa delle informazioni elencate dalla direttiva. Quanto all'art. 6, il periodo di attesa di cui all'art. 4 ha natura strumentale (tempo concesso all'autorità per agire), non punitiva; la tutela effettiva contro le violazioni informative deve provenire dall'ordinamento nazionale attraverso rimedi idonei, senza che si possa confondere il meccanismo temporale con la sanzione. Fonti: CGUE 30 ottobre 2025 (causa C-134/24) CGUE 30 ottobre 2025 (causa C-402/24)
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Paolo Patrizio
- Avvocato - Professore - Università internazionale della Pace delle Nazioni UniteRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

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