
giovedì 23/10/2025 • 06:00
Nel processo di riforma dell'ordinamento professionale dei commercialisti hanno un ruolo rilevante aggregazione e specializzazione per la competitività della categoria. QuotidianoPiù, in occasione del Congresso Nazionale 2025 ha intervistato Elbano de Nuccio, Presidente del CNDCEC, che analizza la nuova identità del commercialista.
Il Congresso Nazionale CDNCEC 2025, in corso di svolgimento a Genova, evidenzia l’importanza della riforma dell’ordinamento professionale dei commercialisti, che valorizza multidisciplinarietà e aggregazioni per competere sul mercato. Le aggregazioni, supportate dalla normativa sulla neutralità fiscale, portano vantaggi economici e organizzativi, e richiedono specializzazioni interne. Sul fronte ESG, il commercialista diventa figura chiave nella rendicontazione di sostenibilità e nella gestione dei rischi fiscali, di governance e sostenibilità aziendale, anche grazie all’evoluzione della formazione internazionale. Il rallentamento normativo europeo offre tempo alle imprese per adattarsi, rafforzando il ruolo consulenziale del commercialista.
In occasione del Congresso Nazionale, QuotidianoPiù ha intervistato il Presidente Elbano de Nuccio.
Presidente, uno dei temi centrali del Convegno riguarda la riforma dell'ordinamento professionale, che punta a valorizzare la multidisciplinarietà degli iscritti all'Albo e a dare una disciplina compiuta all'esercizio della professione in forma societaria. Le aggregazioni professionali saranno sempre più rilevanti nel mercato professionale?
L'approvazione del disegno di legge delega di riforma del nostro ordinamento rappresenta un passaggio storico per i commercialisti italiani perché consentirà di ridefinire il profilo della professione. In questa prospettiva, il tema delle aggregazioni professionali e quello delle specializzazioni saranno determinanti.
Diversi studi della nostra Fondazione nazionale di ricerca certificano che aggregarsi “paga”: chi si aggrega ha redditi molto più elevati di chi lavora in studi individuali e beneficia di un'organizzazione dello studio molto più funzionale e competitiva sul mercato. La norma che ha reso neutrali i processi di riorganizzazione degli studi professionali, fortemente voluta dal nostro Consiglio nazionale, ha rimosso un ostacolo ai percorsi aggregativi, che ora sono facilitati, e sono indispensabili per meglio intercettare le esigenze del mercato che richiede strutture dimensionalmente più significative.
Il tema delle aggregazioni si porta con sé anche quello delle specializzazioni: studi aggregati con un'offerta consulenziale diversificata, presuppongono risorse con spiccati profili di specializzazione.
Con la riforma puntiamo ad avviare un processo di specializzazione che non sia discriminatorio ma che rafforzi l'immagine della professione e la sua riconoscibilità e ne ampli l'offerta rispetto a stakeholders sempre più esigenti.
Su ESG e sulle sfide che il CNDCEC sta affrontando nei tavoli internazionali: come orientare la definizione di nuovi standard, in particolare in aree come il sustainability reporting? Quale è il nuovo ruolo del commercialista nell'identificazione, valutazione e gestione dei rischi d'impresa fiscali, di governance e di sostenibilità?
Per quanto concerne il futuro del sustainability reporting, non vi è dubbio che la politica unionale e mondiale giocherà un ruolo fondamentale. Nello specifico, la spinta progressivamente sempre più intensa dell'Unione Europea verso la definizione, e la conseguente adozione, di norme di rendicontazione di sostenibilità da parte di una vasta platea di società europee, ha subito un rallentamento con l'Omnibus package e con la connessa Stop the Clock directive.
A nostro modo di vedere, e non credo che questa opinione sia un'opinione dei soli commercialisti, il percorso appare oramai tracciato e irreversibile. In questa prospettiva, anche se non programmato, il rallentamento dell'Unione Europa può avere anche delle ripercussioni positive nella logica di poter consentire alle imprese di metabolizzare al meglio il modello proposto e integrare il sistema di rendicontazione nel modello di business, portando (con modalità anche più semplici) le realtà aziendali a “pensare sostenibile” non solo in termini rendicontativi. Io credo che, in questo scenario, il commercialista possa ricoprire un punto di riferimento fondamentale per la definizione delle best practice nella rendicontazione di sostenibilità delle PMI.
Gli iscritti all'albo già da tempo affrontano le “questioni” di sostenibilità delle PMI sia in quanto queste ultime fanno ricorso al commercialista per gestire le richieste informative che giungono in quanto parte della catena del valore delle imprese di maggiori dimensioni sia in quanto, in molti casi, rappresentano l'interfaccia dell'aziende nei rapporti con gli istituti finanziari che già oggi richiedono molteplici informazioni non-finanziarie al fine dell'erogazione del credito.
La domanda sul ruolo del commercialista nella valutazione e gestione dei rischi fiscali, di governance e di sostenibilità mi consente, in connessione con quanto abbiamo detto, di evidenziare un tema che, da economista aziendale, mi è da sempre caro. Il commercialista è, forse prima di tutto, un esperto del funzionamento aziendale ed è “portatore sano” di cultura aziendale. La sua esperienza permette alle organizzazioni di apprezzare in modo adeguato il rischio d'impresa, e i fattori ESG rientrano pienamente in questo contesto.
L'identificazione e valutazione del rischio fiscale così come l'analisi della governance aziendale rientrano nell'ambito più vasto della sostenibilità, quale sistema di gestione di rischio “allargato”. A tale riguardo, un ruolo fondamentale è svolto dal percorso formativo degli iscritti all'albo.
Non è un caso che si stia affermando a livello internazionale una nuova tendenza verso profili professionali “pale green”, che integrano le competenze finanziarie ‘tradizionali' con quelle ESG, come emerge chiaramente dalla recente revisione del metodo di apprendimento dei programmi di formazione professionale contabile degli standard internazionali di formazione (IES) predisposto dall'International Accounting Education Standards Board (IAASB) dell'IFAC, che si concentra, da un lato, sull'integrazione della sostenibilità e dei suoi elementi costitutivi specifici e, dall'altro, sulle competenze trasversali.
Per concludere, questo Congresso arriva a pochi mesi dal termine della sua consiliatura. Che bilancio traccia di questi anni alla guida della categoria?
Credo sia sotto gli occhi di tutti l'enorme sforzo realizzato dalla squadra del Consiglio nazionale, il forte cambio di rotta impresso alla categoria, i tanti risultati concreti e spesso storici raggiunti. Mi limito a ricordarne solo alcuni, come la perimetrazione delle responsabilità del collegio sindacale, le esclusive in materia di TCF, balneari, rendicontazione di sostenibilità e, importantissima, l'approvazione del disegno di legge delega di riforma del nostro ordinamento professionale che ora ha avviato il suo iter parlamentare e di cui abbiamo prima accennato. Quando questo Consiglio si è insediato, la categoria veniva da mesi di commissariamento che le avevano tolto voce, rappresentanza e visibilità. Abbiamo risalito la china, abbiamo messo in campo un modello frutto di visione e strategia che ci ha portati a stabilire rapporti costanti e proficui con le Istituzioni e con la politica, ad essere ascoltati, riconosciuti e rispettati. I commercialisti sono usciti dal limbo, ora gli italiani hanno molto più chiaro quali e quante sono le loro competenze. Abbiamo ricostruito.
Un lavoro che ora va proseguito e portato a termine, guardando ai giovani e intensificando ulteriormente la nostra azione in difesa dei diritti dei nostri centoventimila colleghi. Non possiamo tornare indietro.
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Lefebvre Giuffrè è presente al Congresso Nazionale CNDCEC, dal 22-24 ottobre a Genova. Ti aspettiamo allo Stand n. 8 per scoprire insieme le nuove soluzioni per i professionisti fiscali. |
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Elettra Bandi
- Dottore commercialista e revisore legaleAndrea Marchi
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