
giovedì 23/10/2025 • 06:00
Come bilanciare una visione sistemica ampia con la specializzazione richiesta dalle aziende, alla luce delle recenti evoluzioni nella normativa sulla sostenibilità? Nonostante la tendenza europea a semplificare la compliance, banche e Fisco continuano a integrare i fattori ESG nella valutazione dei rischi e nella governance.
Una delle sessioni del Congresso Nazionale CNDCEC 2025, è dedicata a come conciliare la necessità di osservare i fenomeni sistemici da un angolo visuale ampio con l'esigenza di rispondere alle aspettative aziendali con una marcata specializzazione.
La sustainability economics
Negli ultimi dodici mesi (un batter di ciglio rispetto al tempo in cui i relativi concetti si sono sviluppati nei campi dell'economia politica e dell'economia aziendale), abbiamo completamente cambiato approccio rispetto alla costruzione dell'impianto normativo per l'integrazione della sostenibilità nei sistemi produttivi, settore in cui, a livello negoziale (sul fronte della politica degli Stati) e applicativo (sul fronte della prassi delle organizzazioni) abbiamo investito risorse straordinarie nell'ultimo decennio. Abbiamo rivolto il nostro impegno, insieme, alla modifica dei comportamenti delle aziende, tramite l'intervento del legislatore, e alla sensibilizzazione delle coscienze delle persone, con un ammirevole coinvolgimento di tanta parte della società civile: in definitiva, siamo stati capaci di intraprendere un incredibile processo di trasformazione economica e di transizione sociale – se si vuole, tutto da perfezionare, implementare, calibrare – con pochi precedenti nella storia moderna.
Ora, con la “Stop-the-clock directive” dell'aprile 2025 e il “Quick-fix delegated act” di metà luglio, si è concretamente avviata la decelerazione sulla compliance normativa nei settori della sustainability economics e della sustainable finance prevista dall'Omnibus package on sustainability (che rientra poi nella più generale cornice dell'Omnibus packages and other simplification proposals 2025, di cui fanno parte anche svariate altre proposte di semplificazione normativa in settori molto diversi tra loro).
Ma soprattutto, siamo in attesa di comprendere quale sarà, alla fine dei rimbalzi negoziali tra i vari partiti europei in corso in queste settimane, il compromesso al ribasso rispetto a cruciali parametri e contenuti della sustainability disclosure, con riguardo all'ambito di applicazione della CSRD e della CSDDD, alla revisione degli ESRS-requirements, all'approccio metodologico inerente al Double materiality assessment, alla semplificazione della EU taxonomy for sustainable activities, e ad altre tessere della Sustainable Finance Disclosures Regulation.
Del resto, è comprensibile che una valutazione sulla rimodulazione delle priorità degli obiettivi macroeconomici cui orientare risorse umane e finanziare, in Europa come in altre giurisdizioni del pianeta, si realizzai in ragione del protrarsi dell'attuale situazione di crisi geopolitica, che così drammatici effetti sta generando sui rapporti etici tra le persone nei diversi contesti sociali e sugli equilibri economici e commerciali tra i vari (semplificando: tre) blocchi in cui attualmente si divide il mondo.
Eppure, dall'altra parte, primari soggetti che una decina di anni fa avremmo potuto anche osservare tra i principali “scettici” sulla rilevanza dell'integrazione dei fenomeni ESG nella gestione e nella governance aziendale, per uno strano caso del destino, possiamo oggi scorgerli tra i principali alleati di quanti si prodigano per esortare il legislatore e le aziende a non abbassare la guardia, perché i rischi ESG non sono evaporati, sono sempre sul nostro tavolo, in agguato. Le banche e gli istituti credito confermano in questi mesi una prassi fortemente consolidata negli ultimi due anni, per nulla convinte da un'ipotesi di recesso nella considerazione dei fattori (e delle informazioni) ESG per la valutazione del merito creditizio e della solvibilità futura delle imprese clienti, vista la robusta relazione tra sostenibilità economico-produttiva e continuità aziendale, tra gestione del rischio ESG e capacità di creazione di valore di lungo periodo: le informazioni ESG sono ormai pienamente integrate nei loro processi di rendicontazione finanziaria.
D'altro canto, il legislatore, anche in ambito fiscale, in particolare nel contesto del regime di adempimento collaborativo (cooperative compliance), sta implementando nell'ordinamento un approccio più adeguato ai tempi rispetto alla gestione del rischio, secondo il quale si prevede la possibilità per l'azienda – con determinati parametri dimensionali minimi – di “stringere un patto” con lo Stato basato sulla fiducia, finalizzato a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali tramite l'interlocuzione costante e preventiva tra le parti: a fronte di un impegno da parte dell'azienda di costruire un sistema di controllo fiscale – Tax Control Framework (TCF) – dotato di specifici e consolidati criteri di gestione del rischio fiscale, l'amministrazione riconosce elementi premiali all'organizzazione nella relazione col fisco, quali: l'interpello preventivo, le procedure di regolarizzazione della posizione del contribuente, la disapplicazione delle sanzioni amministrative, l'esonero dalla presentazione di garanzie, la possibilità di avviare interlocuzioni, cause di non punibilità relative a specifiche fattispecie di reato, la riduzione dei termini di decadenza per attività di accertamento.
Questo sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali si inserisce nel contesto del sistema di governance aziendale e di controllo interno, in un TCF la cui certificazione è attribuita dalla legge a professionisti indipendenti qualificati (commercialisti e avvocati), con l'obiettivo di attestare che lo stesso sia integrato con un sistema di controllo dell'informativa finanziaria idoneo a garantire la solidità dell'informazione su cui si basa l'obbligazione tributaria.
I riferimenti per la costruzione di un efficace TCF sono individuati dall'Agenzia delle entrate nelle indicazioni OCSE del “Co‑operative Compliance: A Framework. From Enhanced Relationship to Co-operative Compliance” del luglio 2013, che, nel disegnare i “building blocks ” del TCF, si ispirano, a loro volta, ai principi elaborati dal Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission (COSO) nello standard internazionale in materia di sistemi di controllo interno: “COSO Internal Control (IC) Integrated Framework”. Nel 2018 il Committee ha poi sviluppato la guidance “ERM. Applying Enterprise Risk Management to Environmental, Social, and Governance related-risk”, per supportare l'integrazione e la gestione dei rischi ESG nel tradizionale processo ERM che incorpora l'IC Integrated Framework, nella considerazione che un valente sistema di controllo interno sia essenziale per un efficace risk management. In pratica, la gestione del rischio fiscale viene a integrarsi in una cornice più generale che include i rischi ESG.
Ora, qual è il comune denominatore tra i comportamenti del settore bancario e dell'amministrazione fiscale che introducono ulteriori richieste e codificano nuovi istituti “in controtendenza” rispetto al movimento di semplificazione del contesto normativo?
I processi di questi ultimi tempi ci stanno insegnando che, per gestire l'integrazione (e non più la semplice associazione o complementarità) tra la sustainability disclosure e la financial disclosure, può essere utile confrontarsi sui suoi effetti proprio muovendo dal risk management (e dalle relazioni azienda-banca e azienda-fisco), nella misura in cui si intravedano le connessioni con fattori di rischio sottostanti, riconducibili a categorie di rischio via via più elevate, rilevanti per tutte le tipologie di organizzazioni e per il sistema nel suo complesso. In altri termini, la double materiality amplifica l'integrazione della compliance fiscale proprio rispetto alla sostenibilità, in ottica sia outside-in (occorre valutare quali elementi esterni possono incidere, o incidono, sull'approccio alla fiscalità delle organizzazioni) sia inside-out (occorre valutare come l'approccio fiscale delle organizzazioni, ma anche quello del sistema-paese, può incidere, o incide, sulla sostenibilità del sistema di livello superiore, ad esempio, quello europeo, quello planetario).
Osservazioni
E' fondamentale spendersi per favorire questi passaggi, aiutando i soggetti economici ad analizzare la propria situazione per adattare i propri comportamenti non solo alle prescrizioni ma anche alla consapevole valutazione di ciò che “si può fare” rispetto ai rischi che ci circondano: occorre sviluppare competenze di sostenibilità trasversali, per osservare e interpretare i fenomeni sistemici da un angolo visuale ampio, e competenze specialistiche, per rispondere alle aspettative aziendali relativamente all'esecuzione di attività ESG caratterizzate da una spiccata specializzazione.
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Lefebvre Giuffrè è presente al Congresso Nazionale CNDCEC, dal 22-24 ottobre a Genova. Ti aspettiamo allo Stand n. 8 per scoprire insieme le nuove soluzioni per i professionisti fiscali. |
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Carmelina Bonetti
- Dottore commercialistaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

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