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sabato 11/10/2025 • 06:00

Speciali DALLE COMMISSIONI PARLAMENTARI

Testo unico IVA: le Camere chiedono l'aggiornamento con le novità in itinere

Il nuovo testo unico IVA, presentato alle Camere a settembre 2025, rischia di entrare in vigore troppo presto rispetto alle modifiche normative ancora in corso. Le Commissioni parlamentari suggeriscono di consentire l'aggiornamento alle ultime novità e il coordinamento con la Legge Delega e le Direttive UE, che non potrà essere fatto prima del 1° gennaio 2027.

di Raffaele Rizzardi - Dottore commercialista, Rappresentante ANTI alla CFE

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La legge delega per la riforma tributaria aveva, sin dall'inizio, suscitato perplessità per il termine di adozione dei testi unici, anticipato rispetto alla data prevista per i correttivi. Questa scadenza, inizialmente fissata al 29 agosto del 2024, è stata già spostata due volte:

  • 31 dicembre 2025 – decorrenza 1° gennaio 2026 – dalla L. 122/2024;
  • 31 dicembre 2026 – decorrenza 1° gennaio 2027 – dalla L. 120/2025.

Il provvedimento per l'IVA che noi conosciamo nella proposta pervenuta al Parlamento il 2 settembre 2025, con il numero 293 degli atti di governo sottoposti al parere delle Camere, è stato licenziato favorevolmente dalla V Commissione del Senato il 30 settembre, e dalla VI Commissione della Camera in data 8 ottobre, con alcune osservazioni.

Al riguardo, il legislatore della grande riforma del 1971 aveva previsto una Commissione bicamerale per i pareri ai decreti delegati. Il nuovo riformatore non vi ha pensato, ma i due rami del Parlamento si sono accordati per sincronizzare i lavori, in modo da rispettare il termine dei trenta giorni per la formulazione dei pareri.

Il primo problema da affrontare nella promulgazione della norma definitiva riguarda la decorrenza del nuovo testo unico: essendo stato predisposto prima della L. 120/2025 ne fissa la decorrenza al 1° gennaio 2026.

Questa data è troppo imminente, e non consente – come dice il parere parlamentare – di aggiornare il testo unico mediante il recepimento delle innovazioni normative successivamente introdotte nell'ordinamento, nonché di quelle in via di definitiva approvazione, coordinando, a tal fine, la tempistica di adozione dei suddetti provvedimenti.

A proposito di testo unico IVA, questa definizione viene data alla “legge IVA”, nel contemporaneo parere per il terzo settore … e comunque questo schema di decreto ipotizza di modificare cinque articoli del DPR 633/72. Ovvio che non può inserirli in un atto che non è ancora divenuto normativo, ma qui rischiamo di uscire contemporaneamente con il testo unico IVA e con ulteriori modifiche alla legge del 1972.

Che fare?

La prima mossa è quella di indicare nel provvedimento soggetto a promulgazione e pubblicazione, che il testo unico IVA entrerà in vigore dal 1° gennaio 2027, così che le ulteriori e non poche modifiche relative a questo tributo – basti pensare che non si è ancora visto il provvedimento di adeguamento dell'imposta alla legge delega e alle direttive europee – sono ovviamente ancora formulate in termini di DPR 633/72.

Interessante, ma fuori posto, l'osservazione relativa alle voci delle tabelle relative alle aliquote: ovviamente il parere parlamentare suggerisce l'aggiornamento delle voci alla vigente nomenclatura definita a livello unionale.

Questo problema doveva essere già risolto dal 1° gennaio di quest'anno, in quanto avremmo dovuto recepire la direttiva 2022/542, in cui anche la norma europea suggerisce di individuare i prodotti ad aliquota ridotta con questo criterio. Ma questa direttiva è tuttora persa nelle nebbie, non c'è nessuno schema di decreto legislativo di recepimento, sottoposto al parere parlamentare.

E a proposito di aliquote è singolare l'articolo 35, comma 1, del testo unico IVA, che elenca beni e servizi ad aliquota ordinaria. Per definizione questa è un'aliquota default, laddove non si riscontri una aliquota ridotta.

Tra questi elementi vengono riportati acqua minerale e birra, che nei testi oggi vigenti sono tuttora al 10% (voci 81 e 82 della tabella A, parte III), quando l'aliquota per le cessioni e le importazioni di acque minerali e di birra era stata stabilita nella misura ordinaria dall'art. 5 c. 3 DL 261/90, convertito dalla L. 331/90. 

Nel testo unico era più che sufficiente eliminare queste voci – cosa che è stata fatta – senza appesantire il testo normativo con la riproduzione di una norma di trentacinque anni fa.

La terza osservazione della Commissione della Camera riguarda la correzione di eventuali errori di drafting ovvero di coordinamento presenti nel testo.

Qui viene in evidenza la genesi di questo testo unico, che non è normativo come prevede la legge, e quindi da sottoporre al parere parlamentare, ma meramente “compilativo”, come esattamente indicato nelle premesse dei testi unici dall'Agenzia delle entrate.

I testi unici compilativi sono atti redazionali, e sono espressamente disciplinati dall'articolo 17-bis della L. 400/88. L'unico parere richiesto è quello del Consiglio di Stato, che può anche provvedere autonomamente. Di parere parlamentare non se ne parla proprio.

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