giovedì 02/10/2025 • 06:00
Se l'indennità di fine mandato è prevista da un atto certo, la rinuncia dell'amministratore deve essere espressa o risultare da comportamenti inequivoci, non dalla semplice inerzia. La rinuncia elimina la passività e genera una sopravvenienza attiva imponibile. Il periodo di tassazione coincide con l'anno in cui la rinuncia si considera intervenuta (CGT II Lombardia 24 settembre 2025 n. 2064).
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A fronte di un atto certo di data anteriore all’inizio del rapporto che preveda l’indennità di fine mandato all’amministratore, per potersi configurare una rinunzia, occorre un atto altrettanto certo ed espresso, a meno che il trascorrere del tempo, unitamente ad altre condizioni fattuali inequivoche, non conducano a ritenere provato, in via presuntiva, la ricorrenza del «pactum de non petendo» circa il credito maturato, sì da configurare, agli effetti fiscali, una sopravvenienza attiva da sottoporre a tassazione nell’anno in cui detta rinunzia (espressa o tacita) si assuma come intervenuta.
Sopravvenienze attive e accantonamenti
Il TUIR (art. 88) considera sopravvenienze attive « i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi». Con riferimento agli accantonamenti di quiescenza e previdenza, la disciplina fiscale (art. 105) ne prevede la deducibilità nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipend...
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Stefano Mazzocchi
- Dottore commercialista e docente di diritto tributario, Università Statale di MilanoRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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