lunedì 22/09/2025 • 06:00
Con sentenza dell'11 settembre 2025 (causa C-5/24), la CGUE ha stabilito la non contrarietà al diritto UE delle norme di un CCNL italiano che consentono il licenziamento del lavoratore disabile per superamento del cd. periodo di comporto: almeno finché risultino adeguate al fine di garantire la capacità lavorativa e non impediscano l'adozione di accomodamenti ragionevoli.
La controversia oggetto della decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea dell'11 settembre 2025 (causa C-5/24) trae origine dal licenziamento di una lavoratrice italiana impiegata nel settore della ristorazione, assunta a tempo indeterminato e risultata assente per malattia dal mese di giugno a quello di dicembre 2022. In applicazione dell'art. 173 del CCNL Turismo Confcommercio, che riconosce il diritto alla conservazione del posto di lavoro per 180 giorni per anno civile – con la possibilità di un'ulteriore aspettativa non retribuita di 120 giorni (art. 174) – il datore di lavoro aveva risolto il rapporto della lavoratrice medesima al termine del cd. periodo di comporto.
Nel corso della propria assenza, la lavoratrice aveva chiesto il riconoscimento della disabilità, ottenuto solo successivamente, e non aveva informato il datore né della diagnosi né della sopravvenuta condizione, circostanza che – ai sensi dell'art. 5 dello Statuto dei lavoratori – non può comunque essere oggetto di accertamenti datoriali.
Ritenendo che la disciplina contrattuale, identica per tutti i lavoratori, non tenesse conto delle specifiche esigenze legate alla disabilità, la lavoratrice ha così adito il Tribunale di Ravenna, chiedendo l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento e di conseguenza la propria reintegrazione e il risarcimento dei danni subiti.
Il giudice nazionale ha sollevato cinque questioni pregiudiziali dinanzi alla CGUE, interrogandola sulla conformità della normativa interna agli artt. 2 e 5 della Dir. CE 2000/78: in particolare sulla possibile discriminazione indiretta derivante dall'uniforme limite di comporto, sulla necessità di un diverso trattamento per i lavoratori disabili, nonché sulla qualificazione dell'aspettativa non retribuita quale “accomodamento ragionevole” e sull'eventuale obbligo del datore di concedere ulteriori periodi retribuiti.
La decisione
La CGUE ha esaminato congiuntamente le prime due questioni, concernenti la compatibilità con gli artt. 2 e 5 della Dir. CE 2000/78 della normativa italiana che consente il licenziamento dopo 180 giorni annui di assenza per malattia, eventualmente prorogabili di 120 giorni non retribuiti, senza prevedere una disciplina differenziata per i lavoratori affetti da disabilità.
Richiamando la nozione eurounitaria di “handicap”, la Corte precisa che rientrano nella direttiva anche malattie, curabili o meno, che limitano la capacità lavorativa, purché tale limitazione sia destinata a protrarsi nel tempo; spetta però al giudice nazionale accertare in concreto la sussistenza di tali presupposti (in tal senso, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222).
Esclusa la discriminazione diretta – la regola dei 180 giorni è formalmente identica per tutti – la CGUE ha riconosciuto la possibilità di una discriminazione indiretta: i lavoratori disabili, più esposti a lunghe assenze, rischiano infatti di superare il limite con maggiore frequenza, subendo così un particolare svantaggio.
Tale differenza di trattamento può tuttavia risultare legittima se sorretta da una finalità oggettivamente giustificata e perseguita con mezzi appropriati e necessari. La finalità indicata – garantire che il lavoratore sia in grado di svolgere le mansioni essenziali e consentire al datore di risolvere rapporti definitivamente improduttivi – è stata ritenuta in astratto legittima e proporzionata, ma spetterà al giudice del rinvio verificare che la normativa non ecceda quanto necessario, anche valutando eventuali strumenti nazionali di tutela dei disabili e l'impatto effettivo sulle loro prospettive occupazionali.
Infine, la CGUE ha sottolineato che la disciplina nazionale non deve in alcun modo precludere il pieno rispetto dell'art. 5 della direttiva, che impone al datore di lavoro l'adozione di accomodamenti ragionevoli individualizzati, salvo oneri sproporzionati, per garantire la permanenza in servizio del lavoratore disabile.
La CGUE si é poi domandata se l'ulteriore periodo di 120 giorni di aspettativa non retribuita, previsto dall'art. 174 del CCNL e fruibile su richiesta del lavoratore indipendentemente dall'eventuale disabilità, possa configurare una “soluzione ragionevole” ai sensi dell'art. 5 della Dir. CE 2000/78. La risposta è stata negativa: tale misura è generale, automatica e non personalizzata, non rappresenta cioè un provvedimento adottato dal datore di lavoro per consentire al singolo disabile di mantenere il proprio impiego e, pertanto, non integra un accomodamento ragionevole richiesto dal diritto dell'Unione.
Le ultime due questioni, volte a verificare se l'art. 5 della Dir. CE 2000/78 imponga al datore di lavoro di concedere ulteriori periodi di assenza retribuita – integralmente a proprio carico – e se la perdurante impossibilità di rientro del lavoratore possa incidere sulla legittimità del licenziamento, sono state dichiarate irricevibili. La CGUE ha osservato infatti che né la normativa nazionale prevede simili prolungamenti né nel caso concreto la lavoratrice li aveva richiesti, sicché si tratta di ipotesi meramente teoriche e prive di rilevanza ai fini della decisione della controversia.
La CGUE ha affermato che la disciplina italiana del periodo di comporto, come delineata dal CCNL Turismo (180 giorni retribuiti più 120 non retribuiti), non contrasti di per sé con la direttiva, purché rispetti i criteri di proporzionalità e non ostacoli l'attuazione del dovere di accomodamenti ragionevoli. È stata così ribadita la centralità dell'esame concreto, demandato al giudice nazionale, circa la possibile discriminazione indiretta e l'effettiva adozione di misure individualizzate per la permanenza al lavoro dei disabili, con la precisazione che solo interventi mirati del datore di lavoro soddisfano il diritto dell'Unione.
Fonte: Sentenza CGUE 11 settembre 2025 (causa C-5/24)
© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.
Vedi anche
La Legge 106/2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, introduce nuove tutele per i lavoratori affetti da patologie gravi, oncologiche, croniche o invalidanti. Tra le prin..
Approfondisci con
Molti contratti collettivi prevedono un unico periodo di comporto per tutti i dipendenti, senza trattamenti di miglior favore in caso di patologie comportanti una disabilità o da malattie croniche. L'assenza di prevision..
Marcella de Trizio
- Avvocato - Studio ArlatiGhislandiRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o
contatta il tuo
agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.