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lunedì 22/09/2025 • 06:00

Speciali GENDER PAY GAP

Pay transparency come leva contro il divario retributivo

La differenza retributiva tra lavoratrici e lavoratori, in Europa, è mediamente del 12%. Un dato preoccupante che ha spinto il legislatore europeo, con la direttiva cd. pay transparency, a introdurre nuovi obblighi di trasparenza, nonché a vietare alcune condotte passabili di favorire il persistere di discriminazioni salariali.

di Ciro Cafiero - Avvocato - Studio Cafiero Pezzali & Associati

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  • Tempo di lettura 3 min.
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Partiamo dai dati. È noto che, nell'Unione europea, la disparità retributiva è ancora un dramma. Ad oggi, infatti, essa si attesta intorno al 12%, nonostante i passi in avanti compiuti. Da molti anni l'UE prova con tenacia ad abbattere il gap, ma con successi solo alterni. Già il Trattato di Roma prevedeva la parità retributiva quale asse fondamentale dell'Unione, così come il Trattato di Maastricht, le celebri sentenze della Corte di giustizia europea (Defrenne II, Jenkins, Bilka, Cadman e Tesco) e la Direttiva UE 54/2006.

In questo scenario a tinte fosche, la direttiva cd. Pay Transparency (Dir. UE 970/2023), che il legislatore italiano dovrà recepire entro il 7 giugno 2026, prova a fare nuovo ordine. Lo fa attraverso la trasparenza retributiva, quale stimolo alla consapevolezza e al contrasto della disparità di genere.

Divieti, monitoraggio, comparazione, sanzioni

La direttiva prevede, infatti, che lavoratrici e lavoratori possano chiedere informazioni sulla retribuzione individuale e aggregata, e che possano farlo anche in sede di assunzione o recruitment. Vi è poi il divieto, a carico del datore di lavoro, di formulare richieste in merito ai salari percepiti presso le precedenti occupazioni.

Un punto nevralgico riguarda l'obbligo di comunicare agli organismi di monitoraggio, che dovranno essere istituiti in sede di recepimento, i dati salariali aggregati all'interno dell'azienda. Le imprese saranno tenute a comunicare ai sindacati e alle autorità competenti, che probabilmente concilieranno con gli ispettorati del lavoro, i divari retributivi superiori al 5%. Ed ancora, lo fa attraverso la definizione di specifici procedimenti speciali giudiziari in favore delle vittime della disparità salariale che potranno, con iter veloci, accedere ai tribunali per ottenere informazioni più dettagliate sui loro livelli salariali.

Ai fini dell'identificazione del divario giocherà un ruolo centrale la comparazione, come già osservato sulle pagine di questo quotidiano, tra lavori di pari valore e, in particolar modo, il confronto tra i livelli inquadramentali dei contratti collettivi e i sistemi di pesatura interni alle aziende. Ed infatti, è molto probabile che i grading riconosciuti dai sistemi di pesatura aziendali, già ispirati a criteri di ragionevolezza retributiva, siano in grado di abbattere quel divario del 5%, molto più rispetto ai livelli inquadramentali previsti dai contratti collettivi. E dunque, in una parola sola, cogliere nel segno una nozione di pari valore individuata e tratteggiata dal legislatore europeo.

La direttiva, infine, prova a fare ordine prevedendo un sistema di sanzioni e di conseguenze in caso di inadempimento da parte delle aziende agli obblighi che essa contempla. Ed infatti, a carico delle aziende sono previste sanzioni sulla massa salariale complessiva o sul fatturato annuo lordo, mentre i lavoratori potranno, attraverso quegli iter veloci giudiziali, non solo accedere a quelle informazioni negate, ma anche ottenere risarcimenti per i danni, anche potenzialmente gravi, subiti in conseguenza della disparità retributiva.

Una notazione importante: se la disparità retributiva si inscrive nel solco delle discriminazioni indirette, allora è alto il rischio che le vittime di essa potranno invocare il D.Lgs. n. 81/2008 e dunque la lesione alla propria integrità psicofisica, tipica di tutte le fattispecie in grado di configurare una discriminazione indiretta. Non c'è da meravigliarsi, quindi, se le vittime della disparità retributiva decideranno di interrogare i sistemi di whistleblowing per denunciare quel tipo di discriminazione.

Certificazione di parità

Va però segnalato che, per l'Italia non si tratta di una novità assoluta. Ed infatti, linee guida UNI/PdR 125/2022, sulla certificazione della parità di genere, già prevedevano un sistema di garanzia per la parità retributiva. Alle imprese in corso di certificazione era imposto di stare al di sotto del divario del 10% di differenza retributiva rispetto al benchmark retributivo del settore merceologico di appartenenza. È evidente come in alcuni comparti, come ad esempio la manifattura pesante, le retribuzioni, vuoi per l'assenza di lavoratrici, vuoi per un'ulteriore serie di ragioni, tendessero al ribasso.

Si tratta, in definitiva, come abbiamo già avuto più volte modo di sottolineare, dell'alba di un nuovo giorno per il diritto del lavoro. Il divario salariale non è soltanto una questione economica, ma è un indice di civiltà, un termometro della giustizia sociale. E allora la direttiva sulla pay transparency ci ricorda che l'uguaglianza non si proclama, si pratica.

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Le pari opportunità sono un principio giuridico finalizzato alla rimozione di ogni tipo di ostacolo (di genere, religione, convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orientamento sessuale o politico)..

di

Paolo Patrizio

- Avvocato - Professore - Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite

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