lunedì 15/09/2025 • 06:00
Iniziano a circolare le prime ipotesi sui contenuti della prossima Legge di bilancio 2026 in tema di lavoro: il Governo starebbe, tra l'altro, vagliando la possibilità di detassare tredicesima, straordinari e premi di produzione, nonché i buoni pasto; ma anche di aumentare l'indennità di trasferta e di prorogare il regime dei fringe benefit.
Si avvicinano i tempi per il varo della Legge di Bilancio 2026 e dalle ipotesi che circolano con sempre più insistenza, l'obiettivo prioritario del Governo e delle forze politiche che lo sostengono in Parlamento è quello di intervenire prioritariamente sul ceto medio e le fasce sociali più deboli sostenendo il loro potere d'acquisto dei loro redditi mediante la riduzione del carico fiscale. L'intervento del Presidente Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni il 27 agosto scorso al Meeting di Rimini è stato del resto molto chiaro al riguardo: “Ora vogliamo concentrare la nostra attenzione sul ceto medio, così da rendere il sistema più equo, più incentivante per chi produce reddito e contribuisce allo sviluppo della Nazione”.
Riduzione IRPEF
Da registrare l'ipotesi di riduzione dell'aliquota del secondo scaglione Irpef di due punti (dal 35% al 33%) e anche l'ampliamento del limite massimo di applicazione del secondo scaglione previsto dall'art. 11 TUIR a 60 mila euro rispetto ai 50 mila attualmente previsti. Del resto, nella legge di bilancio dello scorso anno, è stato fatto un importante sforzo (circa 13 miliardi il costo) per rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti ridisegnandolo col riconoscimento di un bonus fiscale in caso di reddito complessivo non superiore a 20.000 euro e sopra tale soglia e fino a 40.000 euro, di un'ulteriore detrazione dall'imposta lorda fino a 1.000 euro rapportata al periodo di lavoro nell'anno; la nuova misura sarebbe peraltro coerente con le priorità del Governo dello scorso anno e più in generale con gli obiettivi all'insediamento nell'ottobre 2022, quando la riduzione del cuneo fiscale e contributivo era di 2 punti percentuali per poi progressivamente raggiungere i 6 punti (7 per i redditi più bassi) da maggio 2023 (DL 48/2023), per poi essere resa stabile dal 2025.
Tornando alla proposta del taglio dell'aliquota Irpef del secondo scaglione Irpef di due punti percentuali, la misura si tradurrebbe in un risparmio che può raggiungere 440 euro annui (mediamente circa 34 euro al mese per i dipendenti), ma che può crescere a 640 euro annui in caso di ampliamento del limite massimo del secondo scaglione.
Il costo di tale misura è stimato in almeno 2,5 miliardi di euro (il doppio se si amplia il reddito del secondo scaglione a 60 mila euro).
Imposta sostitutiva per tassazione tredicesima
Accanto a questa ipotesi, grande interesse anche ad un'altra molto calda tra quelle che possono aspirare a raggiungere l'obiettivo che è quella di ridurre il carico fiscale dei dipendenti sulla tredicesima mensilità. Come si ricorderà, un'idea analoga era circolata lo scorso anno in sede di prima attuazione della riforma fiscale nella parte relativa all'Irpef (art. 5, comma 1, Legge 111/2023), ma poi, per ragioni evidentemente legata ai costi per il finanziamento della misura, si optò per il c.d. bonus tredicesima di 100 euro previsto dall'art. 2-bis del DL 113/2024, inserito dalla legge di conversione 7 ottobre 2024 n. 143.
In particolare, l'idea è quella di assoggettare la mensilità aggiuntiva in parola ad un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle relative addizionali regionale e comunale in luogo delle aliquote Irpef per scaglioni di reddito, come già accade per i premi di risultato o per le maggiorazioni per lavoro notturno e festivo nei settori del turismo e dei pubblici esercizi o per le mance sempre negli stessi settori. In questo caso, il risparmio potrebbe essere ben più sostanzioso, atteso che alla tredicesima mensilità si applica un'aliquota almeno del 2%; ove si applicasse un'imposta sostitutiva, ad esempio, del 10%, il risparmio potrebbe raggiungere 200 euro anche per un dipendente di livello con qualifica non elevata.
Indubbiamente, però, una misura simile avrebbe un costo molto elevato per le casse dello Stato ma si potrebbe intervenire sul requisito reddituale per l'accesso al beneficio oppure sull'aliquota dell'imposta sostitutiva.
Un'altra misura che circola è quella di promuovere il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro agevolando fiscalmente gli incrementi retributivi previsti dagli accordi. Anche in questo caso, il meccanismo sarebbe sempre quello già analizzato in precedenza: assoggettare a imposta sostitutiva in luogo dell'Irpef con conseguenti effetti positivi sul cuneo fiscale.
Buoni pasto, trasferte, welfare
Da non trascurare gli effetti positivi della proposta relativa all'incremento del limite massimo di esenzione dei buoni pasto, attualmente fermo a 4 euro per quelli cartacei e 8 euro per quelli elettronici. Anche in questo caso, il cuneo fiscale ridotto andrebbe a valorizzare l'incremento del valore del buono pasto riconosciuto dal datore di lavoro al lavoratore.
Per le stesse ragioni è da valutare favorevolmente quella di incrementare le soglie di esenzione delle indennità di trasferta previste dall'art. 51 c. 5 TUIR fino a 131 euro per quelle in Italia e 219 per quelle all'estero.
Nessun problema per il 2026 invece per i beni ceduti e servizi erogati dati datori di lavoro ai dipendenti nell'ambito del welfare aziendale (e, nei casi previsti, per le somme rimborsate) alle condizioni previste dall'art. 1 c. 390 e 391 L. 207/2024 (legge di bilancio 2025). Le misure in parola, infatti sono state infatti prorogate per tre anni.
Va peraltro segnalata la possibilità che venga aggiornata la soglia di esenzione del c.d. carrello della spesa di cui all'art. 51 c. 3 (ultimo periodo) TUIR fissando il limite a 1.000 euro nel solco, dunque, di quanto transitoriamente previsto dalla citata legge di bilancio 2025.
Stessa proroga per il dimezzamento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva applicabile ai premi di risultato erogati ai sensi dell'art. 1 c. 182 e ss. L. 208/2015.
Riassetto opzioni previdenziali
Un capitolo a parte è invece quello della previdenza ed in particolare la questione pensioni.
Il Governo si troverà infatti a decidere come gestire Quota 103, Opzione Donna e Ape sociale che la legge di bilancio 2025 aveva prorogato per il 2025 (art. 1, commi 174 e seguenti Legge 207/2024).
Tra le proposte però c'è anche una novità che è quella del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon che consentirebbe ai dipendenti di utilizzare l'importo del trattamento di fine rapporto ai fini del raggiungimento della quota minima prevista per poter uscire dal lavoro a 64 anni.
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