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giovedì 11/09/2025 • 06:00

Fisco LA RISPOSTA DELLE ENTRATE

IVA e concordato preventivo: quando il creditore può emettere la nota di variazione

Il cedente, che intenda partecipare al concordato preventivo del proprio cliente insolvente, può attendere legittimamente la conclusione infruttuosa dell'iter procedurale al fine di emettere nota di variazione in diminuzione, così recuperando l'IVA non incassata (Risp. AE 9 settembre 2025 n. 234).

di Vincenzo Cristiano - Avvocato, Studio AC

di Angelo Carlo Colombo - Commercialista e managing partner, Studio AC

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  • Tempo di lettura 7 min.
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L'analisi della fattispecie e le indicazioni dell'Agenzia delle Entrate

La questione in esame prende origine da una istanza di interpello formulata da una società esercente attività di commercio di articoli sportivi e che risulta creditrice commerciale nei confronti di una società a sua volta attiva nel settore della vendita al dettaglio.

Come spesso accade, quest'ultima è divenuta insolvente a causa di una forte mancanza di liquidità nei confronti dei propri fornitori. Tanto premesso, se inizialmente aveva provato ad accedere alla procedura di concordato preventivo, successivamente la stessa è stata revocata.

Di seguito, la società ha proposto un nuovo ricorso per concordato preventivo in continuità aziendale e, proprio grazie a questo istituto, ha ottenuto l'omologa di un piano di riparto da adempiere entro la fine dell'anno 2027 con una generale falcidia dei crediti, compreso quello vantato dalla società creditrice.

A questo punto, ben si innesta il quesito formulato dalla società creditrice, per conoscere le corrette modalità, anche dal punto di vista temporale, circa recupero dell'IVA fatturata ma che, all'esito della procedura di concordato, non potrà essere incassata per l'intero. Nel dettaglio due sono stati i quesiti sollevati:

  • il primo attiene alla normativa applicabile. Ovverosia, se debba applicarsi l'art. 26 DPR 633/72 nella formulazione ante o post-riforma del 2021 a opera del decreto "Sostegni-bis";
  • con il secondo quesito il contribuente ha chiesto se il recupero dell'IVA possa avvenire all'esito del piano di riparto e, quindi, al momento dell'infruttuosità della procedura concorsuale, poiché al verificarsi di tale condizione vi è la “ragionevole certezza” dell'incapienza del patrimonio del debitore.

Circa il primo quesito, l'Agenzia ha escluso il ricorrere di un'ipotesi di una “consecuzione” temporis tra le due procedure concorsuali. In particolare, la prima procedura di concordato (2020) non è “confluita” di fatto nella seconda (2022), benché sussistesse di fatto un originario stato di insolvenza. Ma l'Agenzia va oltre e giustifica la risposta. Ed invero, in continuità con la giurisprudenza di legittimità, chiarisce, la “consecuzione” prescinde dalla semplice successione cronologica, ma presuppone una “unicità della causa”. Se questo è, si comprende allora che, a parere dell'Agenzia occorre fare riferimento alla data di avvio del secondo concordato preventivo e, quindi, la norma di riferimento è l'art. 26 DPR 633/72 nella sua nuova “veste” (Risp. AE 9 settembre 2025 n. 234).

Nello specifico, anche a fini didattici, bene evidenziare che la consecuzione è un fenomeno generalissimo consistente nel collegamento fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa, che trova nell'art. 69-bis L.F. una sua particolare disciplina nel caso in cui esso si atteggi a consecuzione fra una o più procedure minori e un fallimento finale.

In particolare, il fenomeno della consecuzione funge da elemento di congiunzione fra procedure distinte e consente di traslare dall'una all'altra procedura la precedenza procedimentale in cui consiste la prededuzione, facendo sì che la stessa valga non solo nell'ambito in cui è maturata ma anche nell'altro che alla prima sia conseguito.

Spostando ora l'attenzione sul secondo quesito, l'Agenzia, richiamando un precedente documento di prassi (Circ. AE 20/2021), ha chiarito che, laddove il cedente scelga di insinuarsi al passivo e di non emettere la nota di credito al momento dell'apertura della procedura concorsuale e la procedura si riveli infruttuosa, il cedente ha la possibilità di avvalersi di quanto dal comma 2 del citato articolo 26. In una parola, la società creditrice può attendere la definitività del piano di riparto infruttuoso che attesta il mancato definitivo pagamento del corrispettivo ed emettere la nota di variazione con detrazione dell'imposta.

Osservazioni

Come noto, con la Circ. AE 20/2021 l'Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti in relazione alle modifiche apportate dall'art. 18 Decreto Sostegni-bis (DL 73/2021 convertito nella L. 106/2021).

La principale novità, che ha determinato diversi interventi all'interno della previsione contenuta nell'art. 26 DPR 633/72, attiene sostanzialmente alla possibilità, in caso di procedure concorsuali, di operare la nota di variazione in diminuzione sin dal momento di apertura della procedura medesima.

Riprendendo le stesse parole adottate dalle Entrate nel documento in commento “il legislatore ha, quindi, voluto “anticipare” il dies a quo relativo all'emissione della nota di variazione in diminuzione da parte del creditore in relazione alle procedure concorsuali”.

Se così è, viene ulteriormente superata la posizione assunta in proposito con precedenti documenti di prassi, secondo cui la nota di variazione in diminuzione è emessa in subordine alla “necessaria partecipazione del creditore al concorso” (cfr. Circ. AE 77/2000, Ris. AE 155/2001, Ris. AE 89/2002 e Ris. AE 195/2008)

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a cura di

redazione Memento

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