lunedì 18/08/2025 • 06:00
La corretta misurazione dell'orario di lavoro è uno dei temi più delicati in materia di gestione del rapporto di lavoro: per questo anche il sistema delle timbrature va gestito con molta attenzione. Esaminiamo un caso pratico relativo al settore metalmeccanico.
Il tema della misurazione dell'orario di lavoro tramite timbratura del cartellino è particolarmente delicato in alcuni settori.
Si prenda ad esempio il settore metalmeccanico. In merito all'orario di lavoro il CCNL del settore stabilisce, nella parte dedicata all'orario di lavoro, che “Le ore di lavoro sono contate con l'orologio dello stabilimento o reparto”. In questo settore – ma lo stesso principio vale anche per altri settori – l'esatta misurazione della prestazione costituisce presupposto fondamentale per la gestione amministrativa della posizione lavorativa e, per le mansioni per le quali è previsto, anche per l'esatta misurazione delle maggiorazioni di retribuzione previste per lo straordinario.
Il riferimento principale è infatti quello relativo alla disciplina dell'orario di lavoro di cui al D.Lgs. 66/2003. In merito va osservato che il legislatore definisce «“orario di lavoro” qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni» (art. 1 c. 2 lett. a D.Lgs. 66/2003). Definizione mutuata dalla normativa comunitaria secondo cui è «“orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali» (art. 2 n. 1 Dir. CE 88/2003, che ha sostituito la precedente Dir. CE 104/93).
In ragione di tale definizione per così dire “aperta”, ciò che conta è la “presenza” intesa come effettiva disponibilità di tempo a favore del datore di lavoro da distinguere dalle situazioni di “sospensione” della prestazione dovute ad altro titolo quale malattia, infortunio, permesso, congedo, ferie.
Pertanto, se con riferimento alle mansioni impiegatizie apicali sarebbe in ipotesi possibile anche prescindere dall'obbligo di puntuale timbratura sia in entrata sia in uscita – oggi in molti contesti sostituito da sistemi di semplice rilevazione della presenza di tipo virtuale attraverso App oppure desktop, specie in presenza di modalità di lavoro da remoto e con le garanzie di disconnessione e di corretta informativa al lavoratore di cui al GDPR (Reg. UE 2016/679) – per le mansioni non apicali tale maggiore elasticità diviene difficilmente praticabile, proprio per la necessità di misurare in modo preciso la durata della prestazione ed eventualmente le prestazioni straordinarie.
Sul punto va inoltre ricordato che anche la giurisprudenza comunitaria richiamando i principi della indicata disciplina in materia di orario di lavoro (Dir. CE 88/2003) e la posizione di debolezza del lavoratore nella dinamica del rapporto di lavoro, ha precisato che le disposizioni della direttiva non possono essere oggetto di interpretazione restrittiva a scapito dei diritti che il lavoratore trae da quest'ultima, soprattutto ai fini del diritto al riposo giornaliero e settimanale e che l'obbligo per gli Stati di prevedere un limite di 48 ore alla durata media settimanale del lavoro, comprensivo delle ore di straordinario (come peraltro espressamente previsto anche dalla normativa italiana ex art. 4 c. 2 D.Lgs. 66/2003) non può in alcun caso essere derogato, neppure con il consenso del lavoratore interessato (CGUE C-55/18 del 14 maggio 2019).
Sulla scorta di tali principi, in che termini è possibile intervenire sul sistema delle timbrature?
LA SOLUZIONE
La concreta valutazione della fattispecie segnalata passa dalla definizione di “orario di lavoro” ma anche dall'analisi – per analogia - delle argomentazioni che la giurisprudenza utilizza solitamente in relazione, ad esempio, alla qualificazione giuridica delle attività preparatorie (quale ad esempio il “tempo tuta”) e dalla loro inclusione o meno nell'orario di lavoro.
Guardando a tali argomentazioni è possibile rilevare che la giurisprudenza considera infatti tempo di lavoro retribuito il tempo necessario alla vestizione e svestizione dagli indumenti da lavoro obbligatori (Cass. n. 505/2019; Cass. n. 7738/2018) mentre ne esclude il computo nel tempo di lavoro qualora sia previsto che sul luogo di lavoro il personale sia tenuto sì (ma non obbligato) ad indossare una divisa, non potendo in questo caso l'operazione di vestizione o svestizione essere considerata etero-diretta dal datore di lavoro (ossia da lui imposta).
Quando il lavoratore ha la possibilità di scegliere non solo se indossare la divisa, ma soprattutto il tempo e il luogo di vestizione della stessa, tale attività viene normalmente ricondotta da parte della giurisprudenza entro l'ambito della mera “diligenza preparatoria” rispetto all'esecuzione della prestazione da parte del lavoratore rientrando a pieno titolo nell'obbligazione principale, ossia nell'obbligo di rendere la prestazione lavorativa già iniziata con la prima timbratura. Da qui l'importanza della rilevazione della presenza.
L'evoluzione di tale principio ha portato in tempi più recenti ad affermare che tutte le attività accessorie e propedeutiche alla attività lavorativa in senso stretto svolte dal lavoratore una volta fatto il proprio ingresso nella sede di lavoro - legate ad esempio anche all'avvio del pc e alla registrazione on line - debbano comunque essere ricomprese nell'orario di lavoro (Cass. civ. 28 maggio 2024, n. 14848).
L'uso analogico di tale principio fa assumere pertanto all'obbligo di timbratura una valenza particolare in termini di gestione dell'orario di lavoro, rendendone possibile l'eliminazione nella forma tradizionale ma prevedendo comunque l'adozione di forme alternative di rilevazione della presenza.
L'utilizzo sempre più diffuso delle nuove tecnologie, anche per la misurazione della prestazione - come le app installate sullo smartphone per la rilevazione delle presenze - è stato oggetto in questi anni di analisi sia da parte della giurisprudenza sia da parte del Garante Privacy in ragione delle importanti implicazioni che ne derivano sotto il profilo della protezione dei dati personali. Il Tribunale di Trento ha ad esempio fornito indicazioni sull'utilizzo di app per la timbratura, sottolineando espressamente la necessità di rispettare la normativa sulla protezione dei dati personali e, soprattutto gli obblighi di informativa previsti dal GDPR. Sono poi da escludere i sistemi e le applicazioni che consentono, senza opportuna informativa, la geolocalizzazione del lavoratore (v. anche Garante Privacy, Provv. 8/9/2016, n. 5497522; Garante privacy News n. 511/2023) e sono comunque vietati i sistemi di rilevazione delle presenze che utilizzino dati biometrici (Garante Privacy provv. n. 369/2022; 520/2024; 338/2024), oggi vietati anche nell'ambito dell'AI Act (Reg. UE 2024/1689).
Ne deriva che sarebbe possibile prevedere la sola abolizione delle timbrature tradizionali, sostituita dall'introduzione di sistemi alternativi, purché sempre nel rispetto della vigente normativa in materia di orario di lavoro, di quella in materia di controlli a distanza (art. 4 L. n. 300/1970) e di quella ancor più rilevante in materia di protezione dei dati (art. 13 e 22 GDPR).
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Marco Micaroni
- Responsabile Relazioni Industriali di Autostrade per l'Italia s.p.a.Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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