martedì 05/08/2025 • 06:00
Con Circolare 30 luglio 2025 del MIMIT si chiude un'epoca. Oltre 500 start up espulse dal Registro. Cambia tutto: definizione, durata, vincoli e criteri. Ora la parola passa ai consulenti.
Il 30 luglio 2025 è una data che resterà nella storia della normativa italiana per le imprese innovative. La Circolare del MIMIT segna la definitiva attuazione dello Scale up Act (L. 193/2024), che rivoluziona non solo le regole di ingresso e permanenza nella sezione speciale del Registro delle Imprese dedicata alle start up innovative, ma anche l'identità stessa di ciò che in Italia definiamo “start up”. In questo nuovo scenario normativo, 584 imprese – delle 817 ancora iscritte dopo cinque anni – dovranno essere cancellate d'ufficio per decorrenza dei termini. Una transizione brutale ma necessaria, che pone fine a un lungo periodo di incertezza dovuto all'assenza di linee guida coerenti dopo la pandemia e l'entrata in vigore della nuova normativa.
La circolare, attesa da mesi da professionisti e imprese, chiarisce finalmente le condizioni per accedere, rimanere ed evolvere all'interno del perimetro agevolato delle start up innovative.
Il primo elemento di rottura è la definizione di “start up innovativa”. Non basta più un'idea brillante, un team giovane o un'app ben lanciata. Ora è obbligatorio rispettare la definizione europea di PMI (Raccomandazione 2003/361/CE) e mantenere, a partire dal secondo anno, un valore della produzione inferiore a 5 milioni di euro. Ma soprattutto – e qui si concentra la vera cesura concettuale – vengono escluse dal perimetro tutte le imprese che svolgono attività prevalente di consulenza o agenzia. Una scelta forte, che può essere condivisibile nell'intento di evitare abusi ma che rischia di colpire anche chi opera, in modo strutturato e innovativo, in ambiti di frontiera dove la consulenza è parte integrante del modello di business (si pensi a start up ESG, sicurezza digitale, energie rinnovabili o smart agritech). È un'impostazione dogmatica, che il legislatore ha attenuato solo in parte prevedendo un regime transitorio. Le imprese già iscritte potranno infatti dimostrare, alla prossima dichiarazione annuale, di aver modificato l'attività prevalente per conservare lo status.
Altro pilastro della riforma è il meccanismo di permanenza nel registro. Si parte da un periodo di tre anni, prorogabile a cinque se si dimostra almeno uno tra 5 requisiti (tra cui brevetto registrato, investitore istituzionale, contratto con ente pubblico, spese R&S al 25%, crescita ricavi o forza lavoro del 50%). La durata può ulteriormente estendersi fino a nove anni, con due proroghe biennali, solo in presenza di condizioni stringenti: aumento di capitale da OICR sopra 1 milione di euro o incremento annuo dei ricavi del 100%. Questa progressione “a scalini”, che ricalca le logiche di accelerazione delle scale up internazionali, è un passaggio culturale decisivo. L'Italia prova così a costruire un sistema meritocratico dove non basta entrare nel perimetro, ma bisogna dimostrare di crescere davvero. È un cambio di paradigma che responsabilizza le imprese, ma anche i commercialisti, chiamati ora a un lavoro più analitico, tecnico e consulenziale in senso strategico. Sul piano pratico, però, il rischio di una desertificazione del Registro esiste. Come ha rilevato il MIMIT, la scadenza del regime transitorio Covid che allungava la vita delle start up da 60 a 72 mesi ha colpito duramente. I numeri parlano chiaro: il 71% delle imprese iscritte da più di cinque anni non ha più titolo per restare nella sezione speciale. Si apre quindi una fase di transizione in cui sarà determinante la capacità degli intermediari di accompagnare le aziende in un passaggio ordinato verso lo status di PMI innovativa o, se del caso, di programmare una nuova iscrizione alla luce dei requisiti attuali.
Nella tabella che segue è riportato un confronto tra il vecchio impianto normativo e il nuovo modello post-Scaleup Act.
Ambito Normativo |
Regime Antecedente (DL 179/2012) |
Nuovo Regime (L. 193/2024 - Scaleup Act) |
---|---|---|
Durata del regime agevolato |
Il limite massimo era fissato in 5 anni dalla costituzione |
Possibilità di permanenza estesa fino a un massimo di 9 anni (3+2+2+2), in funzione della crescita e della solidità raggiunta |
Riconoscimento come PMI |
Non era richiesto un inquadramento dimensionale specifico |
L'azienda deve rientrare nei parametri di PMI secondo la normativa UE (2003/361/CE) |
Attività economiche ammesse |
La normativa si limitava a generiche esclusioni |
Esclusione esplicita per le attività di agenzia e consulenza, anche mediante codici ATECO specifici |
Estensione da 3 a 5 anni |
Nessun meccanismo previsto |
Ammissibile solo al soddisfacimento di criteri aggiuntivi quali spese R&S, brevetti, investitori istituzionali |
Permanenza oltre 5 anni |
Non contemplata |
Possibile per aziende in fase scale-up che rispettano criteri stringenti di investimento o crescita ricavi |
Collegamenti con grandi imprese |
Tollerata una forma limitata di legame con gruppi maggiori |
Esclusione netta per startup controllate o associate a grandi imprese |
Titolarità di privative |
Era sufficiente dimostrare il semplice deposito |
È richiesto il possesso effettivo di brevetti riconosciuti e registrati |
Fase di transizione normativa |
Nessuna norma transitoria specifica |
Introdotti periodi di adeguamento differenziati: sei mesi o dodici, in base all'anzianità di iscrizione |
Post emergenza COVID |
Era prevista una proroga speciale fino a 72 mesi |
Termine riportato a 60 mesi, con previsione di cancellazioni d'ufficio per superamento soglia |
La sensazione, leggendo tra le righe della circolare, è che l'obiettivo sia duplice: da un lato ridurre drasticamente le posizioni “dormienti” o opportunistiche, dall'altro liberare risorse per sostenere chi cresce davvero. Una razionalizzazione necessaria, ma che dovrebbe forse essere accompagnata anche da un investimento sulla semplificazione e sulla comunicazione. Perché le norme possono essere giuste, ma se non sono comprensibili e ben applicate diventano un ostacolo.
Nel complesso, la circolare risponde alle attese del mercato e dei professionisti. È chiara, tecnica, coerente con il dettato normativo. Ma segna anche l'inizio di una nuova era: chi oggi vuole fondare o accompagnare una start up dovrà confrontarsi con criteri più rigorosi, tempistiche stringenti e procedure verificabili. Servirà più strategia e meno improvvisazione. E forse è proprio questo, al netto delle cancellazioni, il segnale più positivo per l'intero ecosistema dell'innovazione.
Fonte: Circ. MIMIT 30 luglio 2025
© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.
Vedi anche
Approfondisci con
Le start-up innovative sono società di capitali costituite anche in forma cooperativa che hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innova..
Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o
contatta il tuo
agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.