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sabato 02/08/2025 • 06:00

Lavoro DAL TRIBUNALE DI RAGUSA

Smart working senza accordo: legittimo il licenziamento

L'espletamento della prestazione lavorativa secondo modalità agile autonomamente ed unilateralmente decisa dal lavoratore è un comportamento illecito con rilievo disciplinare: lo ha stabilito il Tribunale di Ragusa con una pronuncia dell'11 luglio 2025.

di Marcella de Trizio - Avvocato - Studio ArlatiGhislandi

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  • Tempo di lettura 10 min.
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Il Tribunale di Ragusa, con sentenza dell'11 luglio 2025, si è pronunciato su un caso quantomai frequente in tempi di lavoro agile; quello in cui il dipendente svolga la prestazione lavorativa da remoto senza il consenso del datore di lavoro, dichiarando la legittimità del licenziamento.

Fatti di causa

La causa ha ad oggetto un licenziamento disciplinare intimato ad un dipendente a cui veniva contestato di aver impropriamente ed arbitrariamente espletato la sua prestazione lavorativa giornaliera, parzialmente o integralmente, secondo modalità assimilabili al cd. lavoro agile (o smart working) in assenza di autorizzazione, mediante un uso illegittimo/abusivo della connessione VPN e delle timbrature virtuali.

Nella fattispecie venivano utilizzate n. 43 timbrature virtuali con connessioni in VPN (Virtual Private Network) dal 19 aprile al 5 novembre 2023.

Detta condotta violava le disposizioni aziendali previste per i quadri di cui agli artt. 21-29 e 52 del vigente CCNL, nonché il Codice Etico aziendale in uso al personale del gruppo.

Il lavoratore sosteneva per contro di essere legittimato a svolgere attività di lavoro da remoto in forza ai sensi del combinato disposto:

  • dell'art. 90 c. 1-2 DL 34/2020 convertito in L. 77/2020;
  • dell'art. 42 c. 3bis DL 48/2023 convertito in L. 85/2023;
  • dell'art. 18bis DL 145/2023 convertito L. 191/2023, norma che assicurerebbe lo svolgimento della prestazione lavorativa in "modalità agile" sino al 31 marzo 2024 per i dipendenti con almeno un figlio minore di 14 anni e con l'altro genitore lavoratore.

Quadro normativo

Stante la contumacia datoriale e la soccombenza del lavoratore appare utile riportare il ragionamento in diritto svolto dal giudicante.

Il Tribunale, nel rigettare la domanda del lavoratore, rammenta che lo smart working costituisce una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato, disciplinata dalla L. 81/2017, come modificata dal DL 73/2022 (c.d. Decreto Semplificazioni) convertito con modificazione dalla L. 122/2022.

Il comma 1 dell'art. 18 di tale legge fornisce la definizione di lavoro agile, quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che viene definita attraverso un accordo tra le parti.

Il successivo art. 19 indica poi i contenuti essenziali dell'accordo individuale da stipularsi per iscritto, relativo alla modalità di lavoro agile.

In merito al contenuto dell'accordo individuale di smart working si dà atto nella pronuncia del Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile nel settore privato del 7 dicembre 2021 sottoscritto tra il Ministero del Lavoro e le parti sociali, che delinea il quadro di riferimento per la definizione dello svolgimento del lavoro in smart working, individuando le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale. In particolare, il Protocollo, più precisamente, con riferimento all'accordo, esprime i seguenti principi:

  1. l'adesione allo smart working avviene su base volontaria ed é subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso. L'eventuale rifiuto del lavoratore di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare;
  2. dev'essere sottoscritto un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore(artt. 19 e 21 della L. 81/2017) e secondo quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva. Tale accordo deve indicare la durata dell'accordo, l'alternanza tra i periodi di lavoro all'interno e all'esterno dei locali aziendali, i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, gli aspetti relativi all'esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione, le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, e dalla normativa in materia di protezione dei dati personali, l'attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile, le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.

La sentenza richiama anche l'art. 23 L. 81/2017 disciplinante gli obblighi di comunicazione al Ministero del Lavoro e di copertura assicurativa INAIL, anche nel tragitto di andata e ritorno dal luogo di lavoro, a pena di sanzione.

Da ultimo e ai fini della verifica della proporzionalità della sanzione espulsiva si richiamano gli artt. 52-53 del CCNL di settore.

L'art. 52 recita: "Il dipendente è tenuto ad osservare le norme del presente contratto nonché le disposizioni per l'esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dalla Società. Inoltre, in ossequio ai principi enunciati negli artt. 2104 e 2105 del codice civile, deve tenere un comportamento disciplinato e rispondente ai doveri inerenti all'esplicazione delle attività assegnategli, ed in particolare: a) rispettare l'orario di lavoro ed adempiere alle formalità prescritte dalla Società per il controllo delle presenze; b) svolgere con assiduità, diligenza e spirito di collaborazione, le attività assegnategli; (omissis)".

Quanto all'adeguatezza della sanzione inflitta al ricorrente, l'art. 53 del CCNL di categoria prevede che: "Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni e avuto riguardo alla gravità della mancanza, in conformità con quanto previsto nell'art. 7 della legge n. 300 del 20 maggio 1970, l'entità di ciascuno dei suddetti provvedimenti sarà determinata in relazione: - alla intenzionalità del comportamento o al grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo anche alla prevedibilità dell 'evento; - al concorso, nella mancanza, di più lavoratori in accordo tra loro; - al comportamento complessivo del lavoratore, con particolare riguardo ai precedenti disciplinari nell'ambito del biennio. (omissis)").

Decisione

Alla luce della disciplina delineata la pronuncia conclude che “lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non costituisce un diritto pieno del lavoratore, risultando esso comunque subordinato all'autorizzazione della parte datoriale ed alla sottoscrizione di specifico accordo nel contesto del quale vengano dettagliatamente descritti gli aspetti rilevanti della prestazione stessa secondo quanto disposto dalla legge e dal menzionato Protocollo.”

Né è possibile:

  • che il lavoratore eventualmente in possesso dei requisiti idonei a consentire l'accesso preferenziale allo smart working possa in maniera del tutto autonoma decidere se e quando rendere la propria attività lavorativa in non meglio precisato locali diversi dalla sede aziendale. Il dipendente interessato, per contro, é tenuto ad ottenere dal datore di lavoro una autorizzazione preventiva, da integrare indefettibilmente con la stipulazione dell'accordo di cui sopra.
  • sostituire l'accordo con una “mera notizia (informale e implicita) offerta dal dipendente al proprio superiore gerarchico (men che meno tramite messaggi WhatsApp), essendo evidente la distinzione tra simili comunicazioni (inerenti ad una ordinaria conversazione telefonica) ed il complesso contenuto dell'accordo al quale fanno riferimento tanto la legge n. 81 del 2017 quanto il suddetto Protocollo”.

Inoltre, “la circostanza che il CCNL non contenga disposizioni di dettaglio riguardo all'autorizzazione al lavoro agile ed al conseguente accordo scritto non può determinare l'automatico sorgere di un pieno ed indiscriminato diritto allo smart working, ma impone piuttosto al dipendente interessato di attivarsi al fine di ottenere la redazione e sottoscrizione dell'accordo, con assoluto divieto di svolgere attività lavorativa secondo una modalità agile del tutto autonomamente ed arbitrariamente stabilita.”

In conclusione, la condotta consistente nell'aver fatto indebito ricorso allo smart working per un significativo numero di giorni assume un rilievo disciplinare tale per cui la sanzione espulsiva appare legittima.

Ciò anche avuto riguardo al contegno tenuto dal ricorrente, al ruolo professionale del medesimo,“(presuntivamente implicante la piena conoscenza della disciplina sopra diffusamente richiamata) e alle nozioni comunemente in possesso di qualsivoglia lavoratore dipendente, è da ritenere - in conclusione - che l'espletamento della prestazione lavorativa secondo modalità agile autonomamente ed unilateralmente decisa dall'(...) si atteggi quale comportamento immediatamente percepibile dal suo autore come illecito, riconoscibile nel suo disvalore disciplinare pur in assenza di specifica previsione nel contesto di un codice disciplinare affisso in luogo accessibile a tutti i dipendenti. “

La pronuncia appare certamente utile a stigmatizzare comportamenti palesemente contrari al dettato normativo.

Utile, tuttavia, sarebbe stata una presa di posizione rispetto alla disciplina emergenziale – pure particolarmente complessa nel periodo Covid – stante l'esplicita previsione nell'art. 90 c. 1 DL 34/2020 che prevede la possibilità per i genitori di svolgere smart working anche in assenza di accordi individuali.

Lascia altresì perplessi la circostanza secondo cui lo smart working, quale soluzione organizzativa, debba generare in capo al lavoratore (e non già in capo al datore di lavoro) l'obbligo “ di attivarsi al fine di ottenere la redazione e sottoscrizione dell'accordo”.

Fonte: Tribunale di Ragusa, sentenza 11 luglio 2025

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