sabato 02/08/2025 • 06:00
La CGUE autorizza la variazione in diminuzione dell'imposta applicata con aliquota superiore, se addebitata a consumatori finali, intendendo per tali coloro che non sono soggetti di imposta ai fini IVA. Irrilevante il possibile arricchimento senza causa del prestatore (CGUE 1 agosto 2025 C-794/23).
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Rivalsa e detrazione dell'imposta sul valore aggiunto sono due aspetti inscindibili: il diritto di detrazione, fondamento che qualifica questo tributo, può essere esercitato solo a condizione che il cedente o prestatore del servizio emetta una fattura, che indica l'IVA addebitata al cliente.
Sin dalla direttiva del 1967, che noi abbiamo recepito con quella che chiamiamo “legge IVA” (DPR 633/72), l'indicazione dell'imposta in fattura ne rende debitore chi ha emesso questo documento, anche se l'IVA fosse stata indicata in misura superiore a quella dovuta. Questo principio è oggi fermato dall'art. 203 direttiva 2006/112/CE e dall'art. 21 c. 7 legge IVA.
La perfetta simmetria tra posizione del cedente o prestatore (la rivalsa) e quella del cessionario o committente (la detrazione) è stata infranta dalla Corte di Giustizia con la storica sentenza Genius Holding (C-342/87 del 13 dicembre 1989): se l'IVA è addebitata in eccesso a quella dovuta, la detrazione non compete. Questa regola è stata più volte modificata nel nostro ordinamento: la conclusione è oggi chiara in questo senso nell'art. 6 c. 8 D.Lgs. 471/97, nel testo vigente dal 29 giugno 2024, in base ad una norma della riforma tributaria (D.Lgs. 87/2024): resta ferma la detrazione “della sola imposta effettivamente dovuta in ragione della natura e delle caratteristiche dell'operazione...
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Marco Peirolo
- Dottore commercialista e componente della Commissione IVA e altre imposte indirette CNDCECRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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