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lunedì 21/07/2025 • 06:00

Caso Risolto IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO

La nozione di bene ammortizzabile ai fini del pro rata di detrazione IVA

La nozione di bene ammortizzabile intesa come bene d'investimento, secondo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza comunitaria, deve essere assunta anche ai fini del pro rata di detrazione, in particolare per individuare i beni che, se ceduti, sono esclusi dal calcolo della percentuale di detrazione.

di Marco Peirolo - Dottore commercialista e componente della Commissione IVA e altre imposte indirette CNDCEC

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Pro rata di detrazione

Se un contribuente svolge sia un'attività che dà luogo ad operazioni soggette ad IVA o a queste assimilate, sia un'attività che dà luogo ad operazioni esenti da imposta, lo stesso deve operare la detrazione in base ad una percentuale (pro rata), da applicare a tutta l'imposta a monte e non soltanto a quella relativa a beni e servizi ad uso promiscuo (art. 19 c. 5 DPR 633/72).

In sostanza, i soggetti che si trovano nell'anzidetta situazione, che svolgono, cioè, attività imponibili ed attività esenti, non devono procedere ad alcuna distinzione degli acquisti dei beni/servizi, a seconda della loro destinazione in operazioni imponibili o in operazioni esenti, in quanto l'imposta detraibile è determinata applicando il pro rata a tutta l'imposta assolta sugli acquisti.

Ai fini dell'individuazione delle imprese obbligate ad operare la detrazione dell'IVA mediante l'applicazione del pro rata, il legislatore italiano, anziché fare riferimento alle operazioni che danno diritto a detrazione e alle operazioni esenti, utilizza, ai predetti fini, l'espressione attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione ed attività esenti.

L'occasionale effettuazione di operazioni esenti da parte di un contribuente che svolge essenzialmente un'attività soggetta ad IVA (come pure l'occasionale effettuazione di operazioni imponibili, da parte di un soggetto che svolge essenzialmente un'attività esente) non dà luogo all'applicazione del pro rata.

In tali casi torna, naturalmente, applicabile, ai fini della determinazione dell'imposta detraibile, il criterio generale dell'utilizzazione specifica dei beni/servizi, con indetraibilità dell'imposta afferente i beni/servizi impiegati nelle operazioni esenti (CM 24 dicembre 1997 n. 328/E).

La percentuale di detraibilità è data dal rapporto tra (art. 19-bis c. 1 DPR 633/72):

  • l'ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell'anno (comprendenti sia le operazioni imponibili che le operazioni non soggette ma assimilate ad operazioni imponibili ai fini delle detrazioni); e
  • lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell'anno medesimo.

Nel corso dell'anno, la detrazione è provvisoriamente operata con l'applicazione della percentuale di detrazione dell'anno precedente, salvo conguaglio alla fine dell'anno.

I soggetti che iniziano l'attività operano la detrazione in base ad una percentuale di detrazione determinata presuntivamente, salvo conguaglio alla fine dell'anno (art. 19 c. 5 DPR 633/72).

Esclusione dal pro rata delle cessioni di beni ammortizzabili

Ai fini del calcolo della percentuale di detrazione non si tiene conto, tra le altre, delle cessioni di beni ammortizzabili (art. 19-bis c. 2 DPR 633/72).

Tale ultima previsione recepisce nell'ordinamento interno la corrispondente disposizione comunitaria, secondo la quale, per il calcolo del pro rata di detrazione, non si tiene conto dell'importo del volume d'affari relativo alle cessioni di beni d'investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa (art. 174 par. 2 Direttiva n. 2006/112/CE).

Al riguardo, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che (sent. 6 marzo 2008, causa C-98/07):

  • la finalità dell'esclusione delle cessioni dei beni d'investimento dal calcolo del pro rata si giustifica per evitare che possano falsarne il significato reale nella misura in cui essi non riflettano l'attività professionale del soggetto passivo. Tali operazioni sono d'altronde escluse solo se non rientrano nell'attività professionale abituale del soggetto passivo;
  • il legislatore comunitario ha, quindi, inteso escludere dal calcolo del pro rata il fatturato relativo alla vendita di beni allorché la stessa riveste un carattere inusuale rispetto all'attività corrente del soggetto passivo interessato e non richiede un utilizzo dei beni/servizi ad uso misto in modo proporzionale al fatturato che genera;
  • in tale contesto, la nozione di beni d'investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa non può comprendere quelli la cui vendita riveste, per il soggetto passivo interessato, il carattere di un'attività economica usuale.

Per l'individuazione dei beni strumentali ammortizzabili ai fini dell'esclusione dal pro rata, in assenza di una definizione ai fini dell'IVA, si deve avere riguardo ai criteri per essi disposti ai fini delle imposte dirette.

In particolare, per (Risp. AE 4 giugno 2020 n. 165):

  • “beni oggetto dell'attività propria dell'impresa” devono intendersi quelli il cui impiego qualifica e realizza l'attività normalmente esercitata (commercio, lavorazione, noleggio, locazione finanziaria, ecc.);
  • “beni strumentali utilizzati nell'esercizio dell'attività propria”, quelli impiegati esclusivamente come mezzo per l'esercizio di detta attività e, pertanto, diversamente dai primi, inidonei, come tali, a qualificare la natura dell'attività svolta.

Di conseguenza, non concorrono alla formazione del pro rata le cessioni di fabbricati qualificati come beni fiscalmente ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, vale a dire diversi da quelli cd. merce (di cui all'art. 92 TUIR) e da quelli cd. patrimoniali (di cui all'art. 90 TUIR).

Con la Risp. AE 3 agosto 2023 n. 413, l'Agenzia delle Entrate ha confermato che, ai fini del calcolo della percentuale di detrazione, deve farsi riferimento alla definizione di “beni ammortizzabili” rilevante ai fini delle imposte dirette, con la conseguenza che, nel caso esaminato, non concorrono alla formazione del pro rata le cessioni di fabbricati che l'istante ha qualificato come beni fiscalmente ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, vale a dire diversi da quelli cd. merce (di cui all'art. 92 TUIR) e da quelli cd. patrimoniali (di cui all'art. 90 TUIR).

La soluzione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13162 del 14 maggio 2024, con riferimento alla diversa questione del rimborso IVA ex art. 30 c. 2 lett. c) DPR 633/72, ha affermato che il concetto di “bene ammortizzabile” non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell'IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette(artt. 102 e 103 TUIR) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel Codice civile ovvero i principi contabili, dovendosi fare riferimento alla nozione - ampia e sostanzialmente economica - di “beni di investimento” che è quella utilizzata nella Direttiva n. 2006/112/CE (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190) e che, quindi, risulta essere l'unico parametro al quale un'interpretazione conforme deve affidarsi.

Di conseguenza, hanno concluso le Sezioni Unite, l'applicazione dell'art. 30 c. 2 lett. c) DPR 633/72 ve necessariamente estesa ai beni che, pur “stricto sensu” non ammortizzabili, sono comunque destinati all'esercizio dell'impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali “investimenti” (beni strumentali).

Alla luce di tale posizione, alla quale si è allineata anche l'Agenzia delle Entrate (Ris. AE 26 marzo 2025 n. 20), la Cass. 22 giugno 2025 n. 16664, ha affermato che, per individuare la nozione di “bene ammortizzabile” ai fini del calcolo del pro rata di detrazione, in mancanza di una definizione specifica in materia di IVA, occorre procedere sulla base di un'interpretazione conforme, trattandosi di imposta armonizzata.

In sostanza, secondo i giudici di legittimità, la nozione di “bene ammortizzabile” deve essere interpretata in coerenza con la nozione di “bene d'investimento” prevista dalla Direttiva n. 2006/112/CE, sicché risulterebbero superate le indicazioni della prassi amministrativa, sopra richiamate, che invece fanno riferimento alla nozione di “bene ammortizzabile” rilevante ai fini delle imposte dirette.

Risulta, pertanto, auspicabile un espresso chiarimento ufficiale sul punto.

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