martedì 15/07/2025 • 06:00
Non si fermano le contestazioni di omesso controllo della filiera produttiva da parte del Tribunale di Milano nei confronti di alcune delle più note maison del lusso italiane e internazionali. Un nuovo caso di amministrazione giudiziaria (art. 34 D.Lgs. 159/2011) coinvolge una storica impresa nel settore cashmere.
Introduzione
Il settore della moda e del lusso, da sempre fiore all'occhiello del Made in Italy, è oggi al centro di un acceso dibattito giuridico e sociale. Negli ultimi diciotto mesi, il Tribunale di Milano - Sezione Misure di Prevenzione, ha disposto misure di amministrazione giudiziaria nei confronti di diverse aziende operanti nel settore della moda e del lusso, sulla base dell'art. 34 D.Lgs. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia).
Le pronunce si fondano sull'agevolazione colposa del caporalato, derivante dall'omesso controllo della filiera produttiva e pongono l'accento su una questione cruciale: la responsabilità dell'impresa per condotte illecite commesse lungo la filiera produttiva, anche in assenza di dolo o colpa diretta.
La misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria è stata applicata in tutti i casi per agevolazione colposa del caporalato (art. 603-bis c.p.), configurata attraverso l'omesso controllo dei subappaltatori e la mancata verifica delle condizioni di lavoro.
Il caso concreto
La sentenza 14 luglio 2025 rappresenta l'ultimo tassello di un mosaico giurisprudenziale che si va consolidando. Il Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria per una storica impresa nel settore cashmere, controllata da un gruppo internazionale, per un periodo di 12 mesi, con possibilità di revoca anticipata. L'indagine della Procura ha, difatti, rivelato che anche la società in commento appaltava la produzione di capi di pregio a un soggetto intermedio, che a sua volta subappaltava il lavoro a opifici, caratterizzati da impiego di manodopera irregolare e clandestina, condizioni di lavoro degradanti e retribuzioni irrisorie. La misura è stata motivata con il mancato controllo della supply chain, ritenuto indice di una condotta colposa grave, con conseguente agevolazione indiretta di reati previsti dagli artt. 603-bis c.p. (caporalato) e 25-quinquiesdecies, D.Lgs. 231/2001.
Il Tribunale di Milano ha ritenuto che l'impresa, pur non avendo consapevolezza diretta delle condizioni di lavoro, non abbia adottato una struttura organizzativa idonea a prevenire il rischio di sfruttamento, in particolare in merito alle seguenti contestazioni:
· affidamento diretto della produzione a una società terza, che ha subappaltato a laboratori privi di sicurezza e con manodopera irregolare;
· omessa verifica della capacità imprenditoriale dei soggetti protagonisti di appalto e assenza di audit efficaci;
· meccanismo strutturale ed endemico, funzionale alla massimizzazione dei profitti.
Confronto con casi recenti nel settore
Nel 2023, il Tribunale di Milano dispose l'amministrazione giudiziaria per una società operante nella produzione del lusso per fatti analoghi: subappalti a laboratori gestiti da imprese con impiego di lavoratori irregolari. L'amministrazione giudiziaria durò 6 mesi e fu revocata anticipatamente in seguito a un tempestivo piano di self-cleaning. Inoltre, nel 2024, una società italiana riconducibile a un noto gruppo francese fu destinataria di misura cautelare per gravi carenze nel controllo dei fornitori. Anche in questo caso vennero documentati: subappalti illeciti; utilizzo di forza lavoro sfruttata; assenza di audit efficaci sui fornitori. La misura fu revocata dopo 9 mesi grazie all'introduzione di un sistema di tracciabilità avanzato e all'estensione del Modello 231 a tutta la filiera. Non di meno, una casa di moda italiana è stata oggetto di amministrazione giudiziaria a partire da ottobre 2024. A differenza dei precedenti, le indagini hanno mostrato una persistente opacità nella documentazione dei subappalti: al luglio 2025, la misura è ancora in vigore.
Infine, ricordiamo un provvedimento del 2023, riguardante il caso di una società romana attiva nel design e nell'abbigliamento, brand italiano con forte connotazione geografica, in cui la misura venne disposta per analoghi reati legati allo sfruttamento della manodopera straniera irregolare. L'intervento dell'amministratore giudiziario ha portato a una revisione completa del modello organizzativo e a un piano di self-cleaning approvato dalla Procura in meno di 5 mesi.
Tutti i casi esaminati condividono una comune matrice di reati: sfruttamento del lavoro, violazione delle norme sulla sicurezza, e mancanza di controllo nelle catene di subappalto. Il Tribunale ha, difatti, applicato l'art. 34-bis anche in presenza di responsabilità meramente colposa e non dolosa.
La giurisprudenza più recente ha posto l'accento sull'effettività del Modello 231, non solo sulla sua formale adozione, ma in favore dell'efficace attuazione. Le sentenze evidenziano, dunque, che l'assenza di un Modello organizzativo efficace possa costituire presupposto per l'applicazione della misura di prevenzione. In particolare:
· la colpa organizzativa si configura anche in assenza di dolo;
· il Modello 231 deve includere protocolli di controllo della filiera;
· l'Organismo di Vigilanza deve essere autonomo, competente e operativo;
· la tracciabilità dei fornitori è elemento essenziale.
Il ruolo del professionista
In questo contesto, il professionista diventa consulente strategico, con responsabilità diretta nella governance dei rischi reputazionali e penali. In qualità di consulente tecnico e presidio di legalità, è chiamato a:
· mappare i rischi di filiera e supportare l'Organismo di Vigilanza;
· verificare la congruità dei contratti e la capacità produttiva dei fornitori;
· presidiare la tracciabilità delle transazioni e la regolarità dei subappalti;
· promuovere la cultura della legalità economica , anche attraverso formazione e sensibilizzazione.
Conclusioni
Le pronunce del Tribunale di Milano delineano un nuovo paradigma di responsabilità d'impresa, dove l'omessa vigilanza sulla filiera può integrare una condotta agevolatrice colposa. Il sistema 231, se correttamente implementato, rappresenta non solo uno strumento di esonero, ma un presidio reputazionale e organizzativo.
Per le imprese del lusso, la trasparenza nella filiera non è più un'opzione: è una necessità giuridica, etica e competitiva.
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Per la sua adozione ed il suo funzionamento la 231 richiede la partecipazione di molte persone; comprendere quali siano i principali protagonisti ed i loro ruoli è utile per implementare un sistema efficace e duraturo n..
Cipriano Ficedolo
- Avvocato penalista d’impresaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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