lunedì 14/07/2025 • 06:00
La nozione di "datore di lavoro" di cui all'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori non è suscettibile di interpretazione analogica: l'ha confermato il Tribunale di Ferrara nel giudizio con cui un sindacato lamentava la lesione della libertà sindacale da parte dell'azienda committente di un appalto.
La sezione Lavoro del Tribunale di Ferrara, con decreto ex art. 28 Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970) del 3 luglio 2025, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di una società committente di un appalto di servizi di logistica la quale, per contenere il pregiudizio derivante dall'esercizio del diritto di sciopero dei dipendenti dell'appaltatore, si è riorganizzata con mezzi e dipendenti propri.
Il giudizio ex art. 28 promosso dalla O.S.
Un'organizzazione sindacale ha promosso un giudizio ex art. 28 nei confronti di due società parti di un rapporto di appalto, poiché esse avrebbero limitato il corretto esercizio del diritto di sciopero da parte dei lavoratori dell'appaltatore.
Lo sciopero era stato indetto a seguito di confronti sindacali, derivanti da una procedura di clausola sociale. Nella specie, la committente aveva comunicato l'intenzione di recedere dal contratto di appalto, avendo deciso di internalizzare parte dell'attività oggetto dell'appalto. La committente per contenere le conseguenze dell'interruzione dell'attività, dovuta allo sciopero dei dipendenti dell'appaltatore, impiegava alcuni lavoratori alle proprie dipendenze nelle attività oggetto di appalto.
L'organizzazione sindacale ricorrente sosteneva che tali azioni avrebbero causato la lesione della libertà sindacale, impedendo che l'attività sindacale, svolta tramite il ricorso allo sciopero, potesse dispiegarsi in maniera efficace. L'organizzazione sosteneva, inoltre, che ciò potesse configurare “crumiraggio esterno”, che, secondo il sindacato, sarebbe illegittimo anche in anche nel caso di appalto endoaziendale.
Il sindacato chiedeva quindi al giudice di accertare l'antisindacalità sia delle condotte dell'appaltatore che di quelle del committente per avere consentito e comunque non impedito la sostituzione dei dipendenti scioperanti.
La tesi principale difensiva dell'appaltatore sosteneva che l'esercizio del diritto allo sciopero ai propri dipendenti fosse stato pienamente garantito anche perché tale azienda non era certo legittimata ad ingerirsi e sostituirsi all'azienda committente nella gestione della propria attività.
Quanto all'azienda committente, la difesa ha sostenuto, tra l'altro, il difetto di legittimazione poiché tale legittimazione, alla luce di quanto previsto dall'art. 28, spetta solo in capo al datore di lavoro e non a soggetti terzi.
Legittimazione passiva art. 28: interpretazione giurisprudenziale
L'art. 28, al primo comma stabilisce che: “Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.”
La norma appare chiara nell'individuazione del soggetto “passivo” del procedimento speciale disciplinato dalla norma in commento che è appunto il “datore di lavoro”. Ciò è ancor più comprensibile se si tiene conto dell'obiettivo che il procedimento speciale persegue e cioè la cessazione di condotte antisindacali e la rimozione dei relativi effetti all'interno dell'azienda: solo il “datore di lavoro” può essere il destinatario di un provvedimento che imponga tali effetti.
La giurisprudenza di legittimità formatasi prende le mosse da una pronuncia degli anni '80 che ha sancito che: “La legittimazione passiva alla speciale azione disciplinata dall'art. 28 della legge n. 300 del 1970 spetta esclusivamente al datore di lavoro , che è il solo possibile destinatario di quello ordine di cessare dal comportamento illegittimo e di rimuoverne gli effetti, che costituisce l'oggetto e il fine di detto procedimento” (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., n. 4381/1984).
Anche i giudici di merito, nel tempo, hanno mostrato di aderire ai principi sopra espressi: “La legittimazione passiva nella speciale azione disciplinata dall'art. 28 st. lav. spetta esclusivamente al datore di lavoro. La norma, infatti, individua con precisione il solo datore di lavoro come soggetto che, avendo posto in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio delle libertà e attività sindacali o del diritto di sciopero, può essere destinatario di un ordine di cessazione del comportamento illegittimo e di rimozione degli effetti” (cfr. Tribunale Milano 30 novembre 2002; Pretura Roma, 26 luglio 1991).
La pronuncia del Tribunale di Ferrara: legittimazione passiva ed esternalizzazione del lavoro
La pronuncia qui analizzata, nel richiamare i principi giurisprudenziali sopra riportati, riflette sull'opportuno dibattito relativo alla possibilità di “estendere la legittimazione passiva” rispetto alle ipotesi di esternalizzazione del lavoro, in cui la prestazione lavorativa viene resa in favore di un soggetto diverso dal datore di lavoro formale.
Nel caso di specie il Tribunale di Ferrara, rispetto all'ipotesi dell'appalto ha ritenuto esperibile la procedura ex art. 28 nei confronti del committente solo in caso di esternalizzazione non genuina, in cui l'appaltatore sia privo di reale autonomia, e non sia l'effettivo gestore dell'attività appaltata, ossia in caso di interposizione fittizia di manodopera.
Il decreto in commento richiama, in particolare, una pronuncia del Tribunale di Roma del 3 marzo 2008: “L'articolo 28 può essere utilizzato per reprimere le condotte ritenute antisindacali, poste in essere esclusivamente da parte del datore di lavoro e non anche da parte di soggetti estranei al rapporto di lavoro. Sotto questo profilo vi è l'inequivocabile dato letterale della norma, la quale era espressamente fa riferimento, quale soggetto passivo del procedimento, al datore di lavoro (“Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti…”).
Tale argomentazione deve essere tenuta ferma anche in presenza di fenomeni di sdoppiamento tra la figura del datore di lavoro e quella dell'utilizzatore della prestazione medesima, per le seguenti argomentazioni: (…) la norma introducendo un procedimento speciale, non può essere interpretata analogicamente, estendendo il concetto di datore di lavoro, tutti i soggetti che, pur non essendo tali, utilizzano le prestazioni lavorative come nell'ipotesi di appalto di somministrazione (…):”
Il Tribunale di Ferrara conclude quindi affermando che: “Non è dunque possibile avallare l'approccio interpretativo sollecitato nelle note scritte autorizzate dalla parte ricorrente secondo cui “… il datore di lavoro rilevante ai sensi dell'art. 28 è quello che in quel momento lede gli interessi dell'O.S. ricorrente, e non necessariamente il datore di lavoro dei lavoratori scioperanti. La nozione di “datore di lavoro” contenuta nell'art. 28 merita infatti di essere letta alla luce della particolarità della vicenda …”,perché non è norma suscettibile di interpretazione analogica.”.
In estrema sintesi, il presupposto per poter agire verso il committente ex art. 28, è la sussistenza, accertata, di un'ipotesi di interposizione illecita che qualificherebbe il committente quale “datore di lavoro”. Resta il dubbio, a parere di chi scrive, che tale accertamento possa o meno appartenere, anche solo incidentalmente, al perimetro della cognizione del Giudice nel procedimento speciale ex art 28, L. n. 300/1970, che oltre ad avere natura sommaria, può avere ad oggetto solo la verifica di comportamenti datoriali che impediscono o limitano l'attività sindacale.
Fonte: Tribunale di Ferrara, decreto ex art. 28 L. 300/1970 del 3 luglio 2025
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