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sabato 28/06/2025 • 06:00

Lavoro DALLA CGUE

Licenziamenti collettivi: chiarito l'ambito di applicazione della Direttiva CE 1998/59

Con sentenza pubblicata il 19 giugno 2025 nella causa C-419/24, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha esplicitato l'obiettivo principale della Direttiva comunitaria del 1998 sui licenziamenti collettivi, ricordando la facoltà, in capo agli Stati membri, di prevedere disposizioni più favorevoli per i lavoratori.

di Marcello Buzzini - Avvocato in Milano - Studio Legale Failla & Partners

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La domanda di pronuncia pregiudiziale oggetto della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) del 19 giugno 2025 (causa C-419/24) verte sull'interpretazione dell'art. 1 p. 1 c. 1 lett. a) Dir. CE 59/1998, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.

Di seguito viene riportato il testo della disposizione:

«(…) per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:

i) per un periodo di 30 giorni:

  • almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;
  • almeno pari al 10% del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;
  • almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;

ii) oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati».

La domanda è stata proposta nell'ambito di una controversia tra una società francese operante nel settore alberghiero e una sua dipendente, in merito al licenziamento di quest'ultima per motivi economici.

La società datrice di lavoro aveva 39 dipendenti e, dal 2017, un'altra società, fornitrice di servizi, aveva messo 11 suoi dipendenti a disposizione della prima per effettuare lavori di manutenzione e pulizia nei locali dell'albergo.

Nel dicembre 2018, la società alberghiera ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per motivi economici nei confronti di 29 suoi dipendenti, tra cui la ricorrente.

Una volta ricevuto il licenziamento, la lavoratrice ha fatto ricorso al Giudice del lavoro di Nizza e ha chiesto che il recesso venisse dichiarato nullo, in quanto la società non aveva computato gli 11 dipendenti messi a sua disposizione e non aveva elaborato alcun piano di salvaguardia dell'occupazione.

Infatti, il codice del lavoro francese prevede espressamente che i dipendenti messi a disposizione da un'impresa esterna, che siano presenti nei locali dell'impresa utilizzatrice e ivi lavorino da almeno un anno, vengano inclusi nel calcolo dell'organico dell'impresa (art. 1111-2). Inoltre, lo stesso codice francese sancisce che il licenziamento collettivo, nelle imprese con almeno 50 dipendenti, riguardante almeno 10 lavoratori in uno stesso periodo di 30 giorni, è nullo se risulta mancante il piano di salvaguardia dell'occupazione (art. 1235-10).

La controversia è arrivata davanti alla Corte di Cassazione francese, la quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla CGUE la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59/CE debba essere interpretato nel senso che i lavoratori subordinati messi a disposizione dell'impresa da un'impresa esterna presenti nei locali e che lavorano abitualmente nell'impresa utilizzatrice nel momento in cui viene attuata la procedura di licenziamento devono essere conteggiati come lavoratori nel calcolo degli effettivi previsto da tale disposizione».

La decisione

La CGUE ha innanzitutto verificato la propria competenza a pronunciarsi sulla domanda, verifica che ha dato esito negativo. Dalla giurisprudenza della Corte risulta che quest'ultima è competente solo a interpretare disposizioni del diritto dell'Unione che siano effettivamente applicabili al procedimento principale (in merito, viene richiamata la sentenza del 3 giugno 2021, pronunciata nella causa C-942/19, che conferma questo orientamento).

La Corte ha pertanto accertato se la Dir. CE 59/1998 disciplini l'elaborazione e l'attuazione di un piano per la salvaguardia dell'occupazione come quello oggetto della controversia o imponga un obbligo specifico in relazione al caso di cui si tratta nel procedimento principale.

La CGUE ha quindi affermato chiaramente che dalla direttiva in questione non discende alcun obbligo di elaborare e attuare un siffatto piano né alcun altro obbligo specifico in relazione al caso di specie.

Di seguito, la Corte ha ricordato quale sia lo scopo della direttiva 59/1998: l'obiettivo principale consiste nel far precedere i licenziamenti collettivi dall'informazione e dalla consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nonché dall'informazione dell'autorità pubblica competente. Ciò si ricava agevolmente dagli artt. 2 p. 2-3 e 3 p. 1 della succitata direttiva.

La CGUE ha in aggiunta sottolineato come la legislazione comunitaria garantisca solo un'armonizzazione parziale delle norme a tutela dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo, e ha puntualmente rilevato che l'art. 5 Dir. CE 59/1998 concede agli Stati membri la facoltà di applicare o introdurre disposizioni più favorevoli ai lavoratori.

Difatti la soglia di almeno 50 dipendenti specificamente prevista dal codice del lavoro francese non corrisponde a nessuna delle soglie stabilite all'art. 1 p. 1 c. 1 lett. a) Dir. CE 59/1998.

In conclusione, anche se la Corte ha dichiarato la propria incompetenza a statuire sulla domanda pregiudiziale, la sentenza risulta comunque rilevante a fini chiarificatori circa i confini applicativi e gli obiettivi della direttiva del 1998 sui licenziamenti collettivi.

Fonte: CGUE sentenza del 19 giugno 2025 (causa C-419/24)

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